lunedì 4 febbraio 2019

Sgroi- 8 - Una discussione sul congiuntivo tra amici e le ideologie metalinguistiche

di Salvatore Claudio Sgroi *


Non c'è dubbio, per conto mio, che uno dei momenti più felici della consueta trasmissione domenicale di "Uno mattina in famiglia" di RAI-1 sia stata, domenica mattina 3, la scelta del Dialogo dal film Boris, quale occasione di discussione sull'uso del congiuntivo. Altro tormentone linguistico, dopo il Qual(')è.
Nel dialogo quattro amici si lasciano andare al commento ideologico della frase "Io penso che bisogni partire...", contestata con soluzioni diverse: "Io penso che bisogni/bisogna/bisognerebbe/ bisognava/ bisognasse partire...".
Ognuno dei quattro personaggi riflette una diversa ideologia metalinguistica, a cui si aggiunge quella di Sabatini, e naturalmente quella di chi ora commenta il tutto.
Il protagonista, BORIS, inizia con la frase "Io penso che bisogn-i... "
Ma è interrotto dalla risata pesantemente ironica del compagno (intollerante) alla sua sinistra che lo corregge con "Io penso che bisogn-a", perché (sostiene lui) "mica è un verbo bisognare, non lo puoi coniugare!". "Bisogni" sarebbe sostantivo ("i bisogni") e da qui la sua (errata!) correzione.
Ovviamente "bisogni" è nella frase in questione il congiuntivo 3a pers. sing. dell'impersonale bisognare, semplicemente omofono del s.m.pl. bisogni.
Boris dinanzi all'intrusione dell'amico, accetta con grande tolleranza come equivalente la forma bisogna: Io penso che bisogni o bisogna: "è uguale".
Ma un terzo interlocutore, più riflessivo e critico, contestando B osserva che si dice anche "Io penso che bisogn-erebbe", e quindi bisognare è verbo e si può dire anche "Io penso che bisogn-i". Anzi si può ancora dire: "Io penso che bisogn-ava", "Io penso che bisogn-asse".
Il quarto attore è quello più incerto: si dice "bisogn-i" o "bisogn-a"? E decide di chiedere aiuto telefonando a un amico, per porgli il problema, ma ricevendo una risposta negativa: "non lo sa, neanche lui!". Senza demordere si propone di rivolgersi a Umberto Eco. E qui finisce lo sketch sintattico.
Il commento di Sabatini è naturalmente che pensare in quanto verbo di opinione regge il congiuntivo. E che bisogni, pur omofono del sost., è congiuntivo del verbo bisognare, ma essendo raro è opportuno "usare un altro verbo", per es. Penso che si debba partire. Ricorrendo così apparentemente alla tecnica cosiddetta dell'"evitamento" quando il parlante si trova dinanzi a una difficoltà linguistica. Sabatini scarta così la soluzione (pur normativamente corretta) dell'indicativo del personaggio B: Penso che bisogn-a partire.
Probabilmente il personaggio filmico aveva percepito il cong. come troppo formale e aveva quindi optato per l'indicativo, con una pseudo-giustificazione indizio di scarsa competenza grammaticale scambiando il verbo col nome.
Per conto mio, i cinque enunciati -- tutti normativamente corretti, propri dell'italiano standard e neostandard -- si prestano a una istruttiva analisi contrastiva.
Presentano infatti (A) significati diversi: (I) Potenzialità di [iii] Condiz. VS Realtà di [ii, iv] Indic. e [i, v] Cong.); (II) Contemporaneità (Pres. [ii] indic. e [i] cong.) VS Anteriorità (Imperf. [iv] indic. e [v] cong.).
E si caratterizzano (B) per Registri diversi: Formale (al Cong. [i] pres. e [v] imperf.) VS Informale (all'Indic. [ii] pres. e [iv] imperf.).
Ovvero:
(i) Io penso che bisogn-I partire...: azioni contemporanee, registro formale, al congiuntivo.
(ii) Io penso che bisogn-A partire...: azioni contemporanee, registro informale, all'indicativo, ital. neostandard.
(iii) Io penso che bisogn-erebbe partire...: azione futura (successiva alla principale) potenziale al condizionale.
(iv) Io penso che bisogn-ava partire...: azione passata, antecedente (rispetto alla principale) registro informale, all'indicativo, ital. neostandard.
(v) Io penso che bisogn-asse partire...: azione passata, antecedente (rispetto alla principale) registro formale, al congiuntivo.
Il lettore, che ne avesse voglia, può provare a costruire frasi con la principale in altri modi e tempi e verificare significati e registri diversi...

* Docente di linguistica generale presso l'Università di Catania






1 commento:

Anonimo ha detto...

Post molto interessante, grazie! Segnalo però che il personaggio al centro di questo sketch non si chiama Boris ma René Ferretti.
Buon lavoro!