martedì 22 settembre 2020

Sgroi - 77 - L' "Asintomatico" (untore potenziale?): una scelta ideologica

 


di Salvatore Claudio Sgroi

  1. L'evento 

Un notevole intervento di Fabio Montermini A proposito degli asintomatici (posted on september 18, 2020  <https://fabiomontermini.altervista.org./>) offre lo spunto per riflettere sul significato linguistico e 'ideologico' di un termine, ormai diffusissimo con questa pandemia covidica, ovvero il sost. (e agg.) asintomatico.

 2. Il significato linguistico di asintomatico

Direi che sia pacifico che il sost. asintomatico si riferisca alle "persone infettate dal coronavirus che non presentano sintomi" e che quindi è come dire che si tratta di un "positivo asintomatico al Covid". Ovvero l'asintomatico "designa una persona che è stata infettata (contagiata) dal virus ma, sostanzialmente, si sente bene". Una persona quindi "affetta dal coronavirus" che non presentando disturbi, di conseguenza non è in cura".

2.1. L'asintomatico in quanto "pre-sintomatico"

Si può anche sostenere che "un asintomatico può in realtà essere un ‘presintomatico’ che prima o poi svilupperà i sintomi".

         3. Asintomatico sì, ma pericoloso per gli altri

L'asintomatico, se è innocuo per sé (pur essendo contagiato da virus), è tuttavia pericoloso per gli altri, perché "può contagiare altre persone", creando problemi di varia gravità.

Si contrappone quindi al sintomatico, che è invece contagiato dal virus e mostra vari sintomi al riguardo.

Come dire "asintomatico: pericolo latente VS sintomatico: pericolo evidente".

 3.1. Gli asintomatici sono malati o no?

Detto ciò, se è vero che "i medici si sono divisi tra quelli che sostenevano che gli asintomatici fossero da considerare malati e quelli che rifiutavano tale posizione", bisogna però chiedersi come mai.

 4. Asintomatici o portatori sani?

Montermini osserva, grafici alla mano, che, prima dell'apparizione del termine asintomatico, "per designare una persona infettata da un virus e potenzialmente contagiosa, ma esteriormente in buona salute", era piuttosto comune l'espressione portatore sano. Che poi fu sostituita a partire dalla metà degli anni '70 con il termine asintomatico, secondo "le consuetudini in uso nella letteratura specialistica di ambito medico".

Per Montermini portatore sano sarebbe stata espressione "troppo poco tecnica" e anche "troppo rassicurante", rispetto ad asintomatico invece dizione "più neutra e priva di connotazioni particolari".

A me sembra invece che asintomatico è termine opaco, ed eufemistico rispetto a portatore sano, a sua volta un pò contraddittorio perché indicante a un tempo (i) "portatore di un virus" e quindi 'ammalato' ma (ii) "sano" per chi? per il portatore o per gli altri? In realtà ci si trova dinanzi a un individuo contagiato, pericoloso potenzialmente per sé e soprattutto per gli altri (anziani ecc.). Quasi un "untore potenziale", una "bomba ad orologeria".

 4.1. Una esemplificazione giornalistica

Riportiamo solo alcuni ess. giornalistici di asintomatico, tratti da "Il Fatto Quotidiano":

 (i) "il virologo di Padova che a gennaio era l’unico a concentrarsi sugli asintomatici" (mercoledì 16 sett. 2020 p. 8).

(ii) "va valutato lo smart working per gli asintomatici che restano a casa perché positivi" (sabato 5 sett. 2020 p. 7).

(iii) "si aggiungono i non rilevati, asintomatici, poco sintomatici ma comunque non certificati da tampone e contagiosi che sono dal doppio al quadruplo a seconda delle stime" (sabato 21 marzo 2020 p. 4).

(iv) “Ma a fronte di una incubazione che può durare fino a due settimane, i soggetti più pericolosi –spiega il giovane ortopedico – sono proprio gli asintomatici. È così che medici e infermieri si infettano tra loro, che contagiano pazienti e viceversa" (ibid.)

(v) "Anche uno studio cinese, pubblicato dalla rivista Lancet, conferma che gli asintomatici sono i più rischiosi" (sabato 21 marzo 2020 p. 9).

 Un uso aggettivale:

 (vi) "Tutti puntano l’indice contro l’articolo 7 del decreto del 9 marzo del premier Giuseppe Conte: impone

al personale sanitario asintomatico di non interrompere il lavoro anche se è entrato in contatto con un

soggetto a rischio o positivo, anche senza tampone" (ibid.).

 E due neo-composti:

 (vii) "Per quanto riguarda Milano, mi risulta da più testimonianze, anche di medici, che quelli che potremmo

definire parasintomatici o iposintomatici si sentono negare il tampone con inviti ad attendere il corso degli eventi" (sabato 21 marzo 2020 p. 12).

4.2. Neologismi à gogo

Due cari amici mi segnalano altri neologismi meritevoli di ulteriori ricerche:

 (i) "tra i neocomposti manca paucisintomatico diffuso dal mio collega Brusaferro che presiede l’is sup. di Sanità".

(ii) "Colgo l'occasione per segnalarle antisintomatico".

(iii-iv) "e mi voglio rovinare con questi altri composti ipersintomatico e metasintomatico".

         (v) "fra le neoformazioni ci sono i paucisintomatici, con suffisso latino, e gli oligosintomatici. Ma chi ha la precedenza cronologica?"

 5. L'asintomatico: una scelta lessicale "ideologica"

La scelta del termine asintomatico con la sua opacità si configura alla fine come un eufemismo, falsamente rassicurante, che tende a nascondere i pericoli per sé e per gli altri, appunto degli individui definiti 'asintomatici'. Si tratta insomma di una scelta lessicale "ideologica".

 Sommario

1. L'evento              

2. Il significato linguistico di asintomatico

2.1. L'asintomatico in quanto "pre-sintomatico"

3. Asintomatico sì, ma pericoloso per gli altri

3.1. Gli asintomatici sono malati o no?

4. Asintomatici o portatori sani?

4.1. Una esemplificazione giornalistica

4.2. Neologismi à gogo

5. L'asintomatico: una scelta lessicale "ideologica"




 

2 commenti:

michele grillo ha detto...

Egregio professor Sgroi,
mi permetto di esprimere il mio modestissimo parere sul punto 5. Sulle questioni puramente linguistiche non oserei contestare non essendo io un addetto ai lavori. Ammiro molto in Lei , prescindendo dalla Sua grande competenza , professionalia`ed erudizione,l`aspetto sincronico e quindi non troppo neopuristico dell ` uso della lingua che Lei sostiene e promuove e che si evince nel leggere le Sue pur dottissime considerazioni.Ritornando al punto 5, sull ` uso "ideologico "di asintomatico , credo che tale uso non voglia essere rassicurante. Non a caso forse, asintomatico ha scalzato per esempio portatore sano, che mi sembra meno "preoccupante" di asintomatico. Non so dirle in concreto per quale motivo sia stato scelto il termine asintomatico , ma posso dirLe che il suo uso potrebbe essere si`ideologico , ma in un altro senso , opposto al Suo, in quanto la narrativa mediatica sulla pandemia e` stata fin dall`inizio tesa a far preoccupare o addirittura a terrorizzare piu` che a rassicurare. Lei scrive " falsamente rassicurante". Ne deduco che Lei pensi che la narrativa mediatica voglia in sostanza tranquillizzarci ,ma che il termine asintomatico invece non renda bene la reale pericolosita`del virus? Forse ci sarebbe bisogno di un termine piu`incisivo che inconsciamente non ci faccia "sottovalutare" la sua forza virale?

Cordiali saluti

Michele Grillo

Salvatore C. Sgroi ha detto...

Egregio Signor Grillo,
cerco di chiarire ulteriormente il mio punto di vista su "A-SINTOMATICO (positivo)" riguardo alla connotazione positiva (per lei) e negativa (o "ideologica") per me del termine.
Per Lei "A-SINTOMATICO" è un termine positivo in quanto tranquillizzante e non terroristico riguardo al problema della contagiosità del covid. La connotazione positiva è probabilmente dovuta sia al fatto che si tratta di un termine del linguaggio scientifico (oltre che essere un americanismo), sia al fatto che focalizza la mancanza del pericolo di contagio che non esisterebbe (indicata dal prefisso negativo "a-").
Io invece contesto proprio tale connotazione positiva, tranquillizzante di "A-Sintomatico" -- che è diffusa e dominante --, perché fa dimenticare che gli "a-sintomatici" sono stati contagiati dal virus, che al momento non crea a loro problemi, ma che è come "una bomba a orologeria" pronta a esplodere per gli altri (soprattutto gli anziani, o chi presenta problemi per altre infermità).
Nella "narrativa mediatica", io mi schiero decisamente con quanti come il prof. Massimo GALLI si mostra criticamente attento ai pericoli del contagio, e non già con chi come Alberto Zangrillo ha sostenuto che il "covid è clinicamente morto" (!).
Lei alla fine ha perfettamente capito la mia posizione, che cioè "la narrativa mediatica voglia in sostanza tranquillizzarci ,ma che il termine 'A-sintomatico' invece non renda bene la reale pericolosità del virus".
Quanto al "bisogno di un termine più incisivo che inconsciamente non ci faccia 'sottovalutare' la sua forza virale", da lei auspicato, è una possibilità che dovrebbe essere fatta propria dagli stessi medici.
Salvatore Claudio Sgroi