di Salvatore Claudio Sgroi *
1.
Peccato di omissione o di ignoranza?
Un caro amico e collega, dopo aver letto
il precedente intervento del 13 febbraio "Qual'è" la vitalità dell'uso? a proposito del "qual'è", reiterato tre volte
in un post di E. Mentana del 12, -- qual'è la linea del governo? -- mi ha
fatto garbatamente osservare:
"Nel caso di Mentana, però,
non dici che il giornalista si è giustificato anche lui, dicendo di aver messo
l'apostrofo sulla base della regola della sua maestra di apostrofare qual se riferito a nomi femminili e non
se riferito a nomi maschili [...]".
Nella mia risposta ho precisato che il
mio, invero, non era, come dire, un peccato di omissione ma un peccato di
ignoranza:
"quello che non dico di Mentana è perché
non lo sapevo! Il post mi è stato girato, come avevo detto indicando la fonte,
da Luca Passani. Io non ho facebook!".
Ma "la legge", si sarebbe
detto in altro contesto, "non ammette ignoranza".
2.
Scelta consapevole del Qual'è e al
50% tradizionalista di E. Mentana
Il post metalinguistico di E. Mentana in
risposta a vari commenti dei suoi followers che criticavano il suo qual'è, recita così:
"Enrico
Mentana: Lo so,
lo dice la Crusca. Ma ho fatto il classico, e la mia insegnante mi
diceva di scriverlo così quando era al femminile, e così mi è restato. Il
concetto però è chiaro, no?"
Da cui ho subito tratto qualche considerazione
nella risposta al mio amico, ovvero:
a)
"Che lui
[Mentana] segua la maestra, conferma che il suo uso è consapevole, rispetto a
quello della Presentatrice [Anna Foglietta col suo Qual'è il tallone di Achille?]".
b) "E comunque che [l'uso di
Mentana] al 50% non è tradizionale".
3.
Followers metalinguisticamente tradizionalisti
La lettura di circa 60 (su 669) post di
followers mentaniani pazientemente giratimi dal cortese Luca Passani, dietro
mia richiesta, è stata quanto mai istruttiva sia per i toni, quando non gratuitamente
offensivi ("ignorante", "ignorantone", "babbeo"),
a volte anche ironici e divertenti, sia per l'emergenza di una dominante presa
di posizione tradizionalista (qual'è "errore gravissimo",
"strafalcione grammaticale") a favore di Qual è, con l'avallo della Crusca interpretata in maniera
prescrittivista, mentre essa si limitava invero a "consigliare" qual è, la forma apostrofata non essendo
quindi errore.
Solo qualcuno ha ricordato l'uso di qual'è "usato ampiamente in
illustri attestazioni"; o si è schierato a favore ("Difendo
Mentana", "si accetti anche qual'è").
Alcuni autori si sono anche riconosciuti
nella regola imparata a scuola da Mentana ("anch'io così";
"Anche la mia maestra spiegava così questa regola").
Ed è sull'analisi di tale regola scolastica
che è utile soffermarsi, tanto più che essa è stata richiamata da Paolo
D'Achille nel suo Tema del mese di gennaio della Crusca:
"posso segnalare che in
passato c’è anche stata la proposta di “omologare” i due casi, ammettendo
l’apostrofo tra qual e è nel caso che segua un nome femminile,
quindi distinguendo qual è il compito
da qual’è la risposta?.
Nutro forti dubbi sul fatto che questa soluzione potesse risolvere il
problema".
4.
Regola (morfologica) inadeguata, errata (pseudo-regola) e di compromesso
La Regola del "qual è maschile / qual'è
femminile" è invero una regola (morfologica) a un tempo inadeguata, errata
(pseudo-regola) e di compromesso.
4.1.
Regola inadeguata
È innanzitutto una regola inadeguata
alla realtà fonologica dei parlanti dell'italiano contemporaneo perché non
riflette affatto l'italiano parlato oggi. Nell'italiano d'oggi nessuno dice
infatti */qual ragazzo/ masch. o */qual ragazza/ femm., nessuno cioè tronca
quale in qual dinanzi a consonante di parola masch. o femm.. Si può invece dire
elidendo quale in qual dinanzi a vocale, per es. "/kwal è/ il tuo ragazzo" o "/kwal è/ la tua ragazza?" e quindi
ortograficamente "qual'è".
4.2.
Regola errata ovvero pseudo-regola ("frittata morfologica")
Qual'è poi la sua logica interna, la sua
coerenza? Tale regola, che non
ricordo invero di aver mai sentito da studente, né saprei dire in quale
grammatica sia stata codificata, è basata sull'analogia del femm. un'amica versus il masch. un amico. Ma si tratta di una falsa
analogia e quindi di una pseudo-regola. In realtà un'amica (con elisione) si oppone fonologicamente a una ragazza, nessuno dicendo con
troncamento /*un ragazza/.
E un
amico fa il paio con un compagno,
cioè fonologicamente entrambi con troncamento, nessuno dicendo */uno amico/, */uno compagno/.
Che una sia femm. e uno
masch. è irrilevante in quanto fatto morfologico. Tratto rilevante è piuttosto
la sequenza fonologica "una +
cons." e "una/un' +
voc.", e la sequenza fonologica "uno
> un + cons., voc." Invece
non si distinguono le due coppie in gioco "una vs un'" da
"uno vs un" e si crea una sola coppia
"un' vs un". Regola pratica ("un masch." VS "un' femm."),
comoda sì da memorizzare, ma teoricamente errata, la distinzione fonologica
diventando così una distinzione morfologica. Si passa poi all'analogia col qual'e (femm.) e qual è (masch.), fenomeno puramente fonologico. E la
"frittata morfologica" è fatta.
4.3.
Regola di compromesso
In
conclusione, la regola di Mentana si rivela una regola di compromesso tra l'uso
antico (apocope: ortografia "qual è"
al maschile) e l'uso contemporaneo (elisione: ortografia qual'è" al femminile).
5.
Il problema dell'apostrofo: una quisquilia
Infine, si sarà notato che saggiamente
Mentana ha osservato che, con o senza apostrofo, il /kwal è?/ non ha nessuna
incidenza sul piano semantico, ovvero: "Il concetto però è chiaro,
no?".
* Docente di linguistica generale presso
l'Università di Catania