lunedì 3 giugno 2019

È proprio un serpente di mare!

Questa locuzione dovrebbe esser nota a tutti coloro che si occupano d'informazione, in modo particolare ai giornalisti.          L'espressione sta a indicare - come si può facilmente intuire - una notizia falsa, completamente inventata che, però, ha tutta l'aria della verità.
   Il modo di dire - adoperato in senso figurato - si rifà al nome generico di "serpenti di mare" dato a leggendari animali marini dall'aspetto orribile, mostruoso, piú simili ai draghi che ai serpenti; da qui, per l'appunto, l'espressione giornalistica atta a definire una notizia sensazionale ma che, alla verifica, si rivela completamente inventata.

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Due parole, due, sul verbo fare che non può essere un "tuttofare", e ci spieghiamo. Il su detto verbo, insomma, molto spesso, per non dire sempre, viene adoperato in tutte le salse - come usa dire - e ciò non è ortodosso sotto il profilo sintattico-grammaticale.
   È bene ricordare, per esempio, che il verbo in oggetto usato in sostituzione di "dire" è accettabile soltanto quando nel corso di una narrazione o di un dialogo sottintende anche l'azione del gestire e vuole esprimere il concetto, o meglio, l'idea di un intervento repentino: m'incontra in strada, per caso, e mi fa (cioè: mi dice): «Quando sei tornato?».
   È anche bene evitare - sempre che si voglia scrivere (e parlare) secondo le "leggi" della lingua - alcune locuzioni in cui il verbo fare è usato nella forma riflessiva apparente: farsi l'automobile e simili; farsi i baffi; farsi la barba; farsi i capelli; farsi cattivo sangue; farsi le unghie; farsi un dovere; farsene una passione; farsene una malattia e altre che ora non ci vengono alla mente.
   In tutte le espressioni menzionate il verbo fare può essere sostituito benissimo con un altro piú appropriato. Farsi la barba, per esempio, si può sostituire con il verbo "radersi".

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La lingua "biforcuta" della stampa
Da un giornale in rete:
Due minorenni sarebbero state vittima delle violenze in uno stanzino di una scuola superiore. Una di loro, 15 anni, ha denunciato l’acccaduto
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Dov'è la scorrettezza? Verbo plurale e predicato nominale singolare (vittima). Quanto ad "acccaduto" è un 'normale' refuso.

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Da una cosí detta grande firma:
È un disegno, fatto su un foglietto di carta, da un uomo che fu il più potente della Terra.

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"Fatto su un foglietto di carta" è una frase parentetica (che si può eliminare); sopprimendola, quindi, il costrutto si legge cosí: «È un disegno da un uomo che fu il piú potente della Terra». Nella lingua di Dante si dovrebbe/deve scrivere: «È un disegno fatto - su un foglietto di carta - da un uomo che fu il piú popolare della Terra». Togliendo l'inciso (la parentetica) il costrutto è, infatti, perfettamente in regola con la "legge grammaticale".

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Da un altro quotidiano in rete:

Mancano i medici, il Molise vuole usare quelli dell'Esercito: "O dovremo chiudere interi reparti"
Due divisioni di ortopedia a rischio nella regione. Già stilato un elenco di 105 camici bianchi con le stellette

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Le persone si "usano"? Nella lingua del Divino si "impiegano".


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Dl crescita, maxi scivolo nelle grandi imprese: in pensione sette anni prima
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In lingua "italiana" i prefissi si scrivono "attaccati" (prefisso='fissato prima') alla parola che segue: maxiscivolo. Vediamo cosa dice il vocabolario Treccani in rete: maxi-. – Primo elemento di parole composte formate modernamente, tratto dal lat. maxĭmus «massimo» per tramite dell’inglese e in contrapp. a mini-, usato per indicare dimensioni o lunghezze superiori al normale; originariamente adoperato nel linguaggio della moda (per es., maxigonna, maxicappotto) e anche nel linguaggio sport. (per es., maximoto), è molto frequente in ambito giornalistico e nell’uso com. in luogo di perifrasi di analogo sign.: maxitruffa, maxitamponamento, maxirissa.





 

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