di
Salvatore Claudio Sgroi
1.
L'evento editoriale
Il testo di Barbara Distefano Sciascia maestro di
scuola (Carocci 2019) è un ghiotto volumetto che permette di conoscere le
difficoltà incontrate da Leonardo Sciascia (1921-1989) nel suo lavoro
quotidiano di maestro elementare a Racalmuto con alunni poverissimi e per lo
più ripetenti, dall'ottobre 1949 al giugno 1957, quando decise di andare in
pensione per dedicarsi a tempo pieno alla sua attività di scrittore e
giornalista impegnato.
2.
Le «Osservazioni sulla vita quotidiana della scuola»
L'A. ha infatti trascritto la «Cronaca di vita della scuola» con le
«Osservazioni sulla vita quotidiana della scuola» (pp. 137-60) dei Registri che
il maestro Sciascia era tenuto a compilare mensilmente.
2.1.
La difficoltà di categorizzazione della realtà
La difficoltà di categorizzazione della
realtà dei suoi alunni con relativa verbalizzazione, il passaggio cioè dai
pensieri alle parole, è subito colta da Sciascia quando osserva che
(i)
«Capire il tempo che si fa storia e la storia che si fa lingua ─
capirlo, s'intende, nella maniera più elementare e più povera ─ è cosa che sta
nettamente al di là di ogni loro capacità» (Registro
n. 1, nov. 1949 p. 137).
(ii)
«Non riescono a convincersi che definizioni e fatti appartengono alla terra
e agli uomini» (Reg. n. 3, dic. 1951, p. 146).
Sciascia in più luoghi denuncia le
deficienze dei suoi alunni, per lo più ripetenti, riguardanti la «lingua», «il linguaggio»:
(iii) «L'insegnamento
della lingua è il punto scabroso della nostra scuola ─ dico della scuola
dei nostri paesi, dove i ragazzi non leggono mai un giornale (e anche i loro
padri), non vanno al cinematografo, non concepiscono che la lingua italiana
possa essere strumento di comunicazione quotidiana» (Reg. n. 3, giugno 1952, p.
148).
(iv) «Noto negli
alunni una certa disposizione all’aritmetica; ed una assoluta negazione per
ciò che riguarda la lingua, la storia, la geografia» (Reg. n. 1, nov. 1949,
p. 137).
(v) «Come nello
scorso anno, la deficienza capitale di questi ragazzi sta soprattutto nella
lingua. Quale strumento ostico è per loro il linguaggio» (Reg. n. 2, nov.
1950, pp. 141-42).
2.2.
La competenza della lingua parlata e della lingua scritta
Per quanto riguarda i problemi della
competenza della lingua parlata e della lingua scritta, ovvero delle quattro abilità
(ascoltare, parlare, leggere e scrivere con corretta grafia e in maniera logica,
composizioni e riassunti), S. non fa che sottolineare le difficoltà da lui
rilevate:
(i) «Nella
lettura, tranne due o tre, tutti non riescono a liberarsi da un inceppato
sillabare; ed anche quelli che leggono più speditamente, acquistano
leggendo tale frettolosità, sorvolando così leggermente sulle parole, da creare
una lettura diversa da quella che hanno sotto gli occhi» (Reg. n. 3, nov. 1951,
p. 145).
(ii) «Batto sulla
tavola pitagorica, tento qualche dettato il cui esito mostruoso
mi sconforta» (Reg. n. 3, ott. 1951, p. 145).
(iii) «Lentamente
osservo che vanno riprendendosi per quanto riguarda il calcolo, ma restano
fermi alle loro mostruosità ortografiche» (ibid.).
(iv) «non
accenna a migliorare il loro modo di lettura, la loro ortografia
– e non dico delle loro capacità di costruire un pensiero, di riferire
su una cosa vista o ascoltata. Ho detto loro di scrivermi quel che
avevano visto nella festa, dedicata alla Madonna delle Grazie: l’ho chiesto,
prima oralmente, a ciascuno di loro, ho corretto le loro espressioni,
altre ne ho suggerito. Ma, allo scrivere, non sono andati oltre un
elenco di nomi senza nesso, affastellati sulla pagina in confusione
ortografica terribile» (Reg. n. 3, nov. 1951, p. 145).
(v) «Eguale sicurezza non mostrano nel saper
ricomporre con parole loro un racconto, un capitolo di storia, etc.»
(Reg. n. 3, giugno 1952, p. 148).
(vi) «Mi
preoccupa molto, nei ragazzi, l'incapacità a comporre e a riassumere
─ sia oralmente, sia per iscritto ─ i brevi racconti che leggono e
rileggono nel nuovo testo. Non così per l'aritmetica [...]. Sempre difficoltoso
il rendimento nella storia e nella geografia» (Reg. n. 1, dic. 1949, p. 138).
(vii) «La composizione è sempre
difettosa, caotica, sgrammaticata» (Reg. n. 4, nov. 1952, p. 149).
2.2.1.
Competenza linguistico-semiotica
Sciascia non si limita allo sviluppo
della competenza strettamente linguistica ma fa leva anche su quella più
genericamente semiotica:
«Una
poesia di Aldo Palazzeschi che ho loro dettata-- 'Rio Bo' ─ è molto piaciuta
agli alunni: l'immagine di quel piccolo paese di tre case, un prato, un
ruscello, un cipresso e una stella, li ha incantati. Ho detto loro di disegnare,
così come lo vedevano ─ il paese di Rio Bo: e si sono appassionati anche
a questo» (Reg. n. 1, febbr. 1950, p.
139).
2.3. Competenza metalinguistica
Accanto ai problemi della competenza
linguistica, ancora più drammatici si rivelano quelli relativi allo sviluppo
della competenza metalinguistica, ovvero all'insegnamento della
grammatica:
(i) «nella mente degli alunni un
certo rilassamento. Me ne accorgo soprattutto nell'analisi grammaticale,
in cui stentano più del solito e rispondono a casaccio, senza
convinzione» (Reg. n. 2, gennaio 1951, p. 142).
(ii) «si trovano di
fronte alla grammatica come di fronte a una cosa astratta» (Reg.
n. 3, marzo 1952, p. 147).
(iii)
«Ugualmente vuoto è per loro lo studio della grammatica. Non dico
che siano tutti così: certo qualche elemento si salva» (Reg. n. 4, gennaio
1953, p. 150).
Sciascia
sottolinea bene le difficoltà della capacità di astrazione richiesta proprio
dallo studio grammaticale, distinguendo tra il riconoscimento delle categorie
grammaticali e le loro definizioni:
(iv) «nella pratica
applicazione delle nozioni di aritmetica e nel riconoscimento pratico
delle parti del discorso finora studiate mostrano una certa sicurezza. E
a questo proposito è da notare che, pur riconoscendo senza notevoli incertezze,
nomi aggettivi pronomi e verbi nell'analisi di una proposizione, trovano
grande difficoltà a dare la definizione di queste parti del discorso» (Reg.
n. 7 febb. 1956 classe III, p. 158).
2.4.
Competenza dialettale
A fronte della scarsissima competenza della
lingua nazionale, Sciascia non può non evidenziare la nativa competenza
dialettale dei suoi alunni:
«Adoperano il dialetto con spontaneità, con precisione, con ricchezza di espressioni: e vorrei che, non
dico la spontaneità, ma almeno la precisione toccasse un po’ alla lingua che
faticosamente tento di formare in loro» (Reg. n.
2, nov. 1950, pp. 141-42).
2.4.1. Dal dialetto alla lingua
La
competenza dialettale, potenziata dagli stessi programmi scolastici del 1951
nel solco di una didattica otto-novecentesca nota come «Dal dialetto alla
lingua», è sfruttata
dal maestro Sciascia, che riprendeva l'esperienza del suo maestro delle
elementari degli anni '20:
«Cominciando ad
introdurre nello svolgimento del programma le innovazioni volute dalla
Regione [1951], ho dato ai ragazzi, da tradurre e mandare a memoria,
una bellissima poesia del Meli: tre strofette tratte da “L’autunno”. Le
novità delle cose e l’immediata comunicabilità del linguaggio, hanno prodotto
il loro effetto. L’indomani tutti sapevano la poesia, la recitavano
rispettandone – cosa insolita nella recitazione di poesie in lingua – le pause
e il tono. L’esercizio di traduzione è poi utilissimo» (Reg. n. 3,
gennaio 1952, p. 146).
3.
Scelte linguistiche dei registri sciasciani
Come evidenzia l'A., gli «otto registri
del maestro [...] sono linguisticamente [....] stilisticamente già pienamente
sciascian[i]», con «incubati temi ─ come la giustizia, la Sicilia e lo Stato. ─
che saranno caratteristici del futuro scrittore» (p. 136). Non pochi sono in
effetti i tratti rilevabili propri dello stile sciasciano, a tutti i livelli
linguistici nelle 24 pagine qui trascritte (pp. 137-60). Ricordiamo solo l'uso
istituzionale di loro rispetto al
neostandard gli: «ho detto loro
[...]» (p. 138). L'accordo del part. pass. con l'ogg. post-verbale: «Abbiamo
tra l'altro avute le elezioni amministrative» (p. 141), «che abbiano o
meno avuta la promozione» (ibid.).
Sintagmi retrogradi «agg. + nome»: «letargica indifferenza» (p. 143), «un
desolante garbuglio (ibid.), «recriminante
invidia» (p. 139), «nostalgiche castronerie» (p. 157). Lessico decisamente colto:
«i ragazzi si attardano in campagna» (p. 152), «suole crepate» (p. 158),
«servigi
familiari» (p. 152). L'idiolettale «letture divagative» (p. 139). E non manca
qualche virgola tematica, dopo il soggetto pesante: «L'idea dello spazio
infinito e degli astri<,> è cosa che non comprendono» (p. 142).
3.1.
Rilievi neopuristici
La Distefano trascrivendo i registri
sciasciani non sa trattenersi dal ricorrere alla matita rosso-blu punteggiando
il testo con dei [sic], che sono invero indizio di atteggiamenti neo-puristici dell'A.
(i) «L'inizio della refezione scolastica
per gli alunni più bisognosi, chi sa perché, rimandata [sic]» (p. 142).
L'accordo morfo-semantico è invero pienamente giustificato sia dalla distanza
sintagmatica tra il soggetto grammaticale («inizio») e il predicato verbale sia
dalla semantica (è la «refezione» ad essere «rimandata»).
(ii) Un indicativo pro congiuntivo è
solo informale: «soltanto così è stato possibile ottenere l'orario
antimeridiano, benché la cosa non ci è [sic]
dispiaciuta» (p. 144).
(iii) «Spero, benché non sia del tutto
bene, non essere più costretto ad allontanarmi dalla scuola» (p.
149): la presunta omissione della preposizione di è in realtà un uso letterario (cfr. gli ess. nel Battaglia di
Pannuccio del Bagno '200, Pulci '400, Ariosto '500, Tansillo '500), e peraltro
non isolato:
(iv) «e spero in questo tempo
poter definitivamente recuperarli [= gli alunni] alla scuola, e promuoverne una
percentuale alta» (p. 150), mentre non è segnalata in
(v) «Spero nel prossimo mese riportare
la classe al corso abituale" (Reg. n.1, aprile 1950, p. 140), né in (vi) «tenta
travolgere [...] l'opera educativa» (Reg. n. 1, ott. 1949, p. 137).
In un caso
invece la matita rosso-blu non ha colpito, così in (vii) «Il sussidiario,
sebbene ben illustrato, non è un buon [sic!] strumento» (registro n. 1, dic.
1949, p. 138 e p. 105 n. 159).
Infine, l'A. tacitamente normalizza
(viii) gli accenti gravi di pressochè
e perchè in acuti p.e. nel Registro
n. 1 (pp. 137, 141).
4.
L'antologia 1980-1982 e l'Educazione Linguistica.
Ai fini di una più piena comprensione
dell'idea di educazione linguistica di L. Sciascia, di particolare interesse è
l'attenzione riservata dall'A. (pp. 86-89) all'antologia per la scuola media L'età e le età, curata da Sciascia con
G. Passarello e S. Siino (Palumbo 1980-1982, 3 voll.), preparata nell'arco di
un lustro. Di cui interessa qui evidenziare il fatto che «A intervallare i
brani di L'età e le età intervengono
regolarmente le rubriche di Educazione
linguistica e Lingua e società,
nelle quali il lettore ritrova le riflessioni di T. De Mauro sulla pratica
'ingiustificata' del tema d'italiano, quelle di R. Simone [1973] sulle
stratificazioni diatopiche dell'italiano, o quelle di Italo Calvino [1965]
sull''antilingua'. L'antologia sembra, comunque, mettere in pratica l'idea che
'l'italiano non è l'italiano', e punta soprattutto allo sviluppo delle abilità
comunicative e delle capacità di ragionamento» (p. 96).
5.
Un desideratum: il «Piano mensile delle lezioni»
L'A., come detto, ha pubblicato (in 24
pp.) i commenti di Sciascia riportati nei registri, ovvero la «Cronaca di vita
della scuola. Osservazioni sugli alunni», ma ha tralasciato di riprendere
quanto Sciascia aveva indicato nel «Piano mensile delle lezioni», ovvero il
programma che lui prevedeva di svolgere mensilmente. Dati essenziali per avere
un quadro più soddisfacente della prassi di Sciascia maestro di scuola,
recuperabili, si può sperare, in una seconda edizione del testo. Risulta tra
l'altro per es. che gli «insegnamenti» o «materie (di studio)» in IV elementare
riguardavano la «Religione», l'«Educazione morale, civile e fisica», il
«Lavoro», la «Lingua», la «Storia e geografia», la «Scienza e igiene»,
l'«Aritmetica e geometria», il «Disegno e bella scrittura» e il «Canto».
L'A. peraltro ha trascurato
quest'aspetto, avendo in mente l'obiettivo ambizioso di dimostrare che il testo
delle «Osservazioni sugli alunni» costituisce addirittura un «avantesto» (p.
124) del racconto Cronache scolastiche,
passate nelle omonime Cronache
scolastiche de Le parrocchie di
Regalpetra 1956. Ma
è fin troppo facile obiettare che in filologia l'avantesto è «la fase di
elaborazione precedente alla stesura di un testo», mentre le «Osservazioni
sugli alunni» sono solo le note richieste dalla burocrazia scolastica a
testimonianza del lavoro di un maestro, per quanto d.o.c., svolto in classe.
Sommario
1. L'evento editoriale
2. Le «Osservazioni sulla vita quotidiana della scuola»
2.1. La difficoltà di categorizzazione della realtà
2.2. La competenza della lingua parlata e della lingua scritta
2.2.1. Competenza linguistico-semiotica
2.3. Competenza metalinguistica
2.4. Competenza dialettale
2.4.1. Dal dialetto alla lingua
3. Scelte linguistiche dei registri sciasciani
3.1. Rilievi neopuristici
4. L'antologia 1980-1982 e l'Educazione Linguistica
5. Un desideratum: il «Piano mensile delle lezioni»
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