Il modo di dire - adoperato in senso figurato - si rifà al nome generico di "serpenti di mare" dato a leggendari animali marini dall'aspetto orribile, mostruoso, piú simili ai draghi che ai serpenti; da qui, per l'appunto, l'espressione giornalistica atta a definire una notizia sensazionale ma che, alla verifica, si rivela completamente inventata.
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Due parole, due, sul verbo fare
che non può essere un "tuttofare", e ci spieghiamo. Il su detto
verbo, insomma, molto spesso, per non dire sempre, viene adoperato in tutte le
salse - come usa dire - e ciò non è ortodosso sotto il profilo
sintattico-grammaticale.
È bene ricordare, per esempio, che il verbo in oggetto
usato in sostituzione di "dire" è accettabile soltanto quando nel
corso di una narrazione o di un dialogo sottintende anche l'azione del gestire
e vuole esprimere il concetto, o meglio, l'idea di un intervento repentino:
m'incontra in strada, per caso, e mi fa (cioè: mi dice): «Quando sei tornato?».
È anche bene evitare - sempre che si voglia scrivere (e parlare) secondo le
"leggi" della lingua - alcune locuzioni in cui il verbo fare è usato
nella forma riflessiva apparente: farsi
l'automobile e simili; farsi i baffi; farsi la barba; farsi i capelli; farsi
cattivo sangue; farsi le unghie; farsi un dovere; farsene una passione; farsene
una malattia e altre che ora non
ci vengono alla mente.
In tutte le espressioni menzionate il verbo fare può
essere sostituito benissimo con un altro piú appropriato. Farsi la barba, per
esempio, si può sostituire con il verbo "radersi".
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La lingua "biforcuta" della stampa
Da un giornale in rete:
Due minorenni
sarebbero state vittima delle violenze in uno stanzino di una scuola superiore.
Una di loro, 15 anni, ha denunciato l’acccaduto
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Dov'è la scorrettezza? Verbo plurale e predicato nominale
singolare (vittima). Quanto ad "acccaduto" è un 'normale' refuso.
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Da una cosí detta grande firma:
È un disegno, fatto
su un foglietto di carta, da un uomo che fu il più potente della Terra.
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"Fatto su un foglietto di carta" è una frase
parentetica (che si può eliminare); sopprimendola, quindi, il costrutto si
legge cosí: «È un disegno da un uomo che fu il piú potente della Terra». Nella
lingua di Dante si dovrebbe/deve scrivere: «È un disegno fatto - su un
foglietto di carta - da un uomo che fu il piú popolare della Terra». Togliendo
l'inciso (la parentetica) il costrutto è, infatti, perfettamente in regola con
la "legge grammaticale".
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Da un altro quotidiano in rete:
Mancano i medici, il
Molise vuole usare quelli dell'Esercito: "O dovremo chiudere interi
reparti"
Due divisioni di
ortopedia a rischio nella regione. Già stilato un elenco di 105 camici bianchi
con le stellette
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Le persone si "usano"? Nella lingua del Divino si
"impiegano".
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Dl crescita, maxi scivolo nelle
grandi imprese: in pensione sette anni prima----------
In lingua "italiana" i
prefissi si scrivono "attaccati" (prefisso='fissato prima') alla
parola che segue: maxiscivolo. Vediamo
cosa dice il vocabolario Treccani in rete: maxi-. – Primo elemento di parole composte formate
modernamente, tratto dal lat. maxĭmus
«massimo» per tramite dell’inglese e in contrapp. a mini-, usato per indicare dimensioni o
lunghezze superiori al normale; originariamente adoperato nel linguaggio della
moda (per es., maxigonna,
maxicappotto)
e anche nel linguaggio sport. (per es., maximoto),
è molto frequente in ambito giornalistico e nell’uso com. in luogo di perifrasi
di analogo sign.: maxitruffa,
maxitamponamento,
maxirissa.
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