Ci sono alcuni vocaboli che ─ a nostro modo di vedere ─ andrebbero relegati nella "soffitta della lingua" perché consunti dall'uso improprio che se ne fa. Squallido, per esempio, è uno di questi. Il predetto aggettivo etimologicamente vale "rozzo", "sudicio" e simili provenendo dal verbo latino "squalere" (esser ruvido, aspro) ed è bene adoperato solo in senso proprio: una stanza squallida, vale a dire misera, rozza, arredata con mezzi di fortuna. Molto spesso (per non dire sempre) i giornali ne fanno un uso metaforico (con considerazioni morali): il delitto è maturato nello 'squallido' ambiente della prostituzione; oppure: l'imputato ha svolto un ruolo di primo piano in quella 'squallida' vicenda. Squallido, è bene ripeterlo, è tutto ciò "che si trova in uno stato d'abbandono e miseria, tale da infondere tristezza"; l'eccessivo uso metaforico ha reso quest'aggettivo... "squallido". Non sarebbe bene, quindi, relegarlo in soffitta e adoperare, volendo fare un apprezzamento morale, i piú appropriati "sostituti" come avvilente, deprimente e simili? Diremo, quindi, un ambiente deprimente, una vicenda avvilente. Sappiamo benissimo di "predicare al vento". Però, non si sa mai...
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Un verbo adoperato “malamente”: uniformare
Il significato letterale del
verbo denominale sopra citato è “rendere di una medesima forma”: sono stati
uniformati tutti i moduli prestampati. Molto spesso si adopera con il
significato di “adattare”, “conformare”, “accordare” e simili: Giuliano si è uniformato alle
usanze della famiglia ospitante. A nostro modesto avviso, anche se i vocabolari
ci danno torto, è un uso improprio che in buona lingua è da evitare. La forma
“corretta” è: Giuliano si è adattato alle usanze della famiglia ospitante.
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Non finiremo mai di raccomandarvi di prestare attenzione ai coniugatori dei verbi in rete. Guardate come questo coniugatore coniuga il passato remoto e il participio passato del verbo "scendere".
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