C'era una volta, nell’immenso Regno delle Parole, una comunità di morfemi che vivevano in armonia. Tra questi c'erano i Prefissi e i Prefissoidi, sudditi fedeli con caratteristiche speciali che li rendevano unici. I Prefissi erano morfemi che si attaccavano all'inizio di una parola per modificarne il significato in positivo o in negativo. Erano noti, insomma, per la loro capacità “magica” di trasformare completamente le parole a cui si univano. Per esempio, il prefisso "in-", che significa "non", si attaccava alla parola "felice" per creare "infelice", mutando un sentimento positivo in uno negativo.
Un bel
giorno, nell’incantevole regno, il Prefisso "ri-" decise
di intervenire sulla parola "fare". Questa era una parola
comune, ma con lo “zampino” di "ri-", divenne "rifare",
designando l'azione di ‘fare qualcosa di nuovo’. Tutti notarono,
quindi, come i prefissi fossero abili nel creare nuove sfumature di
significato, sempre attaccati alla parola che seguiva, mai col
trattino.
I Prefissoidi, invece, erano morfemi che, pur
trovandosi all'inizio di una parola, conservavano una certa autonomia
e somiglianza con le parole complete. A differenza dei prefissi, i
prefissoidi potevano sembrare parole a sé stanti, ma si univano ad
altre per dare origine a nuovi vocaboli. Il prefissoide "auto-",
per esempio, che significa "da sé" o "automatico",
si univa alla parola "mobile" per formare "automobile",
un veicolo che si muove da solo. Come i prefissi anche i prefissoidi
“ripudiavano” il trattino. Ancora. Il prefissoide "micro-",
che significa "piccolo", si unì alla parola "onde"
per formare "microonde", un dispositivo che utilizza
piccole onde elettromagnetiche. Quest’ultimo esempio dimostrava
come i prefissoidi aggiungessero significati specifici e innovativi
alle parole a cui erano anteposti.
Per chiarire, una volta
per tutte, l’uso corretto dei prefissi e prefissoidi, il Gran
Consiglio dei Morfemi chiese al re di poter tenere un'assemblea a tal
fine. Prima parlarono i Prefissi: “Noi siamo morfemi che si
attaccano all'inizio di una parola per modificarne il significato.
Per esempio, 'pre-' si attacca a 'storico' per
formare 'preistorico', designando, così, qualcosa che è
precedente alla storia."
Poi intervennero i
Prefissoidi: "Noi siamo simili ai prefissi, ma conserviamo un
significato più indipendente e riconoscibile. Per esempio, 'demo-' si unisce a 'grafia' per formare 'demografia' ".
Grazie all'assemblea tutti i sudditi del Regno delle
Parole impararono, così, a distinguere chiaramente tra prefissi e
prefissoidi. I primi, sempre attaccati alla parola che segue,
modificavano il significato in modo diretto e conciso. I prefissoidi,
pur unendosi alle parole, conservavano un significato autonomo,
arricchendo il lessico con termini complessi e specifici. Non solo, da quel giorno si formò un comitato di saggi, presieduto dal re, al fine di esporre al pubblico ludibrio i giornali o meglio i giornalisti che inserivano un trattino tra il prefisso o prefissoide e la parola seguente.
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La lingua “biforcuta” della stampa
“Diritto e Rovescio”, Del Debbio asfalta la Boldrini in diretta: “Ma cosa centra?”
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Forse “c’entra”, anzi c’entrano la grammatica e l’ortografia.
(Le immagini sono riprese dalla Rete, di dominio pubblico, quindi. Se víolano i diritti d'autore scrivetemi; saranno prontamente rimosse: fauras@iol.it)
1 commento:
Bellissima spiegazione, complimenti. Chiara e colloquiale, in modo da far capire a tutti la nozione di prefissoide (forse si potrebbe aggiungere qualcosa per spiegare la differenza tra prefissoidi di primo grado – come "auto-" in "automobile" – e prefissoidi di secondo grado – come "auto-" in "autostrada"; nel primo caso "auto" infatti significa "che si muove da sé"; nel secondo abbrevia "automobile"). E pensare che i curatori del nuovo Vocabolario Treccani in un solo volume, benché siano illustri linguisti e usino abitualmente tale terminologia, hanno inspiegabilmente deciso di espungere dal lemmario sia "prefissoide", sia "suffissoide".
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