venerdì 10 luglio 2020

Sul prestanome la "discordia" dei lessicografi


Ancora un sostantivo sul cui plurale i vocabolaristi si accapigliano: prestanome. I vocabolari consultati sono, infatti, in "cordiale disaccordo" e non sono di aiuto. I prestanome o i prestanomi, dunque? Per alcuni dizionari il sostantivo in oggetto è invariabile (De Mauro, Devoto-Oli, Garzanti, Treccani, DOP, Sabatini Coletti); per il Gabrielli e per il vocabolario Olivetti si pluralizza normalmente; il Palazzi non specifica; lo Zingarelli, infine, "pilateggia" (invariato o  plurale). Chi consulta i vocabolari resta, dunque, completamente "spiazzato": quale "scuola di pensiero" seguire? La risposta è quella "canonica": rispettare  tassativamente la "legge grammaticale" pluralizzando il sostantivo. La norma stabilisce ─ come scritto altre volte ─ che i nomi composti di una voce verbale (prestare) e un sostantivo maschile singolare (nome) si pluralizzano regolarmente. Scriveremo (e diremo): Arturo è il prestanome di Giacomo; Sebastiano e Domenico sono i prestanomi dei fratelli Bamboccioni. Il sostantivo in oggetto resterà invariato nel plurale solo se riferito a un femminile: Giovanna è la prestanome; Sofia e Vittoria sono le prestanome. La forma plurale prestanomi, corretta, si trova in numerose pubblicazioni.
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Poiché e poi che - entrambe le grafie sono corrette, sebbene sarebbe... bene fare un distinguo. Adopereremo la grafia analitica (due parole) quando questa  congiunzione  subordinante introduce una proposizione temporale acquisendo l'accezione di "dopo che": poi che si vide scoperto il ladro non oppose resistenza alle forze dell'ordine. In grafia univerbata (una sola parola) allorché introduce una proposizione causale: poiché si era comportato male, il ragazzo fu aspramente rimproverato dall'insegnante.

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La lingua "biforcuta" della stampa

"Imagine" filo-sovietica? Un pensiero terribile. Ecco perché
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Correttamente: filosovietica. I prefissi si scrivono "attaccati" alla parola che segue.


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L'Opera al Circo Massimo
21 serate e un galà
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Correttamente: gala (senza accento sulla "a"). Treccani: gala ‹ġalà› s. m., fr. [dal fr. ant. gale «gala2»]. – Ricevimento elegante o solenne e anche spettacolo organizzato a scopo di beneficenza o in onore di alte personalità: il g. della Croce Rossa; anche, manifestazione sportiva o culturale: gran g. di atletica.

DOP, Dizionario di Ortografia e di Pronunzia:

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Alcuni mesi fa ponemmo un quesito alla consulenza linguistica dell'Accademia della Crusca, ma fino a questo momento la richiesta è rimasta ─ come usa dire ─ "lettera morta". Chiedemmo: per quale motivo il participio presente di alcuni verbi della III coniugazione ha la desinenza "-iente" (esordiente, partoriente) e non "-ente" (partente, uscente), desinenza propria del participio dei verbi in "-ire"? Come si spiega quella "i"? Confidiamo nell'intervento di qualche autorevole linguista....

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A proposito della Crusca, apprendiamo dal sito "Libreriamo.it" che la predetta Accademia ha dato la sua benedizione a 15 neologismi ─ "nati" in questi mesi ─  che potrebbero essere lemmatizzati nei vocabolari. Sono 13 parole barbare (inglesi) e 2 italiane. Ma la Crusca non era nata per difendere la purezza dell'italico idioma?

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