domenica 27 settembre 2020

Sgroi - 79 - "Smartabile": neologismo necessario o inutile?

 


di Salvatore Claudio Sgroi

 1. L'evento ministeriale

Il 4 giugno 2020 il ministro della P.A. Fabiana Dadone, constatando in senato che (i) "il lavoro agile, o smart working, si è rivelato uno strumento chiave nel periodo cruciale dell'emergenza sanitaria" ha previsto che "ciascuna amministrazione, individuate le attività smartabili, attivi la modalità agile ad almeno la metà di esse" (cit. da Licia Corbolante 17 giugno).

L'aggettivo smartabile è poi ritornato in altri testi e in altri sintagmi:

(ii) "i lavoratori e le mansioni che il ministero definisce 'smartabili'" (sito del Ministero 9 giugno; e Lorenzo Salvia e Massimo Persotti 17 giugno).

(iii) "Il 60% delle attività 'smartabili' dovrebbe essere effettuato da remoto" (ibid.).

(iv) "I lavori 'smartabili' sarebbero soprattutto quelli delle funzioni centrali (i ministeri e le Agenzie fiscali) [...] e gli Enti locali (Comuni, Regioni, Province)" (ibid. e in Andrea Bassi "Il Messaggero" 19 giugno).

(v) "espletamento delle pratiche e delle procedure non 'smartabili' connesse alle attività economiche strategiche" (L. Salvia e M. Persotti 17 giugno).

(vi) "Adesso si dice 'smartabili' per indicare le attività che possono essere fatte da fuori ufficio. Va di moda, ma non è una parola orrenda?" (L. Savia intervista al ministro Dadone, in "Corriere della Sera" 17/18 giugno).

 2. Trasparenza semantica

Come è stato osservato da L. Corbolante, l'agg. smartabile nella citazione (i) è adoperato nel significato di "eseguibile da remoto", ovvero "a distanza", "in modalità telematica", da casa, senza che sia necessaria la propria presenza sul posto di lavoro.

La chiarezza semantica del termine risulta altresì -- aggiungiamo -- dalla sua struttura morfologica e dai suoi rapporti paradigmatici, il suffissato smart-abile essendo collegato con smart working abbastanza diffuso e citato tra l'altro poco prima, a sua volta ulteriormente chiosato col traducente lavoro agile.

           3. Necessità del derivato smartabile

Alla luce di quanto sopra, l'agg. smart-abile si rivela necessario per esprimere un concetto pertinente nella logica della P.A. e del ministro.

Come del resto ha riconosciuto la stessa Crusca, per bocca di Paolo D'Achille, il diffondersi di tale derivato "segnala un'esigenza reale: quella di definire in qualche modo, all'interno del lavoro agile, la singola pratica lavorativa che può prestarsi ad essere svolta a distanza" (intervista di Maria Cristina Carratù a P. D'Achille, in "la Repubblica, Firenze" 22 giugno, p. 5).

 4. Sostituibilità di smartabile con un concorrente?

Se poi in un'ottica neopuristica cerchiamo un possibile sostituto più comune e più trasparente, ci si rende conto che in effetti esso non sembra facilmente disponibile. Le parafrasi di cui sopra "eseguibile da remoto/a distanza/da casa per via telematica" sono infatti solo parafrasi sintagmaticamente costose.

"Volendo essere coerenti -- riconosce lo stesso D'Achille -- bisognerebbe trovare qualche derivato da 'lavoro agile', tipo 'lavorabile agilmente' o 'da svolger in lavoro agile'". Alzando le braccia, D'Achille conclude però che "al momento il derivato non c'è". Ovvero "Stiamo riflettendo su come trovarne uno".

Intanto, Fabio Marri ha proposto telelavorabile, collegato con telelavoro quale resa di smart working 'lavoro agile' (in un macro-saggio Lingua e burocrazia alla prova del Covid, in c. di st. in "Lingua Nostra", in 3 puntate da dic. 2020 a dic. 2021, e-mail 26 sett.), e ha ricordato che L. Corbolante ha proposto (24 giugno) un "remotizzabile".

Francesco Sabatini, proprio stamattina, domenica 27, alle 8h.35 in "RAI-1 Mattina" nella sua rubrica "Soccorso Linguistico",  ha giudicato smartabile "da rifiutare" e da sostituire con "attività agevolate".

          5. Struttura morfologica di smart-abile

Volendo analizzare in sincronia la struttura morfologica dell'agg. smartabile, esso si configura come denominale di smart, ovvero: [[smart]N + -abile]Agg..

 5.1. Smart s.m. un'abbreviazione

A sua volta il sost. smart è abbreviazione del citato smart working 'lavoro agile'. Al riguardo non mancano varie attestazioni, per es. nella citata intervista di L. Savia al ministro F. Dadone ("Corriere della sera" 17-18 giugno):

(i) "Quante sono le persone in smart?" (domanda di L. Savia).

(ii) "Ma a regime quante persone resteranno in smart, quanti giorni si resterà a casa e quanti in ufficio?" (idem).

 (iii) un lavoratore in 'smart' ci mette 4 ore o 10 ore" (Andrea Bassi in "Il Messaggero" 19 giugno).

Con valore aggettivale:

(iv) "il ministro [...] ha intenzione di fare in modo che una quota significativa dei dipendenti pubblici possa continuare ad operare in modalità 'smart'" (idem).

Con valore avverbiale:

(v) "Lavorare smart significa guardare il corpus del lavoro, il progetto e gli obiettivi, e non soltanto le singole scadenze" (risposta del ministro F. Dadone a L. Savia).

 6. Valutazione metalinguistica di smartabile: "un ircocervo", ecc.

Com'era facile attendersi, il giudizio sul neologismo smart-abile, espresso dai parlanti (non-linguisti), malgrado esso abbia riempito un vuoto lessicale della lingua italiana per esprimere un concetto nuovo, non è stato affatto benevolo o "tenero".

 Un "ircocervo" è stato etichettato dalla giornalista M.C. Carratù nella citata intervista a P. D'Achille, lessicograficamente quasi "un animale metà caprone e metà cervo", o fig. un termine "intrinsecamente contraddittorio, impossibile e, quindi, inesistente". Ovvero ancora per la stessa giornalista una "contorta derivazione". E per il giornalista L. Salvia nella su citata intervista al ministro: "ma non è una parola orrenda?". Per L. Corbolante si tratta di una "neoformazione ibrida anomala". Fabio Marri segnala "l'arbitraria 'testa' del derivato" (nel cit. saggio in c. di st.). Invece per P. D'Achille, "un pezzettino, smart, ibrida[to] col suffisso -abile".

 6.1. Glottoplaste e prima attestazione di smartabile

In un agguerrito art. Smartare o non smartare?, posted on july 16, 2020, https://fabiomontermini.altervista.org./, Fabio Montermini ha da parte sua datato la prima attestazione di smartabile il 23 marzo, identificandone altresì l'onomaturgo nell’utente Twitter MementoArturo AN che "aveva coniato il neologismo, in un contesto che mi sembra tra il militante e lo scherzoso". Retrodatando così le attestazioni del ministro risalenti al 4 e 16 giugno.

 6.2. Smartabile: anglicismo o neoformazione italiana?

Quanto alla sua etimologia, diciamo subito che smartabile è una neoformazione tutta italiana e non un anglicismo, come peraltro confermatomi da una colta anglo-nativofona. Oltre che essere assente nell'Oxford English Dictionary.

Dinanzi al mio quesito se a lei fosse noto l'ingl. smart-able quale "potenziale deverbale del nome/agg. smart o del verbo (to) smart; cfr. to eat > eat-able", a cui far corrispondere l'it.

smartabile (le attività smartabili ‘da svolgere a casa, on line, da remoto’), ha senza esitazione risposto che in inglese "smartable non esiste!".

          6.3. Smart working: pseudoanglicismo?

Aggiungiano anche che il composto libero smart working, assente nell'OED e ritenuto in italiano uno "pseudoanglicismo" (per es. da Antonio Zoppetti ed altri), è in realtà anglicismo a pieno titolo. Assente sì nell'OED, ma facente parte della competenza nativa della stessa informante di cui sopra:

"I have searched as much as I could in the OED for smart working and smartable but can find neither. This does surprise me as I hear and read smart working several times a day at the moment, especially since Boris is advising people to work from home now (a double U-turn!)".

           6.4. Smartabile deverbale o denominale? I derivati in -bile, ovvero il suffisso {-bile} e i suoi allomorfi (-bile, -ibile e -abile)

Chiarito che il lessema smart-abile è una neoformazione italiana, che colma un vuoto del lessico della lingua nazionale, l'analisi della derivazione morfologica del suffissato è utile a fugare ingiustificate altre analisi alla base di impertinenti giudizi di erroneità normativa del lessema.

Come abbiamo chiarito in sedi più accademiche tre lustri fa (2003 e 2004), è opportuno distinguere il suffisso {-bile} e i suoi allomorfi (-bile, -ibile e -abile), ovvero forme diverse del suffisso, che si combinano con basi sia (a) verbali che (b) nominali. Esemplificando:

(a.i) "Tema verbale (di I, II, III coniugazione) + -bile", ess. numera/bile, leggi/bile, udi/bile.

(a.ii) "Participio passato + -ibile", ess. fatt/ibile, ris/ibile, fless/ibile.

(a.iii) "Confisso participiale latino + -ibile", ess. omiss/ibile, estens/ibile, perfett/ibile.

(b) "Nome + -abile", almeno una quarantina di derivati, per es. camion/abile, "carro + -abile" < carr/abile, "papa + -abile" > pap/abile, tasc/abile, cicl/abile, teatr/abile, quirin/abile, ecc.

En passant, il derivato futur/ibile (< dal lat. futuribilis) non è un denominale da futuro s.m., perché ci saremmo aspettati *futur/abile, ma un derivato la cui base è costituita dal "confisso" futuro (<lat. futurum).

Alla luce di ciò, smart-abile è un normale, "ortodosso", agg. denominale, previsto dalle regole della morfologia derivazionale dell'italiano.

Avendo poi Montermini individuato nella sua incalzante ricerca nei social su ricordata qualche es. con il verbo smartare (denominale da smart): -- "seppur raramente, occorrenze di smartare ‘lavorare in smart’ si trovano", ha puntualizzato -- si può anche ritenere smartabile in seconda battuta deverbale: "smarta/bile", anziché denominale "smart/abile".

 7. Smartabile: neoformazione italiana, derivata regolarmente, necessaria e normativamente corretta

Alla fine, smartabile si configura come neoformazione italiana del linguaggio amministrativo, derivata regolarmente, che colma un vuoto del lessico italiano, e normativamente inoltre corretta perché in uso da parte di utenti colti.

Soggettivamente, l'utente può anche (in tutta legittimità) ritenere "orrendo" tale lessema, ma non può giudicare errato l'uso altrui solo perché non gli piace.


Sommario

1. L'evento ministeriale

2. Trasparenza semantica

3. Necessità del derivato smartabile

4. Sostituibilità di smartabile con un concorrente?

5. Struttura morfologica di smart-abile

5.1. Smart s.m. un'abbreviazione

6. Valutazione metalinguistica di smartabile : "un ircocervo", ecc.

6.1. Glottoplaste e prima attestazione di smartabile

6.2. Smartabile: anglicismo o neoformazione italiana?

6.3. Smart working: pseudoanglicismo?

6.4. Smartabile deverbale o denominale? I derivati in -bile, ovvero il suffisso {-bile} e i suoi allomorfi (-bile, -ibile e -abile)

7. Smartabile: neoformazione italiana, derivata regolarmente, necessaria e normativamente corretta




 


1 commento:

Antonio Zoppetti ha detto...

Non sono d'accordo sul fatto che “smart working” sia “un anglicismo a pieno titolo”. Si tratta di un costrutto che non è in uso né naturale per un inglese, benché sia possibile utilizzarlo all'interno di un contesto come espressione della creatività linguistica individuale. Basta parlare con un madrelingua inglese per rendersi conto che non è un'espressione intellegibile con il significato del tecnicismo che gli attribuiamo in italiano, ed evoca invece un lavoro “intelligente” interpretato come “concettuale” e contrapposto ai lavori manuali. Non è nemmeno un “internazionalismo” in uso per esempio in francese e spagnolo, mi pare un costrutto a base inglese che non si può interpretare come un “prestito” (non trovo la lingua “prestatrice”), ma una ricostruzione italiana che parte da due radici inglesi che si stanno radicando in modo profondo e danno origine a una serie di espressioni sempre più larga e non sempre appartenente all'inglese ortodosso.
Antonio Zoppetti