Riprendiamo il nostro viaggio attraverso l’immensa foresta del
vocabolario della lingua italiana alla scoperta di parole di uso comune il cui
significato “vero” è nascosto. Prendiamo, per esempio, il verbo “scappare”. Chi
non conosce il significato “scoperto”? Scappare significa - e lo sappiamo per
“pratica”, per esperienza - “allontanarsi velocemente per sfuggire qualcosa o
qualcuno”: i malviventi, vedendo la polizia, scapparono a gambe levate.
Bene. Questo il significato “scoperto”. E quello “nascosto”?
Quello, cioè, insito nella parola, piú esattamente “all’interno” del verbo? È
piú semplice di quanto si possa immaginare. La persona che scappa,
metaforicamente, “si toglie la cappa” (il mantello) per essere piú libera nei
movimenti. Sotto il profilo etimologico “scappare” è formato con il prefisso
sottrattivo “s-” e il sostantivo “cappa”; è un verbo denominale quindi, e vale,
appunto, “togliersi la cappa” per fuggire piú rapidamente e per non farsi
prendere dai lembi del mantello (o cappotto)”. È l’opposto di “incappare” che,
oltre all’accezione primaria di “indossare la cappa”, significa anche
“incorrere in pericoli, in insidie, in errori”: incappò nei rigori della legge.
Anche questo è un verbo parasintetico derivando da un sostantivo con l’aggiunta
di un prefisso,
per l’esattezza il sostantivo cappa e il prefisso “in-”, e propriamente
significa “andare a cadere in qualcosa che avvolge come una cappa”.
Scappare, per assonanza, ci ha richiamato alla mente il verbo
“scampare” il cui significato è chiarissimo: “sfuggire a un pericolo”,
“salvarsi”, “rifugiarsi”: pochi scamparono dal naufragio; scampò in un paese
straniero. Anche questo verbo ha un significato “nascosto”: colui che scampa a
un pericolo “esce da un campo di battaglia”. È composto, infatti, con il
prefisso “s-” e il sostantivo “campo” e propriamente vale “uscire salvo dal
campo (sottinteso “di battaglia”) ”. Quanto all’ausiliare, a seconda del
contesto, può prendere tanto ‘essere’ quanto ‘avere’.
***
Due parole sul corretto uso di oltre. Quando significa "di là da" si unisce direttamente al sostantivo tramite l'articolo (senza alcuna preposizione): la casa che cerchi è oltre il fiume. Quando sta per "per di piú" richiede la congiunzione "che" o la preposizione "a": Luigi oltre che / a non capire nulla vuole avere ragione sempre. In funzione di prefisso si salda, generalmente, alla parola: oltretomba.
Due parole sul corretto uso di oltre. Quando significa "di là da" si unisce direttamente al sostantivo tramite l'articolo (senza alcuna preposizione): la casa che cerchi è oltre il fiume. Quando sta per "per di piú" richiede la congiunzione "che" o la preposizione "a": Luigi oltre che / a non capire nulla vuole avere ragione sempre. In funzione di prefisso si salda, generalmente, alla parola: oltretomba.
***
Ci piacerebbe conoscere il motivo per cui buona parte dei
vocabolari (forse tutti) ammette/ ammettono due forme plurali per il sostantivo
"roccaforte" (roccheforti e
roccaforti) e una sola per
"cassaforte" (casseforti).
Eppure i vocaboli in oggetto sono composti entrambi di un sostantivo (rocca,
cassa) e di un aggettivo (forte) e i sostantivi cosí formati nel plurale mutano
la desinenza di entrambi i termini. Perché, dunque, roccaforte può mutare, nel
plurale, solo la desinenza dell'aggettivo?