La lingua italiana è ricca di complementi (o espansioni o determinazioni) che, come dice la stessa parola, servono a completare il senso della frase (o proposizione). Tra questi, due sono simili e molto spesso vengono confusi, ma hanno funzioni e usi nettamente distinti: il complemento di specificazione e quello di denominazione. Vediamo di “sbrogliare la matassa”.
Il complemento di specificazione, lo dice lo stesso nome, è utilizzato per precisare o determinare meglio il significato di un sostantivo; viene introdotto, generalmente, dalla preposizione “di”: il libro di Marco è interessante; "la casa dei miei nonni è antica".
Riconoscere il complemento di specificazione è relativamente semplice: basta cercare la preposizione "di" seguita da un sostantivo (o da un pronome) che ne precisa il significato. È un complemento molto comune e viene adoperato in varie forme di comunicazione per evitare ambiguità e rendere il discorso più chiaro.
Il
complemento di denominazione, invece, serve a indicare il nome o il
titolo di qualcuno o qualcosa, spesso riferendosi a città, nazioni, fiumi, mari, laghi e
località varie. È introdotto dalla preposizione "di": la
città di Roma è affascinante. In questo caso "di Roma" è
un complemento di denominazione, perché designa (denomina) il nome
della città. Un altro esempio: il monte Everest è la vetta più
alta al mondo. Qui, "Everest" specifica il nome del
monte.
Per riconoscere il complemento di denominazione
occorre prestare molta attenzione al contesto: è spesso legato a
titoli, nomi propri e denominazioni ufficiali. Si tratta di un
complemento che aggiunge precisione e formalità al discorso,
chiarendo in modo inequivocabile di chi o di cosa si sta / stia
parlando.
Una differenza fondamentale tra i due
complementi è dunque la loro funzione specifica. Mentre il
complemento di specificazione aggiunge un dettaglio che specifica il
significato di un elemento della proposizione, quello di
denominazione identifica direttamente il nome o il titolo di qualcuno
o qualcosa.
***
Alcune grammatiche classificano i sostantivi Natale, Pasqua ed Epifania tra i cosí detti nomi difettivi, nomi, cioè, privi o di singolare o di plurale. Natale, Pasqua ed Epifania non avrebbero la forma plurale. Francamente non riusciamo a capire perché dovrebbero essere solo singolari. Non diciamo, per esempio, tutti i Natali trascorsi insieme? Oppure, nei tempi andati non si era soliti, nelle Epifanie, fare dei regali ai vigili urbani? Ancora. Quante Pasque, amico mio, sono trascorse da quando ci conosciamo? Naturalmente attendiamo gli strali del solito linguista "d'assalto".
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