Chi di voi, gentili amici, non ha
mai adoperato la locuzione suddetta? È
un'esclamazione che si usa quando si ha il sospetto che ci sia qualcosa (nel
comportamento di una persona) che non ci
convince o che le cose non stiano/stanno come ci vengono presentate; insomma
quando si "odora" un inganno o un'intenzione nascosta poco nobile.
L'origine non è molto chiara anche se G. Bianchini nei "Modi proverbiali e
motti popolari" spiega cosí l'espressione: «Quando
il gatto, animale frodatore per eccellenza, ha posto gli occhi in qualche cosa
che cerca di rubare, suole porsi in agguato aspettando il destro che nessuno lo
veda». A questo punto qualcuno si domanderà perché "gatta" e
non "gatto". La risposta è molto semplice. Nella lingua italiana
"antica" e ancora oggi nell'uso di alcune regioni, la gatta
indica/indicava non soltanto la femmina, ma l'animale in genere senza
distinzione di sesso. E con questa accezione generica la "gatta" entra in molti proverbi
e locuzioni. Ne citiamo alcune: "fare la gatta morta", "prendere una gatta a pelare",
"tanto va la gatta al lardo che ci lascia lo zampino". Tutte espressioni conosciute il cui
significato è... "lampante". L'unica locuzione che merita un po' di
attenzione - a nostro avviso - è "prendere (o avere) una gatta a (o da)
pelare, che significa "impegnarsi in un'impresa difficile", fare una
cosa senza essere obbligati e senza
ricavarci nulla, oppure "accollarsi un compito molto difficile che sarebbe
spettato ad altri". Non si conosce con precisione l'origine del detto. Fra le tante ipotesi - piú o meno peregrine
- si può azzardare quella secondo la
quale si sottintende che la gatta a pelare sia/fosse viva, in questo caso la
difficoltà dell'impresa appare in tutta la sua evidenza.
***
Ecco fra i tanti (?) un vocabolo
omografo (stessa grafia) e omofono
(stessa pronuncia) ma con significati distinti: garbino. Si veda qui e qui. Qui, invece, l'etimologia secondo il Pianigiani che, ribadiamo, non è ritenuto fededegno da buona parte dei linguisti.
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