domenica 29 marzo 2020

Sull'uso di alcuni prefissi


Riproponiamo un nostro vecchio intervento sull'uso corretto di alcuni prefissi perché i "dispensatori di cultura linguistica" (leggi: mezzi di comunicazione di massa) continuano a "propinarceli" non rispettando le norme che li regolano.

 Siamo certi di non tediare i nostri gentili amici se spendiamo due parole sull’uso corretto di alcuni prefissi. Il prefisso, dunque, viene dal latino praefixus (messo prima), participio passato sostantivato del verbo praefigere (prefiggere).
    I grammatici chiamano prefisso quelle parole, solitamente avverbi o preposizioni, che si mettono prima, appunto, di un’altra parola per modificare il significato della parola stessa. I prefissi che più frequentemente ci capita di usare sono: dis-, neo-, maxi-, mini-. Vediamo, nell’ordine, il loro corretto impiego. 
   C’è da dire, innanzi tutto, che contrariamente a quanto ci propina la stampa, i prefissi debbono essere uniti alla parola che segue; non possono essere scritti staccati o, peggio, uniti alla parola con un trattino. Dis- (o de): questo prefisso viene usato, generalmente, per indicare un’idea di allontanamento, di privazione (de privativo: disattivare, rendere inattivo; disabituato, non più abituato); neo-: anche se alcuni autorevoli testi di grammatica lo classificano tra i prefissi non è propriamente tale e se ne fa un abuso, meglio lasciarlo alle parole della storia (neocapitalismo, neoghibellino); maxi- e mini- sono dei prefissi che servono per indicare, rispettivamente, la grandezza e la piccolezza, oltre il normale, di una determinata cosa. Anche di questi oggi se ne fa un uso indiscriminato; meglio relegarli al campo della moda. Ci sono tantissime altre espressioni che rendono l’idea della grandezza e della piccolezza. 
   Abbiamo volutamente tralasciato il prefisso con- perché ne abbiamo parlato svariate volte a proposito della contestatissima (ma correttissima) parola comproduzione (stupisce il constatare che il Treccani l'attesti come variante poco comune di coproduzione).
    Per concludere possiamo dire che chi nello scrivere non rispetta le norme che regolano l’uso dei prefissi prende una grandissima cantonata grammaticale. Quest’espressione trae origine — probabilmente — dai cantoni (angoli) delle case cui cozzavano i carri quando transitavano per le strade strette e contorte dei nostri pittoreschi paesini.


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Ci piacerebbe che i lessicografi rimettessero a lemma l'aggettivo aulico "renuente" che vale "chi nega con il capo". È tratto dal verbo latino "renuere", vietare, proibire, interdire e simili.


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"-ésimo" ed "-èsimo"

Suffisso con "doppia pronuncia". Con la "e" chiusa (é) per  designare, generalmente, movimenti religiosi, politici, letterari, artistici ecc.: umanesimo, cristianesimo; con la "e" aperta (è) per indicare un aggettivo numerale ordinale: quindicesimo, ventesimo, milionesimo, centesimo ecc.  Quest'ultimo caso, pero, è un po' controverso. DOP, Dizionario di Ortografia e di Pronunzia:

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