di Salvatore Claudio Sgroi
L'appuntamento di domenica 10 gennaio della
trasmissione di entertainment "Le
parole per dirlo" su RAI-3, ore 10.20 condotta da Noemi Gherrero,
consulenti i noti Valeria Della Valle e Giuseppe Patota, è stato
particolarmente intrigante, dedicato com'era a "Le parole di Papa
Francesco", ospite monsignor Vincenzo Paglia.
Molte le osservazioni sul linguaggio di
Papa Francesco con degli interventi filmati del Pontefice, e sulla sua
creatività linguistica, da parte dei due esperti, che si sono mostrati ben
documentati e al corrente degli studi sul linguaggio del Sommo Locutore.
Si è per es. ricordato l'uso del s.f. misericord-ina
indicante la "confezione di oggetti di culto della Divina
Misericordia fatta distribuire da papa Francesco in piazza S. Pietro nel 2013 e nel 2016", come ora rivendicato
con orgoglio dalla stessa Valeria Della Valle per averlo lemmatizzato nei suoi Neologismi. Parole nuove dai giornali
2008-2018 (Treccani 2018) in coll. con G. Adamo.
Jorge Bergoglio
è apparso anche mentre parlava di "Maria la influencer di
Dio" (2019) ‘chi propaganda Dio, la fede in Dio’, ‘propagandatore di
Dio, della fede in Dio’. (Su cui cfr. Papa Francesco e "l'Influencer di Dio", in "Rivista
Italiana di Linguistica e di Dialettologia" 2019, pp. 93-98). Ma l'anglicismo, registrato
nel Gran diccionario de anglicismos di Félix Rodríguez González (2017) e pure nel citato dizionario
di Neologismi di G. Adamo - V. Della Valle, datato 1993 e 2011, non
è stato commentato. Ad evitare -- si potrebbe sospettare maliziosamente -- una
possibile analisi neo-puristica contro l'uso degli anglicismi non necessari da
rendere qui con "influenzatore", influenzatrice"?
A proposito del saluto "Fratelli e sorelle, buona sera" (13
marzo 2013) in bocca a Papa Francesco si è sottolineata la volontà di riferirsi
con grande familiarità a tutti, non esclusivamente religiosi, ma credenti e
laici, uomini e donne. Patota ha subito, e opportunamente, osservato che
l'espressione non è affatto "in contraddizione" con il recente titolo
dell'enciclica Fratelli tutti (2020), dove manca l'esplicitazione degli uomini
e delle donne, trattandosi di una citazione delle Ammonizioni di S. Francesco (lat. Fratres omnes). Un titolo che "ha suscitato non poche reazioni
di perplessità sull'utilizzo del maschile, che soprattutto in alcune culture è
sembrato escludere le donne", osservava da parte sua Alessandra Smerilli
(nella sua "Guida alla lettura" alla Lettera enciclica, Lev 2020 p. 24). Un uso, questo del Papa,
aggiungiamo, non diverso da quello già presente nelle
sue Parole ai giovani a cura
di Lucio Coco (Lev 2016), dove appare per es. il masch.
plurale "i giovani" per
designare maschi e femmine con la volontà di indicare "chi è nell'età
compresa tra la tarda adolescenza e la maturità", senza far riferimento al
sesso.
Un caso che potrebbe sembrare,
aggiungiamo ancora, un uso sessista della lingua per il mancato esplicito
riferimento agli umani di entrambi i sessi. Ma che invece smentisce la teoria sessista della lingua, secondo cui il
genere grammaticale masch./femm. svolgerebbe la funzione prioritaria di
indicare il sesso maschio / femmina e non già quello puramente morfosintattico
dell'accordo per garantire la coesione, comune ai nomi animati e non-animati. (Cfr.
l'intervento nel blog Per smentire la
teoria della lingua sessista, martedì 17 gennaio 2017).
Patota ha opportunamente commentato
l'uso dell'aggettivo nostalgi-oso 'nostalgico'
("credente nostalgioso"), non coniato sul modello del noto petal-oso, ma in realtà neologismo dello
spagnolo sudamericano registrato anche in un dizionario spagnolo del 2011.
Rivelandosi così ben informato e al corrente di un articolo di "un
simpatico professore" apparso nel sito dell'Accademia della Crusca (Papa
Francesco onomaturgo italofono 'ispirato' dallo spagnolo [nostalgioso] sezione "Lingua
italiana" “L’Articolo”, 27.I.2017).
È stata altresì menzionata l'enciclica Laudato
sie/si' (2015). Invero un'occasione mancata per un'analisi morfologica non
proprio scontata del sie/si', peraltro
assente anche nel capitolo sul Cantico di
Frate Sole dello stesso Patota presente nell'istruttivo vol. Le parole valgono (Treccani 2020, pp.
29-44, 154-66). E per la cui analisi rimandiamo il lettore a Il linguaggio di Papa Francesco 2016
(Libreria Editrice Vaticana) del su citato "simpatico professore".
Il
verso dell'umbro san Francesco appare anaforicamente non meno di 8 volte, e a
seconda delle edizioni alternante anche con la forma piena: «Laudato sie, mi'
Signore».
Il
«sie», estraneo all'it.
contemporaneo, si può storicamente spiegare secondo la seguente trafila: latino
class. congiuntivo sis > lat.
parlato ricostruito *sias > it.
antico (anche umbro) sie (con caduta
di "s" e palatalizzazione della "a"). L'it. moderno si-a segue la morfologia dei verbi di II
e III coniug. ("che io/tu/egli tem-a o
part-a"). La "trappola" morfologica dell'italiano contemporaneo
consiste nel fatto che la forma «sii»
vale: (i) come imperativo canonico, standard es. sii buono, mi raccomando (vs Lei,
sia cortese!) e (ii) come congiuntivo, di stampo popolare col valore di
'sia', es. "Paolo si augura che tu
sii cortese".
Papa
Francesco è apparso anche quando ha detto mafiarsi:
In sic. mafiàrisi significa
invece 'mostrarsi arrogante e spavaldo'. In italiano, è documentato fin dal
1990 il denominale mafiare come verbo intransitivo
col significato di 'comportarsi da mafioso'.
V. Della Valle, da parte sua, ha commentato
pertinentemente il dialettalismo spuzzare
'puzzare in modo acre e rivoltante' riferito alla società corrotta, che
risale al piemontese della famiglia del Papa, spussè, anche questo a suo tempo illustrato dal citato
"simpatico professore" ne "L'Avvenire" 26 marzo 2015 e
quindi ne Il linguaggio di Papa Francesco
(2016).
Nel frammento della trasmissione il Papa
ha usato invero il s.f. la
spuzza della corruzione (2015) in quanto 'puzza, odore spiacevole di
cose corrotte ', dal s.f. spussa, a
sua volte deverbale del verbo spussè.
Monsignor Vincenzo Paglia ha da parte
sua menzionato il misericordiare e la sua semantica, su cui i due storici della
lingua non hanno però fatto alcun commento quanto all'etimo del verbo, quale
resa del lat. miserando presente nel
motto miserando atque eligendo,
tratto dalle Omelie di san Beda il
venerabile, a cui s'è ispirato il Papa. Che ha così commentato il proprio uso
(2013):
«il gerundio latino miserando mi sembra intraducibile sia in italiano sia in spagnolo.
A me piace tradurlo con un altro gerundio che non esiste: misericordiando».
In realtà però sia lo spagn. misericordiar che l'it. misericordiare, entrambi strutturalmente denominali, erano stati già formati rispettivamente, stando a Google, nel 1749 e nel 1471. Il recupero di Papa Francesco li rimette quindi in gioco a un tempo nelle due lingue. (Cfr. ancora al riguardo Il linguaggio di Papa Francesco 2016).
Ma Monsignor Paglia ha anche ricordato i misericord-iati
s.m.pl. 'coloro che sono oggetto della misericordia di Dio'.
E
c'è pure il giocattol-izzare 'scherzare' resa dello sp. juguet-ear, in
risposta alle domande dei giornalisti, ai tempi delle vignette offensive di Charlie Hebdo contro Maometto, durante il volo che lo portava dallo Sri Lanka alle
Filippine: «Basta "giocattolizzare" con la religione».
Si è anche ricordata, da parte di
Monsignor Paglia la scelta politica di Papa Francesco, in continuità con i suoi
predecessori, di adottare la lingua italiana come lingua veicolare della Chiesa
all'interno del mondo cattolico ("missionari", ecc.).
E il buon Patota, che ha confermato ciò,
nel citato Le parole valgono (2020)
sulla scorta dei relativi studi si era già soffermato sulla storia degli ultimi
40 anni, menzionando anche tutte le occasioni (p. 153) in cui Papa Francesco ha
utilizzato l'italiano nei suoi viaggi all'estero nei Paesi Baltici (2018),
negli Emirati Arabi Uniti (2019), in alternativa all'anglo-americano, lingua
internazionale.
Ma
quello che ci ha lasciato un pò perplessi è stato il momento in cui Patota ha
voluto mettere a parte gli ascoltatori di un suo "sogno" comunicato
al presidente della Crusca, Claudio Marazzini, perché Papa Francesco fosse
nominato "Accademico onorario della Crusca" non "per il suo
italiano, che è comunque un italiano eccellente", ma perché usa parole gentili
(“per qn”) e non aggressive (“contro qn.”).
La motivazione avrebbe potuto invero essere più pertinentemente argomentata
con riferimento -- in prima battuta -- alla competenza linguistica e creatività
del
Bergoglio italofono non-nativo, (straniero o allofono) o allo-italofono.
Il
che sarebbe per la Crusca un bel salto “ideologico”,
contro chi avanza sospetti di cripto-neopurismo, giustificando – in quanto
allofono -- proprio l’italiano di Papa Francesco, che ha arricchito non poco la
lingua italiana con i suoi "doni" lessicali ispanici, colmandone
anche i vuoti lessicali.
Solo secondariamente lo
stesso Patota fa riferimento come "altro motivo" per la nomina ad
accademico onorario alla scelta politica di Papa Francesco per l'uso veicolare appena ricordato
della lingua italiana.
Va anche detto che nel citato Le parole valgono il buon Geppi Patota
(2020) aveva già anticipato tale sua posizione scrivendo:
1. L'evento televisivo della domenica
2. Gli usi linguistici di Papa Francesco
2.1. La
misericord-ina (2013)
2.2.
La influencer di Dio (2019)
2.3. "Fratelli e sorelle, buona
sera" (2013) e Fratelli tutti (2020)
2.4. Nostalgioso
(2016)
2.5. Laudato
sie/si' (2015)
2.6.
Mafiarsi (2015)
2.7. Spuzzare
e la spuzza (2015)
2.8. Misericordiare
e misericordiati (2013)
2.9. Giocattol-izzare
(2015)
3. Papa Francesco supporter dell'italiano come lingua veicolare della Chiesa
4.
Papa Francesco "accademico onorario della Crusca" ma non in quanto italofono
"eccellente" non-nativo
4.1. L'italiano di Papa Francesco "corretto" ed
"efficace" non "contro" ma "per qn."
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