lunedì 18 novembre 2024

Ragionando sull'italico idioma


N
el nostro idioma - crediamo lo sappiano tutti - non è possibile stabilire una regola generale per distinguere il genere “naturale” e quello “grammaticale” dei sostantivi. Ciò è dimostrabile attraverso numerosi esempi. Nella nostra lingua è infatti facile trovare sostantivi riferiti a maschi ma che sotto il profilo grammaticale sono femminili: spia; guardia; guida; sentinella. E viceversa, sostantivi grammaticalmente maschili riferiti a donne come, per esempio, soprano e contralto. Le cose si ingarbugliano maggiormente quando, passando dalle persone alle cose, ci imbattiamo in sostantivi che secondo il genere “naturale” debbono essere neutri, mentre nella lingua di Dante sono ora di genere maschile ora di genere femminile. Perché, per esempio, la guerra è femminile mentre il conflitto è maschile? Ancora. Perché il coraggio è maschile mentre il suo contrario, la paura, è femminile? Per quale motivo l’arte è femminile e l’artificio è maschile? Una spiegazione per ognuna di queste stranezze ci sarebbe, anzi c’è, ed è di carattere prettamente etimologico-grammaticale, non di certo naturale. Queste piccole noterelle per mettere in evidenza - come accennato all’inizio - il fatto che non è possibile stabilire dei criteri logici generalizzabili per la classificazione dei sostantivi nel genere femminile o maschile. Solo un buon vocabolario può venirci in aiuto. 


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Probabilmente molti linguisti dissentiranno su quanto stiamo per scrivere, ma siamo confortati da numerosi vocabolari, quelli con la V maiuscola. In buon italiano non è consigliabile adoperare il verbo espletare nel significato di «adempiere, compiere, ultimare» e simili. Il verbo in oggetto è di sapore burocratico e in quanto tale è meglio lasciarlo alla... burocrazia. Chi ama il bel parlare e il bello scrivere userà (nei suoi componimenti) verbi più appropriati alla bisogna come finire, portare a compimento, concludere e simili; la nostra lingua è ricca di verbi similari. Così pure sarà bene evitare i sostantivi (fuori del linguaggio burocratico) espletazione ed espletamento. 

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Forse non tutti sanno che "tranquillare" sarebbe da preferire al piú comune "tranquillizzare". È, infatti, pari pari il latino “tranquillare”. Tranquillizzare ricalca il francese ‘tranquilliser’. Il "tranquillante" che cosa è se non il participio presente sostantivato di tranquillare? Qualcuno dice: "dammi un tranquillizzante"? 


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I verbi vivere e campare, pur potendosi considerare l’uno sinonimo dell’altro, hanno sfumature diverse di significato. Il primo vale “avere vita”, “esistere” e si riferisce a organismi animali e vegetali: Giuseppe ha cessato di vivere la notte scorsa; tutte le piante hanno bisogno di acqua per vivere. Il secondo sta per “sostentarsi”, “mantenersi in vita”: quel barbone campa di elemosina. Nei tempi composti “vivere” può coniugarsi tanto con l’ausiliare essere quanto con l’ausiliare avere (quest’ultimo di uso raro, per la verità). “Campare”, invece, prende tassativamente l’ausiliare essere. 



(Le immagini sono riprese dalla Rete, di dominio pubblico, quindi. Se víolano i diritti d'autore scrivetemi; saranno prontamente rimosse: fauras@iol.it)

 


1 commento:

Anonimo ha detto...

Quanto a al participio presente di "tranquillare/tranquillizzare" sarebbe opportuno chiarire la differenza semantica tra i due vocaboli.