martedì 7 luglio 2020

A proposito di ispettore al femminile

Dal dr Claudio Antonelli riceviamo e pubblichiamo
Molti si oppongono all’uso della variante femminile di cariche, professioni e mestieri. La maggioranza tende a servirsi del termine solo al maschile: sindaco, notaio, deputato, ministro, assessore, ferroviere; anche quando la logica, ma non ancora l’abitudine, vorrebbe che si dicesse: sindaca, notaia, deputata, ministra, assessora, ferroviera... Tantissimi femminili sono ormai, invece, consacrati dall’uso: scrittrice, pittrice, infermiera, biologa, ambasciatrice... E nessuno trova da ridire.
     Per giustificare questa resistenza all'adozione dei "femminili professionali" alcuni sostengono che i sostantivi in questione sono "neutri" e che quindi sono da usare per entrambi i sessi. E in realtà in certi contesti questi termini sono usati in maniera impersonale, quindi se vogliamo sono "neutri". Ma non in tutti i casi.
     Alla base di questa non volontà di adottare le varianti femminili vi è, in realtà, la tirannia del “Suona male!” È vero: il femminile di certe professioni produce un suono ostico. Ma solo all’inizio... poi l’orecchio finisce con l'abituarsi ai nuovi suoni. E cosí oggi abbiamo "ambasciatrice" (ma anni fa un giornale parlò imperterrito del "marito dell'ambasciatore americano a Roma" riferendosi all'editore Henry Luce, coniuge di Clara, l'"ambasciatrice"), "elettrice", "senatrice" (alla Merlin va il merito del neologismo). Lo stesso dicasi di "professoressa", "poetessa", "avvocatessa" (ma ad avvocatessa si dovrebbe preferire "avvocata"; dopotutto Maria santissima è "avvocata nostra" e non "avvocatessa nostra"). 

     Il linguista Aldo Gabrielli: "Scrivere ‘maestra’ e ‘infermiera’, quando si tratta di donne, è una questione di chiarezza, risolta ormai da tempo con l’adozione del femminile per queste due professioni. Il trovare invece scritto in un articolo ‘il marito del sindaco’ lascia confusi sul sesso del sindaco.” Qui s'impone una chiosa: prima del matrimonio gay.
     Questa resistenza all'evoluzione normale della lingua italiana spiega perché essa sia rimasta, per molti aspetti, quella che era ai tempi del "dolce stil novo". Ed anzi da allora, sotto molti aspetti - se si eccettua il vocabolario tecnico - si è impoverita (fatte salve le varianti di forma di una miriade di parole: "denaro-danaro", "insieme-assieme", "lacrima-lagrima", "fra-tra", etc. con doppioni perfettamente inutili che però "suonano bene"). Cosa volete... l'abitante della penisola è ossessionato dal "suona bene", vera palla al piede del nostro idioma.
     Vi è poi un fatto paradossale che meriterebbe gli sghignazzi sia di Sgarbi che di Napolitano*: le verginelle italiche le cui delicate orecchie venate di azzurro rifiutano l'entrata nel padiglione di questi strani nuovi suoni terminanti in "a", accettano, godendo, che nello stesso pertugio entrino in massa gli sgangherati suoni di un inglese cacofonico mal parlato e mal capito. E l'effetto di questa sconcia apertura al suono diverso - un "diverso" da amare perché "straniero" - è di privare la nostra lingua di termini perfettamente validi, rimpiazzati dal loro "corrispettivo" inglese.
     È un fiasco - anzi un "flop" - su tutta la linea. Ma per gli italiani è come vincere l'intero montepremi, anzi l'intero "jackpot". 

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 * Sgarbi, qualche tempo fa, ha preso pesantemente in giro la "Boldrina" (Laura Boldrini) perché questa si batte affinché gli italiani usino il femminile di certi sostantivi: i "femminili professionali". Sgarbi: “Ministra e sindaca? Cara Presidenta Boldrina, sei una zucca vuota!” E ancora, sempre riferendosi alla Boldrini: "Rappresenta l'ignoranza italiana, si dimetta".
Strano che una persona colta come Sgarbi esibisca la sua  stupida avversione ad adottare il femminile, quando invece sarebbe molto logico usarlo. Ma alle caste orecchie di molti orecchianti italiani, tra cui vi è non solo Sgarbi ma anche l'ex presidente Napolitano, espressosi perentoriamente anche lui contro "ministra" e "sindaca", questa "a" finale reca un suono tremendamente sgradevole.
La giornalista femminista Monica Lanfranco ha reagito "portando avanti" il solito discorso basato su vittimismo e complottismo: "Abbiamo un eminente esponente del patriarcato di sinistra che sceglie due parole molto significative, 'orribile' e 'abominevole', per stigmatizzare l’uso del femminile (previsto sin dalle elementari nella lingua italiana) per vocaboli che indicano ruoli di rappresentanza: sindaca e ministra." Gli uomini - secondo la Lanfranco - riescono ad accettare  questi "ruoli relativamente nuovi per le donne, funzioni di potere, mansioni che rimandano simbolicamente all’autorevolezza" solo cancellando "il corpo femminile che li incarna". Si domanda quindi enfaticamente: "Solo maschilizzandole per definirle possiamo sopportare che le donne accedano a posizioni di potere?"  In realtà il maschilismo c'entra assai poco in questo resistere di Sgarbi, uomo di destra, e di Napolitano, uomo di sinistra, ai femminili.


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