martedì 19 gennaio 2021

Gli "scherzi" della lingua

 


Probabilmente i ragazzi che frequentano le classi ginnasiali e (forse) gli stessi docenti non sanno  che - stando all’etimologia - dovrebbero entrare nelle aule scolastiche in costume adamitico. Sí, proprio cosí. Scherzi della lingua. Ma andiamo con ordine cominciando col vedere l’origine della scuola (anche se l’argomento, ci sembra, è stato già trattato). 

Sembrerà inverosimile, ma la scuola che per moltissimi giovani (e per noi ai nostri tempi) è associata al lavoro, alla pena, alle ansie, alle notti in bianco e, talvolta, a qualche benevolo e paterno scapaccione, quando è “nata” voleva dire esattamente il contrario: riposo, ozio e, perché no?, “pacchia”. Scuola, infatti, viene dal greco “scholé” che significa, per l’appunto, “riposo”, “ozio”. 

Ciò si spiega con il fatto che nell’antichità (Roma e Grecia) i soli che si dedicassero agli studi erano gli uomini i quali, quando erano liberi da “impegni bellici” o dai lavori dei campi, ne approfittavano per dedicarsi alla cura della mente, dello spirito. Quei pochi momenti liberi che potevano riservare alla cura dell’‘animo’, della mente - tra una guerra e l’altra - erano considerati un piacevole riposo, uno “svago” ma anche e, forse soprattutto, perché per la mentalità dell’epoca coloro che si dedicavano allo studio anziché alle armi e al lavoro nei campi, non... lavoravano, oziavano. La scuola, dunque, era un... ozio.

 E veniamo al ginnasio che nell’accezione moderna - come recitano i vocabolari - è un “corso di studi classici in due anni al quale possono accedere i ragazzi in possesso della licenza media; biennio del liceo classico”. Anche il ginnasio, nell’antichità, quando è “nato” aveva tutt’altro significato: presso i Romani e i Greci era un luogo pubblico dove i giovani si addestravano alla lotta, alla corsa e al lancio del disco; era, insomma, una palestra. L’origine della parola è anch’essa greca, “gymnàsion” (‘luogo per esercizi ginnici’), da “gymnòs”, (nudo); e ciò perché i giovanotti che frequentavano il “ginnasio”, vale a dire la palestra, erano in abiti assolutamente adamitici. Come si è giunti all’ “evoluzione” della parola? Cioè a “luogo di studi classici”? È presto detto.

 Molto spesso il ginnasio era circondato di portici con sedili dove, col tempo, maestri e filosofi sedevano per provvedere, dopo il pugilato, i salti, le corse, all’ “addestramento spirituale” di quei baldi giovani. Il nome finí, quindi, con l’indicare anche la “palestra della mente”. Nel Rinascimento, infatti, il termine “ginnasio” fu scelto per indicare l’edificio (e il luogo) dove si insegnava greco e latino. 

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La parola proposta da questo portale, non lemmatizzata nei dizionari consultati: tiruncolo. Sostantivo maschile: novizio, principiante, recluta, esordiente e simili. Dal latino "tirunculu(m)", tratto da "tiro-onis", recluta.

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La lingua "biforcuta" della stampa

Vaccino agli anziani, slitta l'avvio: "Per colpa di Pfizer cominciamo la profilassi dal 1° febbraio"

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Correttamente: 1 febbraio (senza esponente). Il primo giorno del mese è sempre un "ordinale". Crusca: Le indicazioni comprendenti anche mese e giorno sono introdotte modernamente da un articolo maschile singolare: «il 20 settembre 1870»". Per estensione, si può aggiungere che, nel caso di una data come 11/10/1989, l'articolo che vi si anteporrà sarà l' (seguendo la pronuncia della data: l'undiciottobre millenovecentoottantanove); stessa regola vale per le date che iniziano con 1: anche per queste, si considera il modo in cui tali date vengono pronunciate e quindi si scriverà il 1/2/2003 (cioè il primo febbraio duemilatré). Infatti, come specifica Serianni, "Per i giorni del mese si usa l'ordinale per il giorno iniziale [...], ma il cardinale per i giorni successivi, siano o non siano accompagnati dal giorno del mese [...]."

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La neo assessore al Welfare Letizia Moratti ha scritto al commissario Arcuri: «I parametri vanno ridiscussi». Poi la marcia indietro

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Due orrori: l'articolo femminile davanti a un sostantivo maschile e il prefissoide "neo-" scritto staccato. Correttamente: la neoassessora. Qui e qui.

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Nel Lazio 1.100 nuovi casi e 59 decessi. Somministrati 115mila dosi di vaccino

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Non vorremmo essere smentiti: dose non è di "sesso" femminile? Somministrate, quindi, non somministrati. O no?

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Autodemolitore invade deposito comunale di reperti archeologici e butta terracotte e marmi nel cassonetto

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Due orrori: uno veniale, l'altro mortale. Il veniale, autodemolitore in luogo di autodemolizione; il mortale, terracotte. Il plurale corretto è terrecotte.

3 commenti:

Anonimo ha detto...

Dottor Raso, ho rintracciato l'articolo di cui Lei riporta il titolo e leggendolo mi sembra di aver capito che tale fattaccio è stato compiuto da una persona (autodemolitore) titolare di un'attività di autodemolizioni. Ormai da tempo in italiano non c'è distinzione tra nomi che finiscono in -mento e nomi che finiscono in -zione. Vedi vaccinamento, vaccinazione, e simili. Tra autodemolitore e autodemolizioni io ci vedo ancora differenza di uso. L'attore, invero l'autodemolitore, compie l'attività, l'azione, cioè l'autodemolizione. Sto forse sbagliando?

Renato P.

Fausto Raso ha detto...

Sí, l'autodemolitore è la persona addetta all'autodemolizione; l'autodemolizione è l'officina in cui si effettuano le operazioni di demolizione delle auto.
FR

Anonimo ha detto...

Quindi nel titolo " Autodemolitore invade deposito comunale di reperti archeologici e butta terracotte e marmi nel cassonetto" (dove per autodemolitore, di cui il verbo coniugato buttare, butta, s'intende la persona che ha commesso il reato) non ci dovrebbero essere problemi, e il nome autodemolitore non dovrebbe essere sostituito con autodemolizione. Dico bene?

No, lo chiedo perché essendomi trasferito ormai da tempo all'estero mi accorgo che il mio italiano si sta allontanando sempre di più da quello che parlano i miei connazionali.
Come se ne sarà già accorto frequento da poco il Suo portale perché qui posso ancora leggere frasi in buon italiano. Se poi ho sbagliato nei miei ragionamenti non si periti a farmelo presente.
La prego di non aversene a male se di tanto in tanto le chiedo questa o quella cosa.

Renato P.