sabato 4 giugno 2022

Sgroi - 130 - Roland Barthes, ovvero il trionfo del dizionario

 


di Salvatore Claudio Sgroi

 

 

1. L'evento editoriale

Un testo straordinario, con titolo metonimico, Cos'è uno scandalo. [25] Testi [1933-1980] su se stesso, l'arte, la scrittura e la società, questo di Roland Barthes (1915-1980), raccolti e tradotti dal francese quasi tutti per la prima volta in italiano (da qui "scritti inediti" nel sottotitolo della copertina), con una post-fazione, da Filippo D'Angelo, francesista, scrittore e traduttore, per L'orma editore, Roma, pp. 213+2 in bianco con righe punteggiate per gli "Appunti" del lettore, nella collana "Kreuzeville Aleph", che borgesianamente "raccoglie opere e autori cruciali per ricostruire il [...] nostro passato" (p. 1).

 

2. Sul dizionario e molto altro

Lasciando al lettore il piacere di immergersi nel testo non necessariamente nell'ordine cronologico in cui i 25 capp. sono stati raccolti, lasciandosi catturare dalla ricchezza dei problemi (tra quelli linguistici "I tre dialoghi", "scrivere (manualmente)", leggere e scrivere, colorazione, onomastica di Gide e di Proust, l'imperativo, lo stile dei classici, scrittura e parola) e degli autori analizzati (A. Gide, J. Michelet, A. Camus, A. Rimbaud, H. Matisse, Ch. De Gaulle, M. Proust, R. Savignac, G. Crepax, S. Bussoni, H. Guibert, B. Faucon, Zouc, Nureev, Ph. Sollers, B. Brecht, Ch. Chaplin, Mao, G. Bruno, J.-M. Gardair, A. Kuznetsov, G. Flaubert, P. Fierry, Rohmer, H. Balzac, Tret'iakov, P. Klossowski-P. Zucca, R. Schumann, F. Hebbel, H. Bernstein, A. Giradoux, Artemisia Gentileschi), -- ci soffermeremo qui sull'ultimo saggio, quello del 1980. Ovvero sulla "Prefazione al Dictionnaire Hachette" (pp. 201-205): un distillato di cinque pagine delle idee ispirate al semiologo Roland Barthes da tale dizionario, ma estensibili facilmente a qualsiasi dizionario, e non solo francese.

 

3. Il dizionario e la lingua per il linguista

Come abbiamo più volte scritto, il dizionario si colloca in un rapporto problematico rispetto alla lingua, alla massa parlante di una comunità, al singolo parlante. Esso è infatti sempre incompleto, sia in sincronia cioè in una data epoca, che in diacronia cioè nell'arco di più secoli. Non può infatti registrare tutte le parole, i significati e i sensi della lingua di una comunità, che rinnova continuamente in funzione dei suoi infiniti bisogni espressivi-comunicativi-cognitivi.

Nessun singolo parlante a sua volta, per colto che sia, conosce tutte le parole di un (pur incompleto) dizionario, ma nel contempo -- paradossalmente -- nessun dizionario registra tutte le parole e i significati che rientrano nella competenza di un singolo nativofono, neanche di un bambino. Come dire che il parlante la sa più lunga del dizionario. Ed è quindi inutile lamentare l'assenza di un significato o di un termine nel dizionario, che andrebbe invece arricchito dal lettore via via dei nuovi lessemi o significati lì mancanti.

Quanto al rapporto tra lingua, realtà e parlante, saussurianamente possiamo ricordare che in virtù della lingua il parlante 'vede' la realtà, la cui "materia" viene trasformata in "sostanza" grazie alla "forma" che le dà la lingua, senza la quale egli non esisterebbe neppure. Ogni lingua con le sue regole costitutive e il suo lessico si configura quindi come interpretazione della realtà. In quanto la lingua è caratterizzata dalla cosiddetta "onniformatività" (o "onnipotenza semantica"), ogni parlante può verbalizzare qualunque concetto in maniera peraltro sempre perfettibile.

 

4. Il dizionario per Roland Barthes "in lotta con la lingua infinita"

Lo scenario che Roland Barthes presenta al riguardo, in sintonia con quanto sopra, è quello della "lingua infinita" e del dizionario che "lotta senza sosta" per catturarla.

Ovvero "nessuno sa di quante parole si componga la lingua francese [i.e. una qualunque lingua]" (p. 201). Da un lato "La lingua cambia di minuto in minuto, di luogo in luogo, al ritmo delle innumerevoli frasi che vengono pronunciate" (ibid.); "a volte una parola nuova [...] si diffonde, si propaga, attecchisce, la si può catturare, versare nel dizionario [...]" (ibid.). Dall'altro "Il dizionario lotta senza sosta contro il tempo e lo spazio (sociale, regionale, culturale), ma è sempre sconfitto: la vita rimane più ampia, più rapida, travalica non tanto il linguaggio quanto la sua codificazione" (pp. 201-202).

 

4.1. Il dizionario un testo che libera dall' "angoscia della lingua infinita"

Il "numero delle parole [di una lingua] è ingestibile", puntualizza Barthes, il dizionario sceglie "una pertinenza (di specialità o di pubblico) che ci libererà dall'angoscia dell'infinitezza [della lingua]" (p. 202), in quanto testo "finito" ovvero "selettivo".

"Il dizionario ci richiama all'ordine. Ci dice che non esiste nessuna vera comunicazione, nessuna interlocuzione leale, al di fuori di un uso rigoroso delle sottigliezze della lingua" (p. 205).

 

4.2. Duplice funzione del dizionario: "normativa" e "oggettiva"

Barthes focalizza il ruolo del dizionario: "Il dizionario informa, spiega, educa persino, per poco che lo si voglia leggere e non solo consultare; senza lunghi discorsi, senza vana retorica, distribuisce il sapere sobriamente, democraticamente, a chiunque lo solleciti" (p. 201).   

Barthes distingue quindi il "dizionario" dall'"enciclopedia", dal "dizionario enciclopedico":

"Si raccolgono delle parole, se ne dà la definizione: nasce un dizionario. Si raccolgono delle cose (nominandole, ovviamente), se ne dà la descrizione: nasce un’enciclopedia" (p. 202).

"Talvolta, [...], le due operazioni si sposano, e si produce un dizionario delle parole e delle cose, un dizionario enciclopedico" (ibid.).

Si stabilisce quindi un rapporto di "complementarità di queste due funzioni, l’una normativa (stabilire l’uso [corretto] delle parole), l’altra oggettiva (descrivere la particolarità delle cose)" (ibid.).

 

4.3. Il dizionario non fotografa ma 'interpreta' la realtà "nebulosa"

Quale il rapporto tra il dizionario e la realtà?

"È una constatazione abbastanza paradossale, -- afferma Barthes -- perché in effetti [...] ogni parola richiama una cosa, o una nebulosa di cose, ma al tempo stesso nessuna cosa può umanamente esistere se non è presa in carico, consacrata, assunta da una parola" (p. 202).

"Le parole rimandano alle cose? Sì, ma anche, in uno stesso movimento, ad altre parole. La separazione delle cose e delle parole in due ordini distinti e gerarchizzati è dunque un fenomeno ideologico [...]. Tale separazione implica l’adesione a una filosofia realista che pone la cosa in sé, al di fuori del soggetto che la enuncia, e fa della parola un semplice strumento della comunicazione [...]" (pp. 202-203).

"Dalla vittoria del realismo in poi, crediamo di parlare da un lato e di fabbricare dall’altro: da un lato discorriamo, impreziosiamo, idealizziamo; dall’altro costruiamo, produciamo, vendiamo, ci impossessiamo; da un lato l’arte (delle parole), dall’altro la scienza (dei fatti)" (p. 203).

"Nonostante ne sia stato storicamente il prodotto, il dizionario, a ben vedere, -- sottolinea Barthes -- fa vacillare questa razionalità borghese, poiché per descrivere la cosa, per passare dalla parola alla cosa, ci vogliono altre parole, e così all’infinito.[...]  Dove finiscono le parole? Cosa c’è al di là? Per l’uomo il linguaggio non è soltanto un privilegio, è anche una prigione. E questo che ci ricorda il dizionario" (ibid.).

 

4.4. Il dizionario e la sua "funzione poetica": "macchina dei sogni", "il potere dell’immaginazione"

Con grande prospettiva rispetto all'orizzonte (limitato) dei linguisti, Barthes osserva che "è vero" che il dizionario è "uno strumento di conoscenza indispensabile, [...] ma è anche una macchina dei sogni: generandosi in un certo senso da sé, di parola in parola finisce per confondersi con il potere dell’immaginazione" (ibid.).

"Se le si sfoglia, [...] le pagine di un dizionario lasciano sfilare davanti alla mente, o, se è illustrato, sotto gli occhi, i grandi oggetti portatori di sogno: i continenti, le epoche, gli uomini, gli strumenti, tutti gli accidenti della Natura e della società" (pp. 203-204.).

"Paradosso prezioso: il dizionario familiarizza, acclimata e al tempo stesso disorienta, fa divagare; consolida il sapere e smuove l’immaginazione.

Ogni parola è come un vascello: all’inizio sembra chiusa su se stessa, ben stretta nel rigore della propria corazza, ma diviene facilmente una partenza, evade verso altre parole, altre immagini, altri desideri: ed ecco il dizionario dotato di una funzione poetica. [...]. L’immaginazione poetica è sempre precisa, ed è la precisione del dizionario a motivare la gioia che i poeti, e spesso anche i bambini, provano nel leggerlo" (p. 204).

 

4.5. Dizionario al servizio del potenziamento della competenza linguistica del parlante

Riguardo alla competenza del singolo parlante, "Il dizionario ci ricorda -- sottolinea Barthes --che la lingua non è data una volta per tutte e in modo innato, che nessuno è di per se il canone della chiarezza, che la buona comunicazione non può essere il frutto della mollezza [altri direbbe: 'liquidità'] verbale: insomma, che ciascuno deve lottare con il linguaggio – vasto, potente e contorto -, che questa lotta e incessante e richiede armi come il dizionario" (p. 205).

                                              

4.6. Mass media e dizionari

In un'ottica più generale Barthes osserva ancora che "La diffusione del sapere non dipende più soltanto dai libri (e, di conseguenza, dai dizionari), ma anche (soprattutto?) da ciò che chiamiamo mass media; e siccome questa diffusione e capillare, labile e vaga (perché affidata all’oralità, e non più alla scrittura), il sapere assume una sorta di falsa naturalezza: ascoltiamo (più di quanto non parliamo), ci lasciamo impregnare, scivoliamo da  un’approssimazione all’altra, senza mai verificare nulla; le parole divengono miti incoscienti, entrano al servizio di questo potere molle [i.e., 'liquido'] (perché anonimo) oggi esercitato da stampa, radio, televisione: ci parlano sempre di più, e parliamo sempre peggio" (pp. 204-205).

Le osservazioni di R. Barthes sono peraltro ancora più pertinenti in tempo di internet, in cui è cresciuta enormemente la quantità di dati accessibili all'utente, che anziché compulsare un dizionario cartaceo, con una sua precisa identità autoriale ed editoriale, si collega facilmente con la rete, per trovare una risposta ai suoi problemi linguistici, ma il più delle volte senza verificare la fonte.

 

5. Onomastica letteraria

Un cenno merita l'analisi dell'"Onomastica" letteraria, relativa a A. Gide e a M. Proust. Barthes individua in Gide (p. 37) due categorie d personaggi, quelli indicati col nome (se si tratta dei personaggi principali) e quelli indicati col cognome (nel caso dei personaggi secondari).

I personaggi secondari indicati con il cognome,  sono "il più delle volte caratterizzanti e ironici", ess. Baraglioul, Profitendieu, Fleurissoire. "Attraverso i cognomi, Gide irride questi

personaggi e le loro certezze".

"I nomi", dei personaggi principali, "al contrario, sono sempre vaghi, impersonali", ess. Edouard, Michel, Bernard, Robert. "Sono abiti ampi, che non svelano niente"; "la natura di questi personaggi non risiede nel loro nome, del quale non sono responsabili, ma altrove (id est: la loro famiglia, la loro società)".

E poi ci sono "i nomi mitologici o esotici", "(in genere scelti perché belli)", ess. Menalque, Lafcadio". La loro "eccentricità" segnala che "   mai l[i] incontreremo", "e giustifica – forse ironicamente – la stranezza della [loro] morale o delle [loro] azioni".

Nel caso di M. Proust, Barthes accenna (p. 195) a "una 'verità' (poetica) dei nomi propri [...] prescelti: per i principali nomi della Recherche, Proust ha molto esitato; la Recherche sembra ingranare quando i nomi 'corretti' sono ormai stati trovati, ed è noto che nel suo stesso romanzo si trova una teoria del nome proprio".

 

6. Il linguaggio letterario infinito

Per concludere, qualche affermazione illuminante sul linguaggio letterario polisemico    :

 

"da molto tempo ho concepito la scrittura come la forza del linguaggio che pluralizza il senso delle cose e, alla fine, lo sospende" (p. 192).


 7. Un desideratum

Ci si augura che una nuova riedizione venga arricchita di un indice, se non delle nozioni, dei nomi propri.

 

 

Sommario

1. L'evento editoriale

2. Sul dizionario e molto altro

3. Il dizionario e la lingua per il linguista

4. Il dizionario per Roland Barthes "in lotta con la lingua infinita"

4.1. Il dizionario un testo che libera dall'angoscia della lingua infinita

4.2. Duplice funzione del dizionario: "normativa" e "oggettiva"

4.3. Il dizionario non fotografa ma 'interpreta' la realtà "nebulosa"

4.4. Il dizionario e la sua "funzione poetica": "macchina dei sogni", "il potere dell’immaginazione"

4.5. Dizionario al servizio del potenziamento della competenza linguistica del parlante

4.6. Mass media e dizionari

5. Onomastica letteraria

6. Il linguaggio letterario infinito

7. Un desideratum

















                                  

(Le immagini sono riprese dalla Rete, di dominio pubblico, quindi. Se víolano i diritti d'autore scrivetemi: saranno prontamente rimosse)       

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