di Salvatore Claudio Sgroi
1.
L'evento editoriale
Un testo straordinario, con titolo
metonimico, Cos'è uno scandalo. [25]
Testi [1933-1980] su se stesso, l'arte, la scrittura e la società, questo
di Roland Barthes (1915-1980), raccolti e tradotti dal francese quasi tutti per
la prima volta in italiano (da qui "scritti inediti" nel sottotitolo
della copertina), con una post-fazione, da Filippo D'Angelo, francesista,
scrittore e traduttore, per L'orma editore, Roma, pp. 213+2 in bianco con righe
punteggiate per gli "Appunti" del lettore, nella collana
"Kreuzeville Aleph", che borgesianamente "raccoglie opere e autori
cruciali per ricostruire il [...] nostro passato" (p. 1).
2. Sul dizionario e
molto altro
Lasciando
al lettore il piacere di immergersi nel testo non necessariamente nell'ordine
cronologico in cui i 25 capp. sono stati raccolti, lasciandosi catturare dalla
ricchezza dei problemi (tra quelli linguistici "I tre dialoghi",
"scrivere (manualmente)", leggere e scrivere, colorazione, onomastica
di Gide e di Proust, l'imperativo, lo stile dei classici, scrittura e parola) e
degli autori analizzati (A. Gide, J. Michelet, A. Camus, A. Rimbaud, H.
Matisse, Ch. De Gaulle, M.
Proust, R. Savignac, G. Crepax, S. Bussoni, H. Guibert, B. Faucon, Zouc,
Nureev, Ph. Sollers, B. Brecht, Ch. Chaplin, Mao, G. Bruno, J.-M. Gardair, A. Kuznetsov,
G. Flaubert, P. Fierry, Rohmer, H. Balzac, Tret'iakov, P. Klossowski-P. Zucca,
R. Schumann, F. Hebbel, H. Bernstein, A. Giradoux, Artemisia Gentileschi), -- ci
soffermeremo qui sull'ultimo saggio, quello del 1980. Ovvero sulla
"Prefazione al Dictionnaire
Hachette" (pp. 201-205): un distillato di cinque pagine delle idee
ispirate al semiologo Roland Barthes da tale dizionario, ma estensibili
facilmente a qualsiasi dizionario, e non solo francese.
3. Il dizionario e la
lingua per il linguista
Come
abbiamo più volte scritto, il dizionario si colloca in un rapporto problematico
rispetto alla lingua, alla massa parlante di una comunità, al singolo parlante.
Esso è infatti sempre incompleto, sia in sincronia cioè in una data epoca, che
in diacronia cioè nell'arco di più secoli. Non può infatti registrare tutte le
parole, i significati e i sensi della lingua di una comunità, che rinnova continuamente
in funzione dei suoi infiniti bisogni espressivi-comunicativi-cognitivi.
Nessun
singolo parlante a sua volta, per colto che sia, conosce tutte le parole di un
(pur incompleto) dizionario, ma nel contempo -- paradossalmente -- nessun
dizionario registra tutte le parole e i significati che rientrano nella
competenza di un singolo nativofono, neanche di un bambino. Come dire che il
parlante la sa più lunga del dizionario. Ed è quindi inutile lamentare
l'assenza di un significato o di un termine nel dizionario, che andrebbe invece
arricchito dal lettore via via dei nuovi lessemi o significati lì mancanti.
Quanto
al rapporto tra lingua, realtà e parlante, saussurianamente possiamo ricordare
che in virtù della lingua il parlante 'vede' la realtà, la cui
"materia" viene trasformata in "sostanza" grazie alla
"forma" che le dà la lingua, senza la quale egli non esisterebbe
neppure. Ogni lingua con le sue regole costitutive e il suo lessico si
configura quindi come interpretazione della realtà. In quanto la lingua è caratterizzata
dalla cosiddetta "onniformatività" (o "onnipotenza semantica"),
ogni parlante può verbalizzare qualunque concetto in maniera peraltro sempre
perfettibile.
4. Il dizionario per
Roland Barthes "in lotta con la lingua infinita"
Lo
scenario che Roland Barthes presenta al riguardo, in sintonia con quanto sopra,
è quello della "lingua infinita" e del dizionario che "lotta
senza sosta" per catturarla.
Ovvero
"nessuno sa di quante parole si componga la lingua francese [i.e. una
qualunque lingua]" (p. 201). Da un lato "La lingua cambia di minuto
in minuto, di luogo in luogo, al ritmo delle innumerevoli frasi che vengono
pronunciate" (ibid.); "a
volte una parola nuova [...] si diffonde, si propaga, attecchisce, la si può
catturare, versare nel dizionario [...]" (ibid.). Dall'altro "Il dizionario lotta senza sosta contro il
tempo e lo spazio (sociale, regionale, culturale), ma è sempre sconfitto: la
vita rimane più ampia, più rapida, travalica non tanto il linguaggio quanto la
sua codificazione" (pp. 201-202).
4.1. Il dizionario un
testo che libera dall' "angoscia della lingua infinita"
Il
"numero delle parole [di una lingua] è ingestibile", puntualizza
Barthes, il dizionario sceglie "una pertinenza (di specialità o di
pubblico) che ci libererà dall'angoscia dell'infinitezza [della
lingua]" (p. 202), in quanto testo "finito" ovvero "selettivo".
"Il
dizionario ci richiama
all'ordine. Ci dice che non esiste nessuna vera comunicazione, nessuna
interlocuzione leale, al di fuori di un uso rigoroso delle sottigliezze della
lingua" (p. 205).
4.2. Duplice funzione
del dizionario: "normativa" e "oggettiva"
Barthes
focalizza il ruolo del dizionario: "Il dizionario informa, spiega, educa
persino, per poco che lo si voglia leggere e non solo consultare; senza lunghi
discorsi, senza vana retorica, distribuisce il sapere sobriamente,
democraticamente, a chiunque lo solleciti" (p. 201).
Barthes
distingue quindi il "dizionario" dall'"enciclopedia", dal
"dizionario enciclopedico":
"Si raccolgono delle parole, se ne
dà la definizione: nasce un dizionario. Si raccolgono delle cose (nominandole,
ovviamente), se ne dà la descrizione: nasce un’enciclopedia" (p. 202).
"Talvolta, [...], le due
operazioni si sposano, e si produce un dizionario delle parole e delle cose, un
dizionario enciclopedico" (ibid.).
Si stabilisce quindi un rapporto
di "complementarità di queste due funzioni, l’una normativa
(stabilire l’uso [corretto] delle parole), l’altra oggettiva (descrivere
la particolarità delle cose)" (ibid.).
4.3. Il
dizionario non fotografa ma 'interpreta' la realtà "nebulosa"
Quale il rapporto tra il dizionario
e la realtà?
"È una constatazione
abbastanza paradossale, -- afferma Barthes -- perché in effetti [...] ogni
parola richiama una cosa, o una nebulosa di cose, ma al tempo stesso nessuna
cosa può umanamente esistere se non è presa in carico, consacrata, assunta da
una parola" (p. 202).
"Le parole rimandano alle
cose? Sì, ma anche, in uno stesso movimento, ad altre parole. La separazione
delle cose e delle parole in due ordini distinti e gerarchizzati è dunque un
fenomeno ideologico [...]. Tale separazione implica l’adesione a una filosofia
realista che pone la cosa in sé, al di fuori del soggetto che la enuncia, e fa
della parola un semplice strumento della comunicazione [...]" (pp.
202-203).
"Dalla vittoria del realismo
in poi, crediamo di parlare da un lato e di fabbricare dall’altro: da un lato
discorriamo, impreziosiamo, idealizziamo; dall’altro costruiamo, produciamo,
vendiamo, ci impossessiamo; da un lato l’arte (delle parole), dall’altro la
scienza (dei fatti)" (p. 203).
"Nonostante ne sia stato
storicamente il prodotto, il dizionario, a ben vedere, -- sottolinea Barthes --
fa vacillare questa razionalità borghese, poiché per descrivere la cosa, per
passare dalla parola alla cosa, ci vogliono altre parole, e così all’infinito.[...] Dove finiscono le parole? Cosa c’è al di là?
Per l’uomo il linguaggio non è soltanto un privilegio, è anche una prigione. E
questo che ci ricorda il dizionario" (ibid.).
4.4. Il dizionario e la
sua "funzione poetica":
"macchina dei sogni", "il potere
dell’immaginazione"
Con
grande prospettiva rispetto all'orizzonte (limitato) dei linguisti, Barthes
osserva che "è vero" che il dizionario è "uno strumento di conoscenza
indispensabile, [...] ma è anche una macchina dei sogni: generandosi in
un certo senso da sé, di parola in parola finisce per confondersi con il potere
dell’immaginazione" (ibid.).
"Se le si sfoglia, [...] le
pagine di un dizionario lasciano sfilare davanti alla mente, o, se è
illustrato, sotto gli occhi, i grandi oggetti portatori di sogno: i continenti,
le epoche, gli uomini, gli strumenti, tutti gli accidenti della Natura e della
società" (pp. 203-204.).
"Paradosso prezioso: il
dizionario familiarizza, acclimata e al tempo stesso disorienta, fa divagare;
consolida il sapere e smuove l’immaginazione.
Ogni parola è come un vascello:
all’inizio sembra chiusa su se stessa, ben stretta nel rigore della propria
corazza, ma diviene facilmente una partenza, evade verso altre parole, altre
immagini, altri desideri: ed ecco il dizionario dotato di una funzione
poetica. [...]. L’immaginazione poetica è sempre precisa, ed è la
precisione del dizionario a motivare la gioia che i poeti, e spesso anche i
bambini, provano nel leggerlo" (p. 204).
4.5. Dizionario al
servizio del potenziamento della competenza linguistica del parlante
Riguardo
alla competenza del singolo parlante, "Il dizionario ci ricorda -- sottolinea Barthes --che
la lingua non è data una volta per tutte e in modo innato, che nessuno è di per
se il canone della chiarezza, che la buona comunicazione non può essere il
frutto della mollezza [altri direbbe: 'liquidità'] verbale: insomma, che ciascuno
deve lottare con il linguaggio – vasto, potente e contorto -, che questa lotta
e incessante e richiede armi come il dizionario" (p. 205).
4.6. Mass media e dizionari
In
un'ottica più generale Barthes osserva ancora che "La diffusione del sapere non dipende più soltanto dai
libri (e, di conseguenza, dai dizionari), ma anche (soprattutto?) da ciò che
chiamiamo mass media; e siccome questa diffusione e capillare, labile e
vaga (perché affidata all’oralità, e non più alla scrittura), il sapere assume
una sorta di falsa naturalezza: ascoltiamo (più di quanto non parliamo), ci
lasciamo impregnare, scivoliamo da
un’approssimazione all’altra, senza mai verificare nulla; le
parole divengono miti incoscienti, entrano al servizio di questo potere molle
[i.e., 'liquido'] (perché anonimo) oggi esercitato da stampa, radio,
televisione: ci parlano sempre di più, e parliamo sempre peggio" (pp. 204-205).
Le osservazioni di R. Barthes
sono peraltro ancora più pertinenti in tempo di internet, in cui è cresciuta
enormemente la quantità di dati accessibili all'utente, che anziché compulsare
un dizionario cartaceo, con una sua precisa identità autoriale ed editoriale,
si collega facilmente con la rete, per trovare una risposta ai suoi problemi
linguistici, ma il più delle volte senza verificare la fonte.
5. Onomastica
letteraria
Un cenno merita l'analisi
dell'"Onomastica" letteraria, relativa a A. Gide e a M. Proust.
Barthes individua in Gide (p. 37) due categorie d personaggi, quelli indicati col
nome (se si tratta dei personaggi principali) e quelli indicati col cognome (nel
caso dei personaggi secondari).
I personaggi secondari indicati con
il cognome, sono "il più delle
volte caratterizzanti e ironici", ess. Baraglioul,
Profitendieu, Fleurissoire. "Attraverso i cognomi, Gide irride questi
personaggi
e le loro certezze".
"I nomi", dei personaggi principali, "al
contrario, sono sempre vaghi, impersonali", ess. Edouard, Michel, Bernard, Robert. "Sono abiti ampi, che non
svelano niente"; "la natura di questi personaggi non risiede nel loro
nome, del quale non sono responsabili, ma altrove (id est: la loro famiglia, la loro società)".
E poi ci sono "i nomi mitologici o esotici",
"(in genere scelti perché belli)", ess. Menalque, Lafcadio". La loro "eccentricità" segnala
che " mai l[i] incontreremo",
"e giustifica – forse ironicamente – la stranezza della [loro] morale o
delle [loro] azioni".
Nel caso di M. Proust, Barthes accenna (p. 195) a "una
'verità' (poetica) dei nomi propri [...] prescelti: per i principali nomi della
Recherche, Proust ha molto esitato; la Recherche sembra ingranare
quando i nomi 'corretti' sono ormai stati trovati, ed è noto che nel suo stesso
romanzo si trova una teoria del nome proprio".
6. Il linguaggio letterario infinito
Per
concludere, qualche affermazione illuminante sul linguaggio letterario
polisemico :
"da molto tempo ho concepito la scrittura come la forza
del linguaggio che pluralizza il senso delle cose e, alla fine, lo
sospende" (p. 192).
Ci si augura che una nuova riedizione venga arricchita di un indice, se non delle
nozioni, dei nomi propri.
Sommario
1.
L'evento editoriale
2. Sul dizionario e
molto altro
3. Il dizionario e la
lingua per il linguista
4. Il dizionario per
Roland Barthes "in lotta con la lingua infinita"
4.1. Il dizionario un
testo che libera dall'angoscia della lingua infinita
4.2. Duplice funzione
del dizionario: "normativa" e "oggettiva"
4.3. Il
dizionario non fotografa ma 'interpreta' la realtà "nebulosa"
4.4. Il dizionario e la sua "funzione
poetica":
"macchina dei sogni", "il potere
dell’immaginazione"
4.5. Dizionario al
servizio del potenziamento della competenza linguistica del parlante
4.6. Mass media e
dizionari
5. Onomastica letteraria
6. Il linguaggio letterario infinito
7. Un desideratum
(Le immagini sono riprese dalla Rete, di dominio pubblico,
quindi. Se víolano i diritti d'autore scrivetemi: saranno prontamente rimosse)
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