C'erano una volta, in un regno lontano, Lessicolandia, due villaggi
confinanti: Emigrania e Migrania. In questi agglomerati vivevano due
cugini, Emigrante e Migrante, che spesso venivano confusi per la loro
“somiglianza sonora”. Nel villaggio di Emigrania, Emigrante
vantava una lunga storia. Proveniva dal verbo latino "emigrare",
che significava "uscire da un luogo per stabilirsi altrove".
Gli emigranti, pertanto, erano così chiamati perché lasciavano il
loro paese d'origine per cercare opportunità di lavoro in terre
lontane.
Nel villaggio di Migrania viveva il cugino Migrante,
anche lui aveva radici latine provenendo dal verbo latino "migrare",
che voleva dire "spostarsi da un luogo all'altro". I
migranti, dunque, erano tutti coloro che si muovevano,
indipendentemente dalla direzione, per trovare condizioni di vita
migliori.
Un bel giorno, gli abitanti di Lessicolandia
cominciarono a confondere Emigrante e Migrante, pensando che fossero
sinonimi, data la loro somiglianza di “suono”. Ciò creava non
poca confusione, perché i due cugini avevano significati leggermente
diversi.
Emigrante si lamentava spesso: "Non capiscono che
io rappresento chi lascia la propria patria per stabilirsi
altrove!"
Migrante, con pazienza, rispondeva: "Non
capiscono neanche che io rappresento tutti coloro che si spostano sia
all'interno sia al di fuori del loro paese”. Si rivolsero, quindi,
alla regina Grammaticanda, molto amata dai sudditi e nota per la sua
saggezza, perché trovasse una soluzione al loro problema.
Sua
maestà Grammaticanda volle accontentarli, per la loro fedeltà, e
organizzò, con l’aiuto dei suoi consiglieri, una grande assemblea
per chiarire la spinosa questione. Convocò, a tal fine, tutti i
sudditi del regno e spiegò loro, con pacatezza ma anche con
autorità: "Carissimi sudditi fedeli, è molto molto importante
capire le differenze tra i due nostri connazionali, Emigrante e
Migrante. Gli emigranti sono coloro che abbandonano il proprio paese
d'origine, o meglio la loro nazione, per vivere in un altro Stato. I
migranti, invece, sono tutti coloro che si spostano,
indipendentemente dalla destinazione finale. Questo significa che
tutti gli emigranti sono migranti perché si spostano, ma non tutti i
migranti sono emigranti, perché alcuni migrano all'interno del loro
stesso Stato".
Vi faccio alcuni esempi – proseguì la
regina – perché capiate meglio la differenza.
"Pensate a
Maria, che ha lasciato l'Italia per andare in Canada. Maria, dunque,
è un'emigrante perché ha lasciato il suo paese d'origine. Ma
pensate anche a Luigi, che si è trasferito da Crotone a Treviso.
Luigi è un migrante, ma non un emigrante, perché è rimasto
all'interno del suo Paese."
Da quel giorno, nel piccolo
regno di Lessicolandia, nessuno confuse più "emigrante"
con "migrante". Le parole vissero felici, rispettate per la
loro unicità e per il ruolo importante che svolgevano nel raccontare
le storie delle persone che si spostavano nel mondo.
***
"Chi emigra
lascia la patria, chi migra cerca una nuova via" (l'emigrante
lascia il proprio paese d'origine, mentre il migrante può spostarsi
ovunque in cerca di nuove opportunità).
"Ogni
emigrante è un migrante, ma non ogni migrante è un emigrante."
(tutti coloro che emigrano sono migranti, ma non tutti i migranti
lasciano il proprio paese d'origine).
"L'emigrante
porta con sé la nostalgia, il migrante la speranza"
(l'emigrante spesso sente la mancanza della propria patria, mentre il
migrante guarda avanti con speranza verso nuove possibilità).
(Le immagini sono riprese dalla Rete, di dominio pubblico, quindi. Se víolano i diritti d'autore scrivetemi; saranno prontamente rimosse: fauras@iol.it)
1 commento:
“Qui mi chiamano italiano e in Italia mi chiamano canadese”, dicono molti espatriati con un sorriso, convinti di cogliere in questa duplicità di espressioni una chiara contraddizione. In realtà, è normale che il punto di vista di colui che parla influenzi il termine ch’egli adopera. Dopo tutto, noi siamo sia “italiani emigrati in Canada” sia “canadesi di origine italiana”.
In Italia il termine “immigrante” è di scarso uso, mentre esso è molto usato sia in francese sia in inglese
“‘Migrante’ è un termine da usare con precauzione” troviamo in un portale francese, che distingue tra “migrante internazionale”, “lavoratore migrante”, “rifugiato”, “richiedente asilo”, “sfollato nel proprio paese”, “clandestino”. Tutti identificabili col termine “migrante”.
Il fatto che i termini stessi - "migranti", "immigranti", "emigrati", "emigranti", "immigrati" - siano quasi sempre usati in maniera interscambiabile rivela una disinvoltura che non è altro che approssimazione d'idee. I termini enunciati, infatti, hanno un senso non perfettamente identico. In Canada, io sono considerato un "immigrato". In Italia sono un emigrato, o anche un "emigrante". Ma il termine deamicisiano “emigrante” esprime una "provvisorietà" che mal si attaglia a chi ormai è un residente permanente della nuova terra. La stessa decisione del governo italiano di dare il voto agli "italiani all'estero" è una conseguenza di questa confusione di termini e di concetti circa l'emigrazione. Inutile dire che il fenomeno inverso, ossia l'immigrazione di massa dall'Africa e da altri continenti in atto in Italia, è il regno incontrastato del caos di concetti e semantico, oltre del caos "tout court".
Agli italiani giungerà come una forte sorpresa il fatto che i critici più impietosi del caos e dell'abusivismo immigratorio italiano, siamo proprio noi emigrati italiani –"emigranti" come ci chiamano in Italia. Noi infatti, per esperienza diretta, abbiamo una chiara idea delle regole che ogni terra d'immigrazione deve imporre - per non precipitare nel caos (o, nel caso italiano, per non aggravarlo) - sia ai candidati allo status di rifugiato sia ai "migranti-immigranti-immigrati" economici.
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