sabato 25 luglio 2020

Sgroi - 71 - L'Accademia della Crusca e il genere del Covid


di Salvatore Claudio Sgroi


1. L'evento
Il consueto Tema del mese di luglio, previsto nel sito dell'Accademia della Crusca, apparso mercoledì 22, è stato questa volta dedicato dal suo presidente, Claudio Marazzini, a Il genere di covid-19 e i giornali italiani. 

2. "La Covid" secondo la Crusca dinanzi alla stampa: tra scandalo,       risate, sbeffeggiamenti, ironia, volgarità e neutralità
Dinanzi alle indicazioni normative della Crusca a favore dell'uso femminile la Covid, ricorda ora Marazzini, "Tanti hanno gridato allo scandalo (ad es. l’“Unione sarda” del 16 luglio, nella rubrica “Caffè scorretto” di Tacitus), hanno riso, hanno sbeffeggiato il neopresidente.
Marazzini ricorda anche l'intervento di Andrea Cuomo sul 'Giornale' del 2 luglio (pp. 1 e 11), che "è riuscito a essere davvero spiritoso: molto corretto nel dire che la Crusca non si era ancora pronunciata ufficialmente e che la proposta era l’interpretazione del presidente", lanciandosi poi "in una serie di battute che hanno fatto sorridere" lo stesso Marazzini, " benché "foss[e] in parte l’oggetto di quell’ironia".
Lo stesso "Giornale" del 2 luglio nella rubrica “Dalla vostra parte” di Tony Damascelli,  pubblicava invece le "grossolanità" e volgarità di un lettore (tale Leonardo Cecca Rivalta di Piacenza), su cui sorvoliamo.
"Pochi -- precisa ancora Marazzini -- hanno dato la notizia in maniera neutra (tra questi [...] l’agenzia Adnkronos, “La Nazione”, “Ciociaria editoriale oggi”, “Il Dubbio”, “Il Mattino”)".

3. La posizione di Marazzini e le sue argomentazioni
Nella seconda parte del suo "Tema", Marazzini si è soffermato sul problema del genere del sostantivo covid. Dinanzi al dilemma se dire il covid o la covid, Marazzini non ha dubbi, come parlante, che occorre/a optare per il femminile la Covid. Ed essendo poi anche presidente della Crusca inevitabilmente il suo giudizio tende ad essere attribuito alla Crusca in quanto istituzione.

3.1. Criterio esterno: il prestigio dell'Académie Française
I criteri invocati da Marazzini per giustificare la scelta del femminile sono duplici. In primo luogo, un criterio di prestigio. Marazzini richiama l'analoga scelta fatta per il francese -- "La covid 19" -- dalla "cugina d'oltralpe", ovvero la "prestigiosa Académie française", che il 7 maggio ha fatto rientrare il masch. le covid 19 tra gli "Emplois fautifs" (ovvero "usi errati").

3.2. Criterio interno: Regola-1 semantico-etimologica
L'argomentazione forte "interna" di Marazzini (e dell'Académie) è però di tipo etimologico: covid-19 è sigla inglese (che il parlante comune, ahimè direbbe Marazzini, non percepisce come tale), ovvero formata da tre parole: "Co[rona]+Vi[rus] + D[isease]". Traduzione letterale: "CoronaVirus-Malattia" ovvero "Malattia del coronavirus". E quindi ingl. disease = it. s.f. malattia. Da qui la Covid, "per chi almeno sa interpretare correttamente [leggi: etimologicamente] l’acronimo".
 Possiamo definire questa "Regola-1" una regola semantico-etimologica. Le "ragioni etimologiche" sono invece presentate da Marazzini -- ideologicamente -- come "ottime ragioni logiche" e di "corretteza" normativa.

3.2.1. Uso "preferibile", anche se "minoritario"
Anche se la covid resta, com'è riconosciuto da Marazzini, un uso "minoritario", pur con qualche ripensamento alla fine ("è poi davvero minoritario quest'uso?"), egli dichiara (legittimamente, aggiungiamo noi) che per lui "il genere femminile sarebbe preferibile". In questo allineandosi alla scelta normativa dell'Académie: “Il n’en reste pas moins que l’emploi du féminin serait préférable".
Questa scelta "minoritaria" (che dovrebbe valere per tutte le scelte minoritarie), ovvero questo "outing" grammaticale, non può in alcun modo giustificare che si "spalanchi la bocca dallo stupore", ovvero che si gridi allo "scandalo", o le "risate" e tanto meno gli "sbeffeggiamenti" e "volgarità", di cui è stato oggetto da più parti Marazzini.

3.2.2. Uso "normativo" ma non "prescrittivo"
 Marazzini puntualizza anche che la sua (soggettiva) scelta per il femminile non va intesa come "volontà di imporre a tutti il nuovo femminile", "radicalizza[ta]" invece dalla giornalista Emanuela Minucci sulla "Stampa” del 2 luglio in "quella che era stata una conversazione telefonica ragionata e pacata".
Marazzini è chiaro: "nessuno pensa di processare chi [...] è affezionato" all'uso maschile. Non si tratta di "un atto di autoritarismo della Crusca, che impone regole e parole nuove", né di "permissivismo che 'sdogana' tutto!". Quindi una indicazione, si potrebbe anche dire, quella di Marazzini, "normativa" ma non "prescrittiva".

3.2.3. Rassegnazione all'uso maschile? o Resistere resistere resistere al femminile?
Rispetto all'Académie française, Marazzini constata anche in maniera più realistica che "Probabilmente è troppo tardi per resistere alla maggioranza e tornare al femminile", pur con qualche ripensamento alla fine ("forse il caso è ancora aperto"), mentre l'Académie appare più ottimista al riguardo: “il n’est peut-être pas trop tard pour redonner à cet acronyme le genre qui devrait être le sien”.

4. E il maschile il covid? Uso "inconscio", un "equivoco grossolano", un "trascinamento" virale?
Ma come spiegare l'uso maggioritario, direi dilagante, del maschile il covid in italiano (ma anche in fr. le covid)?
Marazzini invoca tre criteri. Un ricorso generico alla psicologia: (i) "una certa azione psicologica inconscia ha spinto i parlanti verso il maschile".
Ma soprattutto (ii) colpevolizza i parlanti (colti e anche specialisti), tradendo così un atteggiamento inevitabilmente neo-puristico:
" un equivoco [...], ho il sospetto, -- sostiene Marazzini -- ha facilitato il passaggio al maschile generalizzato: molti confondono grossolanamente la malattia, che si chiama covid-19, con il virus, che si chiama SARS-coV-2."
Da qui un terzo criterio, che riprende quello indicato dall'Académie française ("par métonimie" di virus/coronavirus), (iii) Un "trascinamento" virale: "Credo che il maschile sia nato da un effetto di trascinamento della parola “Virus”, presente anche nell’acronimo covid-19".

4.1. "Regola inconscia" dei parlanti (colti)
Sull'uso "inconscio", in questo caso del maschile, possiamo essere d'accordo con Marazzini, perché le Regole degli usi dei parlanti sono "interiorizzate" e inconsce. A meno che non si sia linguisti, non è infatti detto che il parlante sappia esplicitare le proprie regole interne. E peraltro neanche  gli stessi linguisti  sono sempre d'accordo su questa o quella (meta)regola esplicita relativa a questa o a quella regola implicita del parlante.

4.2. "Equivoco" del parlante o polisemia del termine covid?
Sostenere, come fa Marazzini, che con il termine covid al masch. i parlanti confondano la 'malattia' col 'virus' significa in realtà essere logicisti e anti-storici. La polisemia è un aspetto della 'economia linguistica' e un universale linguistico, che peraltro non determina qui alcuna confusione comunicativa.
A livello specialistico, come ha ben chiarito Marazzini, l'OMS ha ritenuto opportuno distinguere (i) la malattia con il composto-sigla CoViD e (ii) il particolare coronavirus agente patologico della attuale pandemia indicata col super-composto "SARS-coV-2.". I due tecnicismi hanno naturalmente una loro validità scientifica ma il secondo, anche per la sua scarsa trasparenza, è rimasto finora di uso assai ristretto. E quindi nell'uso comune il lessema covid -- maschile o femminile che sia -- ha secondo i contesti i due significati.

4.3. Regola-2 fonologica del maschile il Covid
A questo punto, la ragione per la quale covid, polisemico, è maschile credo sia da ricercare non nell'etimologia diacronica, ma nel sistema strutturale della lingua italiana.
Il masch. Covid  percepito (non va dimenticato) come termine semplice, si può spiegare col fatto che la parola(-sigla) termina in consonante e in italiano l'85,3% delle parole terminanti in consonante sono di genere maschile. Come si può rilevare dal lemmario del Dizionario di De Mauro, ricco di 130mila lemmi, il 99% delle parole terminanti  in /-o/ sono di genere masch.;  l'87,8% di quelle terminanti in /-a/ sono di genere femm.; il 51,% di quelle terminanti in /-e/ sono masch.; il 52,1% di quelle terminanti in /-i/ sono di genere femm.; e l'83.1% di quelle terminanti in /-u/ sono di genere masch.

4.4. E il/la Sars-Cov-2?
Sull'etimo, sul genere (maschile e/o femminile) e sul significato (mono-bisemico?) del supercomposto Sars-Cov-2, su accennato, non ci soffermeremo qui, essendocene occupati in altra sede.

5. Analisi anti-storica e neopuristica
Alla fine, l'analisi di Marazzini è quella di uno storico della lingua, peraltro rilevante, che vorrebbe contraddittoriamente, come grammatico, fermare la lingua alle origini (l'etimologia diacronica di covid), negando l'evoluzione con le ragioni degli usi funzionali e comunicativi della lingua dei parlanti di una comunità, per di più in netta maggioranza. E alla fine assumendo una posizione neo-puristica.

Sommario
1. L'evento
2. "La Covid" secondo la Crusca dinanzi alla stampa: tra scandalo, risate, sbeffeggiamenti, ironia,
volgarità e neutralità
3. La posizione di Marazzini e le sue argomentazioni
3.1. Criterio esterno: il prestigio dell'Académie Française
3.2. Criterio interno: Regola-1 semantico-etimologica
3.2.1. Uso "preferibile", anche se "minoritario"
3.2.2. Uso "normativo" ma non "prescrittivo"
3.2.3. Rassegnazione all'uso maschile? o Resistere resistere resistere al femminile?
4. E il maschile il covid? Uso "inconscio", un "equivoco grossolano", un "trascinamento" virale?
4.1. "Regola inconscia" dei parlanti (colti)
4.2. Equivoco del parlante o polisemia del termine covid?
4.3. Regola-2 fonologica del maschile il Covid
4.4. E il/la Sars-Cov-2?
5. Analisi anti-storica e neopuristica








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