C'era una volta, in un lontano marchesato, Verbalonia, un giovane, Allegro, figlio del marchese, noto per la sua sincerità e per il suo modo genuino di parlare con i sudditi di suo padre. Ogni giorno passeggiava per le strade del marchesato, conversava con tutti e ascoltava le loro storie.
Un bel dì, un mago, Verbosio, arrivò nel piccolo Stato con l’intenzione di mostrare a tutti, in particolare al giovane marchese, la sua capacità di creare parole incantevoli, ma non sempre sincere.
Pensando di impressionare tutti, Verbosio trasformò, con la sua bacchetta magica, il linguaggio degli abitanti di Verbalonia in una "lingua di plastica", cioè in un linguaggio artificiale e meccanico, spesso percepito come vuoto e privo di autenticità e caratterizzato dall'uso di parole elaborate e frasi preconfezionate che non trasmettono emozioni reali o significati profondi.
Sotto l’effetto della magia la gente invece di dire, per esempio, "sono felice di vederti" diceva "è una straordinaria opportunità di interfacciarsi con la tua presenza positiva". Quando le massaie andavano a fare la spesa, invece di domandare "dove posso trovare le mele?" dicevano "potresti indicarmi la localizzazione delle unità di frutta?"
All'inizio, il giovane Allegro era affascinato dalla magia di Verbosio. Ma presto si accorse che qualcosa non andava. Gli abitanti di Verbalonia non sorridevano più durante le conversazioni, e nessuno sembrava davvero ascoltarsi a vicenda. Ogni discorso sembrava una sorta di recita senza alcun sentimento.
Allegro decise, quindi, di organizzare una festa in piazza per cercare di capire meglio cosa stesse succedendo. Durante il banchetto, uno degli invitati, cercando di fare un brindisi, disse: "Alla sinergia e alla produttività crescente di questo consesso sociale". Nessuno degli astanti capiva davvero cosa volesse dire, e il brindisi fu accolto, anziché da un applauso, da un imbarazzante silenzio.
Desideroso di ripristinare l' “autenticità linguistica” nel marchesato, Allegro andò a trovare il mago Verbosio: "La tua magia è potente, ma ha tolto l'anima alle nostre parole. In Verbalonia, vogliamo comunicare con sincerità ed emozione, non con frasi vuote e prefabbricate."
Il mago, toccato dalle parole del giovane marchese, capì il suo grave errore. Con un altro tocco della sua bacchetta annullò l'incantesimo e restituì ai cittadini di Verbalonia il loro modo genuino di parlare.
Da quel giorno in poi, il marchesino Allegro e i suoi connazionali parlarono sempre con sincerità e autenticità, ricordando che le parole non sono solo suoni, ma ponti che collegano i cuori delle persone.
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La lingua di
plastica soffoca l'autenticità e riduce la comunicazione a un flusso
sterile di frasi fatte.
Ogni volta che usiamo la lingua di
plastica, perdiamo un pezzo della nostra vera voce.
La
lingua di plastica è il rifugio delle idee vuote e delle emozioni
contraffatte.
Solo chi ha paura della verità si nasconde
dietro la lingua di plastica.
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Appresso
Ecco, fra i tanti, un vocabolo non sempre adoperato secondo i "canoni linguistici". Il significato fondamentale del termine, che è avverbio e preposizione, è "vicino", "dietro", "accanto". Molto spesso viene impiegato con un'accezione che non gli appartiene: "in seguito", "dopo". È un uso prettamente regionale e in buona lingua italiana da evitare. Non diremo, per esempio, di questo problema parleremo appresso, ma, correttamente, "in seguito", "dopo", "più tardi".
(Le immagini sono riprese dalla Rete, di dominio pubblico, quindi. Se víolano i diritti d'autore scrivetemi; saranno prontamente rimosse: fauras@iol.it)
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