martedì 16 novembre 2021

Tagliafuoco: variabile o invariabile?


 Tutti i vocabolari consultati attestano il sostantivo/aggettivo tagliafuoco, vale a dire — come si legge nel nuovo De Mauro in rete — quella «struttura edilizia costruita con caratteristiche particolari per isolare le singole parti di un edificio impedendo l'eventuale propagarsi di un incendio» o «sipario costruito in materiale ignifugo in modo da impedire, in caso di incendio, il propagarsi delle fiamme dal palcoscenico alla sala» invariabile: il tagliafuoco/i tagliafuoco

    A nostro modo di vedere non è invariabile: non ci sono "piú strutture edilizie" per tale scopo? Non ci sono "piú sipari"? Come si giustifica questa invariabilità?  Sempre a nostro modo di vedere il termine in oggetto è invariabile solo in funzione aggettivale: una porta tagliafuoco/due porte tagliafuoco (come il rompighiacco: il rompighiaccio/i rompighiacci; una nave rompighiaccio/due navi rompighiaccio). Il plurale "errato" ─ secondo i lessicografi ─ è "immortalato", comunque, in numerose pubblicazioni.

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Celibe e scapolo

Ambi (sic!) i termini indicano un uomo non sposato, l' "origine etimologica", però, è diversa.  Ci affidiamo a Ottorino Pianigiani, anche se ─  come scritto altre volte ─ non gode della fiducia (linguistica) di numerosi glottologi. Si veda qui e qui.

La recensione di Salvatore Claudio Sgroi, docente emerito di linguistica generale presso l'università di Catania.



 

(Le immagini sono riprese dalla Rete, di dominio pubblico, quindi. Se víolano i diritti d'autore scrivetemi: saranno prontamente rimosse)

 

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