Non
c'è dubbio, per conto mio, che uno dei momenti più felici della consueta
trasmissione domenicale di "Uno mattina in famiglia" di RAI-1 sia
stata, domenica mattina 3, la scelta del Dialogo dal film Boris,
quale occasione di discussione sull'uso del congiuntivo. Altro tormentone
linguistico, dopo il Qual(')è.
Nel
dialogo quattro amici si lasciano andare al commento ideologico della frase
"Io penso che bisogni partire...", contestata con soluzioni
diverse: "Io penso che bisogni/bisogna/bisognerebbe/ bisognava/
bisognasse partire...".
Ognuno
dei quattro personaggi riflette una diversa ideologia metalinguistica, a cui si
aggiunge quella di Sabatini, e naturalmente quella di chi ora commenta il
tutto.
Il
protagonista, BORIS, inizia con la frase "Io penso che bisogn-i... "
Ma
è interrotto dalla risata pesantemente ironica del compagno (intollerante) alla
sua sinistra che lo corregge con "Io
penso che bisogn-a", perché (sostiene lui) "mica è un verbo bisognare, non lo puoi coniugare!".
"Bisogni" sarebbe
sostantivo ("i bisogni") e da qui la sua (errata!) correzione.
Ovviamente
"bisogni" è nella frase in
questione il congiuntivo 3a pers. sing. dell'impersonale bisognare, semplicemente omofono del s.m.pl. bisogni.
Boris
dinanzi all'intrusione dell'amico, accetta con grande tolleranza come
equivalente la forma bisogna: Io penso che bisogni o bisogna: "è uguale".
Ma
un terzo interlocutore, più riflessivo e critico, contestando B osserva che si
dice anche "Io penso che
bisogn-erebbe", e quindi bisognare
è verbo e si può dire anche "Io
penso che bisogn-i". Anzi si può ancora dire: "Io penso che bisogn-ava", "Io penso che bisogn-asse".
Il
quarto attore è quello più incerto: si dice "bisogn-i" o "bisogn-a"?
E decide di chiedere aiuto telefonando a un amico, per porgli il problema, ma
ricevendo una risposta negativa: "non lo sa, neanche lui!". Senza
demordere si propone di rivolgersi a Umberto Eco. E qui finisce lo sketch
sintattico.
Il
commento di Sabatini è naturalmente che pensare
in quanto verbo di opinione regge il congiuntivo. E che bisogni, pur omofono del sost., è congiuntivo del verbo bisognare, ma essendo raro è opportuno
"usare un altro verbo", per es. Penso
che si debba partire. Ricorrendo così apparentemente alla tecnica
cosiddetta dell'"evitamento" quando il parlante si trova dinanzi a
una difficoltà linguistica. Sabatini scarta così la soluzione (pur
normativamente corretta) dell'indicativo del personaggio B: Penso che bisogn-a partire.
Probabilmente
il personaggio filmico aveva percepito il cong. come troppo formale e aveva quindi
optato per l'indicativo, con una pseudo-giustificazione indizio di scarsa
competenza grammaticale scambiando il verbo col nome.
Per
conto mio, i cinque enunciati -- tutti normativamente corretti, propri dell'italiano
standard e neostandard -- si prestano a una istruttiva analisi contrastiva.
Presentano
infatti (A) significati diversi: (I) Potenzialità di [iii] Condiz. VS Realtà di [ii, iv] Indic. e [i, v]
Cong.); (II) Contemporaneità (Pres. [ii] indic. e [i] cong.) VS Anteriorità (Imperf. [iv] indic. e [v]
cong.).
E si caratterizzano (B) per Registri diversi: Formale (al Cong. [i] pres. e [v] imperf.) VS Informale (all'Indic. [ii] pres. e [iv]
imperf.).
Ovvero:
(i)
Io penso che bisogn-I partire...: azioni
contemporanee, registro formale, al congiuntivo.
(ii)
Io penso che bisogn-A partire...: azioni
contemporanee, registro informale, all'indicativo, ital. neostandard.
(iii)
Io penso che bisogn-erebbe partire...:
azione futura (successiva alla principale) potenziale al condizionale.
(iv)
Io penso che bisogn-ava partire...:
azione passata, antecedente (rispetto alla principale) registro informale, all'indicativo, ital.
neostandard.
(v)
Io penso che bisogn-asse partire...: azione
passata, antecedente (rispetto alla principale) registro formale, al congiuntivo.
Il
lettore, che ne avesse voglia, può provare a costruire frasi con la principale
in altri modi e tempi e verificare significati e registri diversi...
2 commenti:
Post molto interessante, grazie! Segnalo però che il personaggio al centro di questo sketch non si chiama Boris ma René Ferretti.
Buon lavoro!
Post molto interessante, grazie! Segnalo però che il personaggio al centro di questo sketch non si chiama Boris ma René Ferretti.
Buon lavoro!
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