mercoledì 7 giugno 2017

Il "trasferimento" ovvero la metafora


Francamente non ricordiamo se l'argomento che stiamo per trattare sia già stato... trattato, nel caso ci scusiamo "preventivamente". Vogliamo parlare di una figura retorica chiamata "metafora", ritenuta la regina delle figure retoriche in quanto è il tropo piú importante e quello che ha maggiormente interessato (e interessa tuttora) gli studiosi di lingua. Le definizioni della metafora sono state molte nella storia della retorica (arte del parlar bene), noi riportiamo - e facciamo nostra - quella di Aldo Gabrielli, uno dei maggiori linguisti del XX secolo: «Dal greco "metaphorà", trasferimento, vocabolo composto di "metà", altrove, e "phèro", porto: è il traslato per eccellenza, per il quale si trasferisce a un vocabolo il significato di un altro vocabolo. Per fare un esempio, se noi diciamo "quell'uomo è una lumaca" abbiamo fatto una metafora, in quanto abbiamo addirittura identificato l'uomo con l'animale. La ragione artistica di questo traslato sta nella sostituzione di un'immagine concreta, piú viva e colorita (lumaca) all'idea astratta (lentezza)». La metafora, insomma, se adoperata con accortezza, dà un tocco di classe stilistica ai nostri scritti perché consiste nel trasferimento di un'espressione che indica una qualità, una cosa, una circostanza o quant'altro, dal suo ambito proprio a un ambito diverso dal primo che, però, ha qualcosa di essenziale in comune con questo. Attenzione, però, a non confondere la metafora con la similitudine (la prima "trasferisce" il significato di un vocabolo a un altro, la seconda lo "paragona"). Non a caso abbiamo scritto, all'inizio, che la metafora è la regina dell' "arte del parlare e dello scrivere" (retorica), una ragione c'è: è la figura retorica che ha dato il maggior contributo alla formazione del lessico. Una riprova? La "testa", nell'accezione a tutti nota di "parte superiore del corpo umano e di quello degli animali", proviene da un vocabolo latino che significava "vaso di terracotta" e scherzosamente era adoperato nel mondo dei nostri antenati romani pressoché nello stesso significato che oggi noi diamo al termine "zucca" per indicare, metaforicamente appunto, la testa. C'è da dire, e concludiamo queste noterelle, che molto spesso la metafora nasce anche per necessità... linguistica (lessicale); ma non bisogna abusarne.
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La parola proposta da questo portale, non schiettamente italica e "scomparsa" dai vocabolari dell'uso:
ciúschero. Aggettivo e sostantivo maschile che vale "allegro", "brillo", "alticcio" (per il vino). Sembra provenga dallo spagnolo chusco, burlone.


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Segnaliamo agli amici lettori un dizionario italiano con pronuncia, esempi di utilizzo, definizioni, sinonimi e contrari, traduzioni, tendenze, espressioni, notizie, libri.




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