Da "scritto e parlato" del sito Treccani
1.
M. Assalto (2022)
M.
Assalto (2022) nell'intervento "Incoerenza linguistica. C’è chi va “a” teatro, chi “al” cinema e chi
<non> sa perché non si usi la stessa preposizione" della sua rubrica
settimanale "Linguaccia mia", (ripro)pone il problema del perché si
dica andare
a teatro ma andare al cinema, una a suo giudizio -- logicisticamente --
"incoerenza", e sul piano normativo non "un vero e proprio
errore", muovendo dal presupposto neo-puristico che la variazione
linguistica è sempre da sospettare. L'A. arriva anzi a sostenere che "una
regola non esiste". In un'ottica di pessimismo epistemologico, non
condivisibile, afferma più in generale che "il tentativo di contenere il
flusso magmatico del parlato entro un quadro normativo coerente è un’impresa ai
limiti del sadomaso destinata al fallimento", mentre per noi bisogna
invece ipotizzare l'esistenza di due Regole alla base dei due diversi usi, qui
entrambi normativamente corretti, certamente non di rado non agevoli da
esplicitare.
L'A. prova a identificare, non sempre in
modo cristallino, le Regole alla base dei due costrutti, scartando l'inglese
("to go to the theatre"), e di altri ess. come andare al teatro Eliseo, andare a
scuola, essere/andare a lavoro; passiamo la linea a studio; andare a cinema espressione "un tantino bizzarra", per lui
"probabilmente in analogia con 'vado a teatro', per altri derivante dal
"raddoppiamento fonosintattico", ovvero da "a-ccinema"
trasformato in "al cinema"; e ancora abitare a ('in') via Roma.
2.
L. Satta (1988, 1989)
In precedenza, un attento neopurista
come L.
Satta (1988) si era soffermato su tali usi,
consapevole che "Discuterne è complicato" (p. 7), trattandosi di
"un'altra grana, e duplice": "a invece di in", abitare a via Garibaldi, e "a invece della
preposizione articolata", ess. andare a cinema, parlare a telefono. Usi marcati diatopicamente, in quanto "modi che
si sentono e leggono da Roma in giù" (ibid.),
finemente circoscritti dallo stesso A.: "eppure non in ogni luogo del sud,
mentre ce ne sarà qualche sbavatura a nord di Roma, compresa la brava
Toscana" (ibid.). L'A. peraltro cita anche esempi letterari: "in
Alberto Moravia ci pare di aver letto uno stare a finestra" (p. 7); del bolognese "Morselli c'è
un rientrano
a bottega"; "Non scesi a refettorio è di Gesualdo Bufalino, come A cinema non andammo" (ibid.); "Codesto a telefono è
caratteristico" del campano Michele Prisco, es. ripreso in Satta (1989 p.
238): "Il dissenso arriva con certi minuscoli fastidi per l'orecchio e per
l'occhio: parlare
a telefono, sentire a telefono,
noto e già discusso stilema di Prisco" in Lo specchio cieco (1984); e cita anche (1988 p. 79) ma senza ess.
G. Bassani, D. Maraini, E. Morante, G. Ledda.
3.
L. Serianni (2004), G. Antonelli (2020), Della Valle-Patota (2022)
Da parte sua L. Serianni (2009) si era
occupato di "espressioni come vado a studio, sto a studio, tipiche dell'uso colloquiale romano", un
"regionalismo sintattico", ovvero "varianti tipicamente
regionali", che "altrove sarebbero notate e censurate". Una
"tendenza ancora più accentuata una cinquantina di anni fa", osserva
Serianni: "i romani di una volta potevano andare a fiume (cioè ' farsi un bagno, una vogata o
semplicemente a prendere il sole sulle rive del Tevere')". Con riferimento
agli odonimi, nota ancora Serianni, è "a tutt'oggi abituale anche presso i
romani cόlti: a
piazza Venezia, a via Condotti"
anziché in
piazza Venezia, in via Condotti;
e (in Serianni 1988 § VIII.85.d) a via Cavour.
G. Antonelli (2020) nella sua rubrica
"Lezioni di italiano", sempre più orientata retrospettivamente dalla
sincronia alla diacronia, ritorna sull'espressione "a studio" ricordata da una lettrice senese, passibile di
essere corretta (neopuristicamente) in "vado allo studio" o "in
studio": "a Siena in collegio da ragazzina ci dicevano sempre:
'signorine, presto, a studio' e noi dicevamo sempre 'Andiamo a studio, vado a
studio, entro a studio'".
Antonelli ricorda quindi cinque esempi
quasi tutti toscani, tre letterari del '300, '400, '700 e due epistolari
dell'800:
(i) Bernardino da Siena (XIV sec.):
"Hai tu a memoria di colui che voleva andare a Studio?" (anche nel
Battaglia vol. XX 2000); e (tutti anche in "Google libri ricerca
avanzata"):
(ii) Amabile di continentia. Romanzo
morale (XV sec.): "locho certo incittivo et apertinente a studio et a
philosofare";
(iii) Giovan Battista Fagiuoli (av.
1742): "voi altri ragazzi andate a studio per ispasso";
(iv) Filippo Ricci avv. (metà '800):
"Adesso vado a studio, e mando perciò il servitore a sapere tue
nuove" (lettera a G. G. Belli);
(v) Giosue Carducci (1888):
"metterlo a studio in un collegio de' padri somaschi" (lettera a un
amico).
Antonelli conclude sottolineandone la
diffusione: "In questi ultimi decenni, l'uso di a studio -- originariamente centromeridionale -- si sta
diffondendo in frasi come questa anche nel resto d'Italia". Ma neopuristicamente
raccomanda: "Meglio, tuttavia, andare allo studio (o in studio) così come si va al lavoro, al mare".
V. Della Valle - G. Patota (2022) nella
loro rubrica "Quando il nuovo italiano è corretto e quando non lo è"
in risposta a una lettrice osservano che l'espressione buttare a fiume col valore proprio o fig. 'buttare a mare'
"non è assolutamente scorretta", anche perché adoperata da A.
Fogazzaro (1905) in Il
santo: "avrebbero potuto, se volevano,
buttare a fiume delegato, guardie, botte, cavallo e cocchiere"
(anche in Google libri").
4.
L. Renzi (19881, 20012)
L. Renzi (19881,
20012)
accenna (§ 4.3.5 pp. 426-27), ai "complementi introdotti da preposizioni
con valore locale", ess. (chiavi) in mano, (sposarsi)
in comune [ma anche al comune]; in
spiaggia [ma anche alla spiaggia],
in tavola, in mare [ma anche al mare],
in teatro, ecc. "Un tipo di formazione
simile si ha anche con a:
a tavola, a letto, a teatro, a bottega, a scuola ecc.". "Rispetto alla precedente, con in,
[...] l'indicazione spaziale è più astratta", es. ci piace andare a teatro 'frequentare il teatro in generale'.
5.
J. Brunet (2011)
J. Brunet (2011), nella Grammaire critique de l'italien, latamente contrastiva it.-fr., analizza
descrittivamente sulla scorta di ess. letterari contemporanei le preposizioni
locative a e in. Il che consente di rilevare ess. solitamente
scartati dai grammatici, come alla casa (fig.), alla messa, alla scuola, al teatro, a
cinema, a caffé, in letto 'a
letto'.
Nel § 1.4 "Complément de
lieu", 1.4.1. "Lieu statique" (p. 24) si riporta l'es. n. 62
"l'ho sentito solo a mare" (De Luca), mentre il § 1.4.5 è dedicato a
"Mots particuliers" (pp. 25-28), ess. nn. 72-89:
"devo tornare a casa" (Cassola
n. 75) vs fig. "la sua mente era corsa alla casa, correva alla casa" (Cassola n. 76); -- "a
Messa non ci andavano quasi mai" (Cassola n. 77), "andare a
messa" (Eco n. 78), "siamo andati a messa" (Mastronardi n. 79),
ma anche "andavano alla messa"
(Cassola n. 80), "si recavano alla messa" (Pratolini n. 81); --
"essere a scuola, andare alla scuola"
(S. Satta n. 82); -- "vanno al cinematografo" (Pratolini n. 83);
"È bello anche andare al cinema, al teatro,
a pranzo insieme..." (Buzzati n. 88); "e sarebbe andata al cinema con
lui, o a teatro, o semplicemente a passeggio" (Piersanti n. 87); "e
poi a spasso, al cinema, al teatro"
(Parise n. 86); -- e anche "sono stato a cinema" (Bufalino p. 26 nota 5); -- "invitato a
teatro" (Veronesi n. 85); "di nascosto sono andate a teatro"
(Tobino n. 84); "come lo avessi invitato a teatro" (C.C. Veronesi n.
85); -- "vanno a
caffé" (Sciascia n. 74).
La stessa Brunet analizza la prep. in (pp.
121-36) sulla base di c. 150 ess. d'autore (numerati 720-847), in part. § 6.1.
"Lieu", 6.1.1. "Le lieu est indiqué par un nom commun"
(ess. 720-749). I criteri sono diversi: (i) "Nous avions cru trouver une
piste en distinguant les cas où l'on avait un 'stato in luogo' et un 'moto a
luogo'", ma con vari controesempi; (ii) "une autre piste pouvait être
celle d'un simple in pour désigner un lieu de façon générique, ou
banale, alors que l'article défini apporterait un peu plus de précision"
(p. 121), ess. in contrasto: "aspettavamo in cucina" (Pratolini),
"è entrato in camera" (Pratolini), "rientrando in paese"
(Pavese), "la passeggiata in giardino" (Pratolini), VS "scesero nella cucina" (Pratolini), "entrò nella camera" (idem), "rientrando nel paese" (Pavese), "Porto il bambino un
momento nel
giardino, -- e poi corressi: -- In giardino --
perché mi sembrava più possessivo e familiare" (Calvino). Ess. marcati
invece: "la giacca nel braccio e le scarpe nei piedi" (Pavese),
"se le lascia in ['ai'] piedi" le scarpe?" (Pratolini).
L'A. osserva anche che "L'absence
d'article est un fait courant devant des termes génériques", ess. "il
noioso raffreddore lo costringeva in casa [ma anche: "a casa"]"
(Arpino), "la vedrai in casa nostra" [ma anche: "nella nostra
casa"] (Fenoglio), "ritornato in caserma" [ma anche: "nella
caserma"] (Palazzeschi), "entrare in collegio" (Moretti),
"viene in latteria" (Pratolini), "abitare in centro"
(Pratolini), "in cima ci sono altre vigne" (Pavese), "nuotando
in mare" (Pavese), "opere che ha in cartellone" (Mastronardi),
"strillavano in cortile" (Pavese) [ma anche: "nel
cortile"], "Il sole era già alto in cielo" (C. Levi),
"nebbia in autostrada" (Castellaneta) [ma anche:
"nell'autostrada"], "E' in acqua" (Veronesi).
Un es. marcato, sembrerebbe
diatopicamente (settentrionalismo), è in letto 'a
letto': "Mentina era in letto" (Pavese), "eravamo in letto"
(Pratolini), "era andata in letto" (Buzzati), "andarci in letto
insieme" (Buzzati).
E ancora i canonici: "ci baciò in
fronte" (Pratolini), "stampati in faccia" (Cassola), "gli
rise in faccia" (Cassola), accanto a "gli aveva riso su la
faccia" (Tozzi).
6.
I. Korzen (1996)
I. Korzen (1996) si sofferma (pp.
660-61) su ess. quali andare
al cinema, andare a/al teatro con
"SNdet" "normalmente interpretato come individuante", con
l'es. "andiamo al cinema o alle corse dei cavalli" (Malerba), e la
puntualizzazione che "La distribuzione tipica vede l'articolo
determinativo in
andare al cinema e l'articolo zero
in andare
a teatro", con l'es. "vuole, nella
stessa giornata, che andiamo al cinematografo , poi a un ricevimento, poi a
teatro " di Ginzburg. L'A. cita anche due ess. di Bufalino "andremo a
cinema se vuoi"; " A cinema non andammo", e uno di Malerba:
"entro un quarto d'ora vado al cinema o al teatro " (Malerba), come
ess. in cui "l'opposto non è escluso". E ancora "Mia madre è
morta all'ospedale" [ma anche: "in ospedale"] come es. di
"legame naturale: SNdet-prototipo", in contrapposizione a "è
morta a/in casa".
7.
M. Maiden - C. Robustelli C. (20001, 20072)
M.
Maiden - C. Robustelli (20001, 20072) si
soffermano solo su ess. come Vivo in vicolo Bovi 'I
live in vicolo Bovi'; C'è
un negozio in via Garibaldi 'There's a shop
in via Garibaldi' (§ 4.7 p. 68) e § 4 "Omission of the article after
prepositions: the type in
ufficio 'at the office'" (p. 74), con
ess. come a
scuola 'to/at school', a teatro 'to/at the theatre'; -- in mano 'in one's hand', in tasca 'in one's pocket', in autobus 'by bus', in macchina 'by
car', ma non: nella
mano (aveva i soldi), nella tasca, con l'autobus vs nell'autobus (c'era folla), con la macchina vs nella macchina (aveva lasciato il cane), ecc.
8.
Siciliano
Per il sic. segnaliamo contrastivamente:
(i) vaju a[-m]mari 'vado
a mare', analogico sui nomi di città, es. vaju a[-c]Catania (città) 'vado a Catania';
(ii) vaju ô cìnima 'al cinema', ô tiatru 'al
teatro', --
vaju â casa 'alla casa';
(iii) vaju n campagna 'vado in campagna';
(iv) vaju nô ddutturi [animato] lett. (o it. pop.) 'vado nel dottore',
'dal dottore'; vaju
ni me zzia [animato] lett. 'vado in mia zia',
'da mia zia', vaju
ni iɖɖu lett.
'vado in lui', 'da lui'.
9.
Le Regole alla base dei diversi usi
Allo stato attuale, possiamo
identificare più regole, peraltro la [R-2, probabilmente esogena], con
ulteriori ess.:
[R-1 endogena] andare a[-c]casa (mia)
(modellato su a[-c]Catania) nome proprio di città, vado a (lezione
di) tennis) (VS vado al tennis 'al
club del tennis'), vado
a teatro (VS vado al teatro Carignano), andare a scuola VS vado in Sicilia (nome proprio di regione).
[R-1.b. endogena] "vado/sono
[allavoro]" interpretabile sia come a) "a[l
l]avoro" con preposizione articolata sia come b)
"a[-l]lavoro" con raddoppiamento sintattico.
[R-2 esogena?] andare al cinema, al bar, al mare (cfr. fr. aller au cinéma, au bar, à la mer).
[R-3 region. merid.] andare a[-m]mare (<
sic. iri
a[-m]mari).
[R-4 region. roman. e toscano] vado a cinema, la ricevo a studio (detto da un avvocato), vado a studio, sto a studio; passiamo la linea a studio (TV).
[R-5 region. roman. a 'in'] abitare a via Manzoni.
[R-6 region. sett. in 'al (la)'] vado in Rai 'alla Rai'; in Crusca 'alla Crusca'; -- vado in bagno 'vado al bagno', 'alla/in toilette'.
Riferimenti
bibliografici
Antonelli G. (2020), "Lezioni di
italiano". A
studio o a scuola, poi si va all'università,
in "7. Corriere della Sera" 4 settembre, p. 62.
Assalto M. (2022), "Incoerenza linguistica. C’è chi va “a” teatro, chi “al” cinema e chi
<non> sa perché non si usi la stessa preposizione", in Linkiesta.it, 9 maggio.
Brunet J. (2011), Grammaire critique de l'italien, vol. 17. Les prépositions,
Vincennes, Presses Universitaires de Vincennes.
De Felice E. (1958), La preposizione italiana 'a', in "Studi di Filologia Italiana",
pp.243-409.
Della Valle V. - Patota G. (2022), Quando il nuovo italiano è corretto e
quando non lo è, in "DiPiù", 27 maggio, n.
21, p. 63.
Korzen I. 1996, L'articolo italiano fra concetto ed
identità, Copenhagen, Museum Tusculanum Press, 2
voll.
Maiden M. - Robustelli C. (20001,
20072), A reference Grammar of Modern Italian. Second Edition, Hooder Education, and Hachette Uk
Company.
Renzi L. (19881,
20012),
"L'articolo", in Grande grammatica italiana di consultazione, vol. I La frase. I sintagmi nominale e preposizionale, a cura di L. Renzi - G. Salvi - A. Cardinaletti,
Bologna, il Mulino; (ried. Libreriauniversitaria.it, 2022), cap. 7, pp.
371-437, bibl. pp. 739-46.
Satta L. (1988), Scrivendo & parlando. Usi e abusi
della lingua italiana, Firenze, Sansoni.
Satta L. (1989), Matita rossa e blu. Lo stato della
lingua italiana nell'esame spietato ma scherzoso compiuto su 110 scrittori
contemporanei, Milano, Bompiani.
Serianni L. (1988, ried. 1997), Italiano, Milano, Garzanti.
Serianni L. (2004), "Quesiti e
Risposte" a proposito di Vado a studio,
in "La Crusca per voi" n. 29, ottobre, pp. 12-13.
(Le immagini sono riprese dalla Rete, di dominio pubblico,
quindi. Se víolano i diritti d'autore scrivetemi: saranno prontamente rimosse)
7 commenti:
Aggiungo altri esempi che riguardano l'uso della preposizione in con nomi di regioni italiane e nomi di nazioni.
Personalmente uso la preposizione semplice con nomi femminili di regioni italiane: in Umbria, in Lombardia, in Sicilia...
Con nomi maschili uso sempre la preposizione articolata: nel Veneto, nel Piemonte, nel Trentino Alto Adige...
Oggigiorno vedo spesso "in Veneto, in Piemonte...
Con i nomi di nazioni qualche volta mi viene di scrivere nel Giappone, quando ormai la maggior parte delle persone usa invece la preposizione semplice: "in Giappone".
Anni fa riguardando i miei temi scolastici notai che scrissi "nelle Puglie". Oggi come oggi sarebbe considerato un errore madornale, credo.
Renato P.
"Puglie" ed anche "Abruzzi", fino a qualche decennio fa.
Ciò che
"Puglie" ed anche "Abruzzi", fino a qualche decennio fa.
Ciò che mi lascia molto perplesso, nel suo commento, è "... notai che scrissi...": è sicuro che non sia un errore?
Vittorio Pepe
Sull'uso della prep. "in" con i nomi di luogo le grammatiche si soffermano, come lei, analiticamente. E quindi non mi ci ero soffermato.
Quanto all'es. "nelle Puglie", non capisco perché "oggi sarebbe considerato un errore madornale". Se lei dice "le Puglie" oggi certamente meno usato (e non "la Puglia"), è inevitabile tale costrutto. Idem "negli Abruzzi" (anziché "in Abruzzo"), come ricordato dal sig. Vittorio Pepe (6 giugno). Non capisco peraltro perché per lo stesso sig. Pepe sarebbe errato il costrutto "notai che scrissi" del lettore Renato P.
S.C.S.
@ Sgroi
A mio avviso "notai che scrissi" è errato perché le due azioni ("notare" e "scrivere") non sono state svolte contemporaneamente: quella di "scrivere" è anteriore rispetto a quella di "notare".
Vittorio Pepe
Invero la anteriorità delle due azioni svolte nel passato non va necessariamente sottolineata. L'A. sottolinea invece la contemporaneità dei due eventi.
SALVATORE CLAUDIO SGROI
Non concordo.
Vittorio Pepe
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