Alcuni anni or sono, viveva, in un fantastico villaggio del Regno della Lingua Italiana, una nobile famiglia numerosa: Clitici. Appartenevano a questa aristocratica famiglia le particelle pronominali, note a tutti per la loro capacità di semplificare le frasi al fine di rendere il discorso più scorrevole.
Nello stesso villaggio viveva Calogerina, una giovane bella e curiosa parola la quale ogni mattina si recava al mercato per comprare frutta fresca. Un giorno, mentre passeggiava tra i banchi, incontrò La, un'appartenente alla/della famiglia Clitici. Questa, appassionata di lingua, era sempre allegra e disponibile ad aiutare chiunque avesse bisogno di rendere il proprio discorso più scorrevole.
Calogerina approfittò dell’incontro: "Devo portare queste mele a casa e non voglio continuare a ripetere 'mele' ogni volta che ne parlo. Potresti aiutarmi?"
La rispose: "Con piacere, cara Calogerina! Da oggi in poi, puoi semplicemente usare me. Dirai 'le' invece di 'mele'. Per esempio, invece di dire 'vedo le mele,' puoi dire 'le vedo.' "
La bella Calogerina tornò a casa felicissima di questa nuova scoperta linguistica. Ben presto incontrò altre particelle clitiche della famiglia, come "lo," "li," "mi," "ti," "ci," "vi," "ne," e "si." Ciascuna di queste particelle aveva un ruolo speciale nel rendere il discorso più fluido e naturale. E Calogerina cominciò subito ad adoperarle per non ripetere sempre il sostantivo.
Ma la storia non finisce qui. Calogerina, qualche giorno dopo, si imbatté nel vecchio saggio del villaggio, che le spiegò l'origine dei clitici. "Sai, Calogerina," disse l’anziano, "i clitici sono così chiamati perché provengono dal greco 'klinein,' che significa 'piegare' o 'appoggiarsi.' Queste particelle non possono stare da sole, ma debbono ‘appoggiarsi’ ai verbi per funzionare correttamente."
Il saggio proseguì: "Devi sapere, inoltre, che i clitici possono essere posti sia prima sia dopo il verbo, a seconda di ciò che vuoi evidenziare. Quando vuoi mettere l'accento sull'azione, puoi usare i clitici dopo il verbo. Per esempio, puoi dire 'voglio vederla' (dove 'la' si appoggia a 'vedere'). Se, invece, vuoi mettere l'accento sul complemento oggetto, puoi adoperare i clitici prima del verbo: 'la voglio vedere' (dove 'la' si appoggia a 'voglio')."
Calogerina ascoltava con religiosa attenzione e imparava sempre di più sull'uso dei clitici. Scoprì, così, che c'erano alcune regole per l'uso ortodosso delle particelle clitiche, a seconda dei tempi verbali e della costruzione della frase.
Per esempio, nei tempi composti come il passato prossimo, i clitici si mettono prima dell'ausiliare:
"L'ho visto" (dove "lo" si appoggia all'ausiliare "ho").
"Ci siamo divertiti" (dove "ci" si appoggia all'ausiliare "siamo").
Se si adopera l'infinito, il gerundio o il participio, i clitici si possono porre dopo il verbo e attaccati a questo:
"Voglio vederlo" (dove "lo" si appoggia a "vedere").
"Vedendolo" (dove "lo" si appoggia a "vedendo").
Le particelle clitiche, inoltre, si dicono "proclitiche" se poste prima del verbo, "enclitiche" se posizionate dopo.
Calogerina, sempre più affascinata da queste scoperte, ricorreva all’uso dei clitici in tutte le sue conversazioni. Presto, tutti nel villaggio notarono quanto fosse diventata eloquente e fluente nel parlare. Grazie all’ausilio delle particelle clitiche la graziosa Calogerina poteva comunicare in modo più efficace e senza ripetizioni inutili.
(Le immagini sono riprese dalla Rete, di dominio pubblico, quindi. Se víolano i diritti d'autore scrivetemi; saranno prontamente rimosse: fauras@iol.it)
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