Alcuni mesi fa domandammo alla consulenza
linguistica dell'accademia della Crusca per quale motivo il participio presente
del verbo esordire è "esordiente"
e non esordente. La desinenza del participio
presente dei verbi in "-ire" è "-ente", non "-iente".
Come si spiega, dunque, quella "i"? La Crusca non ha risposto.
Abbiamo posto, allora, lo stesso quesito a "Domande e risposte" del
vocabolario Treccani in rete.
Per quale motivo il participio presente di alcuni
verbi della III coniugazione ha la desinenza "-iente" (esordiente,
partoriente) e non "-ente" (partente, uscente), desinenza propria del
participio dei verbi in "-ire"? Come si spiega quella "i"?
Sarebbe interessante conoscerne il motivo.
Risposta
della Redazione
Come scrive Gerhard Rohlfs nella sua Grammatica storica della
lingua italiana e dei suoi dialetti (Einaudi, PBE, ed. 1968, vol. II,
p. 366), per quanto riguarda il participio presente, «Le forme della
coniugazione in a e in e (-ante, -ente)
sono notevolmente fedeli a quelle latine; nella coniugazione in i,
invece, -iente si conserva soltanto in pochi resti».
Oltre a esordiente e partoriente,
si possono citare, a mo’ di esempio, anche obbediente, nutriente, dormiente, senziente.
Naturalmente, nel participio presente italiano «è andata quasi interamente
perduta la funzione verbale del participio».
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Ringraziamo la Redazione, ma la risposta
- a nostro avviso - non spiega "tecnicamente" il perché di quella
"i galeotta".
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