di Salvatore
Claudio Sgroi
1. L'evento
Il consueto
Tema del mese di luglio, previsto nel sito dell'Accademia della Crusca, apparso
mercoledì 22, è stato questa volta dedicato dal suo presidente, Claudio
Marazzini, a Il
genere di covid-19 e i giornali italiani.
2. "La Covid" secondo la Crusca dinanzi alla stampa: tra scandalo, risate, sbeffeggiamenti, ironia, volgarità e neutralità
Dinanzi alle
indicazioni normative della Crusca a favore dell'uso femminile la Covid, ricorda ora Marazzini, "Tanti
hanno gridato allo scandalo (ad es. l’“Unione sarda” del 16 luglio, nella
rubrica “Caffè scorretto” di Tacitus), hanno riso, hanno sbeffeggiato
il neopresidente.
Marazzini
ricorda anche l'intervento di Andrea Cuomo sul 'Giornale' del 2 luglio (pp. 1 e
11), che "è riuscito a essere davvero spiritoso: molto corretto nel
dire che la Crusca non si era ancora pronunciata ufficialmente e che la
proposta era l’interpretazione del presidente", lanciandosi poi "in
una serie di battute che hanno fatto sorridere" lo stesso
Marazzini, " benché "foss[e] in parte l’oggetto di quell’ironia".
Lo stesso
"Giornale" del 2 luglio nella rubrica “Dalla vostra parte” di Tony
Damascelli, pubblicava invece le "grossolanità"
e volgarità di un lettore (tale Leonardo Cecca Rivalta di Piacenza), su cui sorvoliamo.
"Pochi --
precisa ancora Marazzini -- hanno dato la notizia in maniera neutra (tra
questi [...] l’agenzia Adnkronos, “La Nazione”, “Ciociaria editoriale oggi”,
“Il Dubbio”, “Il Mattino”)".
3. La posizione di Marazzini e le
sue argomentazioni
Nella
seconda parte del suo "Tema", Marazzini si è soffermato sul problema
del genere del sostantivo covid. Dinanzi
al dilemma se dire il covid o la covid, Marazzini non ha dubbi, come parlante, che occorre/a optare per il femminile la Covid. Ed essendo poi anche presidente
della Crusca inevitabilmente il suo giudizio tende ad essere attribuito alla
Crusca in quanto istituzione.
3.1. Criterio esterno: il
prestigio dell'Académie Française
I criteri invocati da Marazzini per giustificare la scelta del femminile sono
duplici. In primo luogo, un criterio di prestigio. Marazzini richiama
l'analoga scelta fatta per il francese -- "La covid 19" -- dalla
"cugina d'oltralpe", ovvero la "prestigiosa Académie française",
che il 7 maggio ha fatto rientrare il masch. le covid 19 tra gli "Emplois fautifs" (ovvero "usi
errati").
3.2. Criterio interno:
Regola-1 semantico-etimologica
L'argomentazione forte "interna" di Marazzini (e dell'Académie) è però di tipo etimologico: covid-19 è sigla inglese (che il parlante comune, ahimè direbbe
Marazzini, non percepisce come tale), ovvero formata da tre parole: "Co[rona]+Vi[rus] + D[isease]".
Traduzione letterale: "CoronaVirus-Malattia" ovvero "Malattia
del coronavirus". E quindi ingl. disease
= it. s.f. malattia. Da qui la
Covid, "per chi almeno sa
interpretare correttamente [leggi:
etimologicamente] l’acronimo".
Possiamo definire questa "Regola-1"
una regola semantico-etimologica. Le
"ragioni etimologiche" sono invece presentate da Marazzini --
ideologicamente -- come "ottime ragioni logiche" e di "corretteza" normativa.
3.2.1. Uso "preferibile",
anche se "minoritario"
Anche se la covid resta, com'è
riconosciuto da Marazzini, un uso "minoritario", pur con qualche
ripensamento alla fine ("è poi davvero minoritario quest'uso?"), egli
dichiara
(legittimamente, aggiungiamo noi) che per lui "il genere femminile
sarebbe preferibile". In questo allineandosi
alla scelta normativa dell'Académie: “Il n’en reste pas moins que
l’emploi du féminin serait préférable".
Questa
scelta "minoritaria" (che dovrebbe valere per tutte le scelte
minoritarie), ovvero questo "outing" grammaticale, non può in alcun
modo giustificare che si "spalanchi la bocca dallo stupore", ovvero
che si gridi allo "scandalo", o le "risate" e tanto meno
gli "sbeffeggiamenti" e "volgarità", di cui è stato oggetto
da più parti Marazzini.
3.2.2. Uso "normativo" ma non "prescrittivo"
Marazzini puntualizza anche che la sua
(soggettiva) scelta per il femminile non va intesa come "volontà di
imporre a tutti il nuovo femminile", "radicalizza[ta]"
invece dalla giornalista Emanuela Minucci sulla "Stampa” del 2 luglio in
"quella che era stata una conversazione telefonica ragionata e pacata".
Marazzini è
chiaro: "nessuno pensa di processare chi [...] è affezionato" all'uso
maschile. Non si tratta di "un atto di autoritarismo della Crusca, che
impone regole e parole nuove", né di "permissivismo che 'sdogana'
tutto!". Quindi una indicazione, si potrebbe anche dire, quella di Marazzini,
"normativa" ma non "prescrittiva".
3.2.3. Rassegnazione all'uso
maschile? o Resistere resistere resistere al femminile?
Rispetto
all'Académie française, Marazzini constata anche in maniera più realistica che "Probabilmente è troppo tardi per resistere
alla maggioranza e tornare al femminile", pur con qualche ripensamento
alla fine ("forse il caso è ancora aperto"), mentre l'Académie appare
più ottimista al riguardo: “il n’est peut-être pas trop tard pour redonner à
cet acronyme le genre qui devrait être le sien”.
4. E il maschile il covid? Uso "inconscio", un
"equivoco grossolano", un "trascinamento" virale?
Ma come spiegare l'uso maggioritario, direi dilagante, del maschile il covid in italiano (ma anche in fr. le covid)?
Marazzini invoca tre criteri. Un ricorso generico alla psicologia: (i)
"una certa azione
psicologica inconscia ha spinto i parlanti verso il maschile".
Ma
soprattutto (ii) colpevolizza i parlanti (colti e anche specialisti), tradendo
così un atteggiamento inevitabilmente neo-puristico:
" un equivoco [...], ho il sospetto, -- sostiene
Marazzini -- ha facilitato il passaggio al maschile generalizzato: molti confondono
grossolanamente la malattia, che si chiama covid-19, con il
virus, che si chiama SARS-coV-2."
Da qui un
terzo criterio, che riprende quello indicato dall'Académie française ("par
métonimie" di virus/coronavirus), (iii) Un "trascinamento" virale: "Credo che il maschile sia nato
da un effetto di trascinamento della parola “Virus”, presente anche
nell’acronimo covid-19".
4.1. "Regola
inconscia" dei parlanti (colti)
Sull'uso "inconscio", in questo caso del maschile, possiamo essere
d'accordo con Marazzini, perché le Regole degli usi dei parlanti sono
"interiorizzate" e inconsce. A meno che non si sia linguisti, non è infatti
detto che il parlante sappia esplicitare le proprie regole interne. E peraltro
neanche gli stessi linguisti sono sempre d'accordo su questa o quella
(meta)regola esplicita relativa a questa o a quella regola implicita del
parlante.
4.2. "Equivoco"
del parlante o polisemia del termine covid?
Sostenere, come fa Marazzini, che con il termine covid al masch. i parlanti confondano la 'malattia' col 'virus'
significa in realtà essere logicisti e
anti-storici. La polisemia è un aspetto della 'economia linguistica' e un
universale linguistico, che peraltro non determina qui alcuna confusione
comunicativa.
A livello specialistico, come ha ben chiarito Marazzini, l'OMS ha ritenuto
opportuno distinguere (i) la malattia con il composto-sigla CoViD e (ii) il particolare coronavirus agente patologico della
attuale pandemia indicata col super-composto "SARS-coV-2.". I due tecnicismi hanno naturalmente una loro
validità scientifica ma il secondo, anche per la sua scarsa trasparenza, è rimasto finora di uso assai ristretto. E
quindi nell'uso comune il lessema covid
-- maschile o femminile che sia -- ha secondo i contesti i due significati.
4.3. Regola-2 fonologica del
maschile il Covid
A questo
punto, la ragione per la quale covid,
polisemico, è maschile credo sia da ricercare non nell'etimologia diacronica,
ma nel sistema strutturale della lingua italiana.
Il masch. Covid percepito (non va dimenticato) come termine
semplice, si può spiegare col fatto che la parola(-sigla) termina in consonante
e in italiano l'85,3% delle parole terminanti in consonante sono di genere
maschile. Come si può rilevare dal lemmario del Dizionario di De Mauro, ricco di 130mila lemmi, il 99% delle parole terminanti in /-o/ sono di genere masch.; l'87,8% di quelle terminanti in /-a/ sono di
genere femm.; il 51,% di quelle terminanti in /-e/ sono masch.; il 52,1% di
quelle terminanti in /-i/ sono di genere femm.; e l'83.1% di quelle terminanti
in /-u/ sono di genere masch.
4.4. E il/la Sars-Cov-2?
Sull'etimo, sul genere (maschile e/o femminile) e sul significato (mono-bisemico?)
del supercomposto Sars-Cov-2, su accennato, non
ci soffermeremo qui, essendocene occupati in altra sede.
5. Analisi anti-storica e
neopuristica
Alla fine, l'analisi
di Marazzini è quella di uno storico della lingua, peraltro rilevante, che
vorrebbe contraddittoriamente, come grammatico, fermare la lingua alle origini
(l'etimologia diacronica di covid),
negando l'evoluzione con le ragioni degli usi funzionali e comunicativi della
lingua dei parlanti di una comunità, per di più in netta maggioranza. E alla
fine assumendo una posizione neo-puristica.
Sommario
1. L'evento
2. "La Covid" secondo la Crusca dinanzi alla stampa: tra scandalo,
risate, sbeffeggiamenti, ironia,
volgarità e neutralità
3. La
posizione di Marazzini e le sue argomentazioni
3.1. Criterio esterno: il prestigio dell'Académie Française
3.2. Criterio interno: Regola-1 semantico-etimologica
3.2.1. Uso "preferibile", anche se "minoritario"
3.2.2. Uso "normativo"
ma non "prescrittivo"
3.2.3. Rassegnazione
all'uso maschile? o Resistere resistere resistere al femminile?
4. E il maschile il covid? Uso
"inconscio", un "equivoco grossolano", un
"trascinamento" virale?
4.1. "Regola inconscia" dei parlanti (colti)
4.2. Equivoco del parlante o polisemia del termine covid?
4.3.
Regola-2 fonologica del maschile il Covid
4.4. E il/la Sars-Cov-2?
5. Analisi
anti-storica e neopuristica
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