di Claudio Antonelli (da Montréal)
Il termine magnate è presente sia nella nostra lingua che in quella inglese. Ma per le masse italiane Donald Trump non è un magnate bensì un tycoon. Ho udito ultimamente in TV chiamare Elon Musk magnate. Quindi Trump è un tycoon e Musk è un magnate. Ma attenti alla pronuncia di magnate, perché se lo pronunciate in italiano pochi in Italia capiranno e penseranno forse al solito invito al magna magna.
Nella penisola non solo il tycoon ha eliminato il nostro magnate, ma i rumor hanno messo a tacere le voci, il summit ha soppiantato il vertice, i supporter hanno espulso i tifosi. “In cima” è stato surclassato da “al top”. Target, hotspot, highlights, clean sheet, step, flash, price cap, caregiver, binge drinking, hater, assist, smart working, shopper, supporter, news, brand, spot, day, bipartisan, moral suasion, authority, intelligence, body shaming, ecc. La lista degli anglicismi non ha mai fine.
Big è una parola molto usata in Italia. Si può essere big, anche mondiali, dell’auto, dell’industria, degli pneumatici, del web, di borsa, del cinema, o di un qualunque altro settore. Ma su tutti questi pezzi grossi, i più conosciuti, ammirati, citati sono i big della canzone, intorno ai quali l’Italia intera si stringe trepidante in occasione del festival di Sanremo. Big è superato però in frequenza da flop, cui neppure i big sfuggono. Ma il più grande flop è quello degli autori di scritti disseminati di anglicismi, perché con essi la lingua italiana, è proprio il caso di dire, va in tilt.
Nelle redazioni dei giornali, l’anglo americano è un jackpot da cui gli indaffarati addetti ai lavori arraffano a piene mani. Cosa volete: i redattori, nella scelta delle parole da usare non vanno per il sottile forse anche perché sono in pressing o per dirla borbonicamente “vanno e’ pressa”. Tanto “e’ pressa” che è stata fatta confusione, come abbiamo visto, tra il gerundio pressuring da “to pressure” = “esercitare pressioni”, e l’aggettivo pressing che in vero inglese vuol dire urgente.
Secondo me è andato di fretta anzi “è andato e’ pressa” anche il legislatore quando ha denominato stalking il comportamento persecutorio, le pressioni, le vessazioni, il braccare da cacciatore un essere umano; con il risultato che avvengono fatti del genere: “Il Tar di Aosta ha accolto il ricorso di un uomo denunciato per stalking: aveva regalato cioccolatini e fiori a una donna.” Come vedete, con le parole inglesi si possono prendere fischi per fiaschi.
Secondo i difensori dell’itanglese (itangliano, italianese, italiese, itanglish), gli anglicismi vengono dal basso, dal popolo. Gli anglicismi sarebbero come i frutti di una rigogliosa pianta che cresce spontanea sul suolo patrio. Niente di più falso, perché in Italia sono i politici, i conduttori televisivi, i giornalisti, i personaggi di spicco, l’élite insomma, ad agire da spacciatori (“pusher” per gli italiani) dei termini inglesi, e non il popolino; vocaboli spesso inutili e quindi dannosi, e spesso comicamente pronunciati; o persino erronei, vedi rider che sta per “fattorino in bicicletta”, e writer per graffitaro o imbrattamuri.
Questo itanglese con le pezze al c… nasce in alto, in seno alla nostra “crème de la crème” politica, economica, culturale. E quindi discende verso le masse della penisola. Le quali se ne pascono beate, perché, al pari delle loro élite, sono esterofile e amanti delle mode e dei trasformismi.
(Le immagini sono riprese dalla Rete, di dominio pubblico, quindi. Se víolano i diritti d'autore scrivetemi; saranno prontamente rimosse: fauras@iol.it)
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