di Salvatore Claudio Sgroi
1. Reazioni dei lettori
La lettura del nostro breve intervento 217 Il congiuntivo? Un modo a-semantico, malgrado le apparenze, di venerdì 14 novembre 2025, da parte di (18) amici e colleghi ha suscitato, com’era naturale, reazioni diverse tra condivisioni, obiezioni, riserve, incertezze.
2. Condivisioni
La differenza di significato tra due frasi era stata spiegata attribuendola non al cong. ma al diverso valore del che:
(1).. «Il consiglio di amministrazione è composto di 11 esperti del ramo che [‘tali che’] garantiscano un’attività irreprensibile», dove il cong. indica un “possesso [che] va verificato”, rispetto (1.a) all’indic. «Il consiglio di amministrazione è composto di 11 esperti del ramo che [‘i quali’] garantiscono un’attività irreprensibile».
(2).. «Il veterinario cantonale è tenuto a cercare apicoltori che [‘tali che’] accettino di utilizzare Apinella»”, rispetto (2.a) all’indic. «Il veterinario cantonale è tenuto a cercare apicoltori che [‘i quali’] accettano di utilizzare Apinella», ovvero “apicoltori che già usano quel sistema”.
Ma avevo anche ipotizzato che le due frasi potessero avere lo stesso significato: quella con il cong. essendo di registro formale, rispetto a quella con l’indicativo di registro informale.
Alla nostra domanda posta ai 18 lettori “Convincente la tesi della diversa semantica legata al pronome (che) e non al cong.?” la condivisione è stata piena in 8-10 casi su 18 da parte di:
Lettore n. 1: “bello! sì molto”.
Lettore n. 2: “Per me è convincente, ma mi sa che a lavare la testa/le orecchie all'asino si perde il ranno e il sapone”, con mia risposta “proprio così”.
Lettore n. 3: “Convincente”.
Lettore n. 4: “Sì, mi convince”.
Lettore n. 5: “Per me sì”.
Lettore n. 6: “Mi sembra di sì”.
Lettore n. 7: “Caro Salvatore hai tutta la mia solidarietà. Nell'articolo che allego, nato da un convegno al quale eri presente, […], sostengo una tesi simile alla tua: in certi casi, la datità del referente dipende da altri fattori ed è indifferente al modo: per esempio, il verbo leggere a p. 120. Il § che ti interessa è 3.2.4, p. 118”.
Una condivisione tacita quella del Lettore n.8: “Sempre interessante quello che scrivi”.
E del Lettore n. 9: “Grazie”.
2.1. Condivisione non immediata
Una condivisione, come dire, non immediata è stata quella del lettore n. 10:
“La spiegazione è interessante. Però dal punto di vista semantico potrei avere anche un italiano burocratico di questo tipo:
Si nomini una commissione paritaria composta di cinque esperti. I cinque esperti garantiscono l'obiettività della decisione. Oppure: I cinque esperti garantiscano l'obiettività della decisione”.
Seguita dalla mia risposta: “ma tu cambi le carte in tavola! I tuoi ess. riguardano il cong. INDIPENDENTE (e quindi è come dici tu). Io invece mi riferisco sempre al CONG. dipendente”.
Con pronto ravvedimento del lettore: “Ah, allora la tua tesi si rafforza”.
3. Lettori a favore del cong. semantico
Altri lettori (2-3 su 18) si sono invece dichiarati d’accordo con l' analisi di Michele A. Cortelazzo che riprendeva quella di Giovanni Bruno.
3.1. Lettore n. 11: “no, per nulla”
Così il lettore n. 11 ha nettamente risposto, sostenendo il carattere semantico del congiuntivo dipendente:
“No, per nulla. Semmai è il contrario: la semantica del congiuntivo suggerisce una diversa lettura del pronome relativo.
Ma, ovviamente, ciò presuppone che, nella propria grammatica, il congiuntivo abbia un preciso ruolo. Per le varietà di italiano in cui il congiuntivo è, se non morto, quanto meno morente (perché lo si sente usare da altri, ma non lo si usa produttivamente) il valore dell'opposizione grammaticale (semantica!) non è percepito. Il che comporta che la differenza fra 'potenzialità' e 'attualità', sottesa alle due versioni degli esempi, si ribalta sul piano dell'interpretazione pragmatica.
Sarai contento se ti dico che, il non avere il congiuntivo nel proprio repertorio attivo, non comporta una diminuita capacità di cogliere le sfumature comunicative. Resta però il problema di trasmetterle. Se non si ha l'opposizione grammaticale, si può soltanto sperare che l'interlocutore capisca (pragmaticamente) le intenzioni. Per cui... auguri! Also sprach [lettore n. 11]”.
3.2. Lettore n. 12 Un “fanatico del congiuntivo”
Il lettore n. 12 ha dichiarato: “Quale vecchio fanatico del congiuntivo e preoccupato dell'impoverimento della lingua, ho molto apprezzato l'articolo che mi hai inviato poichè mette in evidenza come, in alcuni casi (vedi esempi), l'uso o il non uso cambi il significato della frase”.
Così da me precisato: “io sostengo che a cambiare il sign. della frase non è il Cong. in sé ma il pronome "che" col valore ora di relat. 'il quale' (+ indic.) ora col valore consec. 'tale che' (+ cong.)”.
A sua volta così commentato dal citato lettore: “Capisco le tue motivazioni e va bene anche il perché con il significato di ‘affinché’ (ormai ci siamo abituati e lo usiamo), ma all'uso di che con il significato di ‘tale che’ mi devo ancora abituare. Forse accadrà! Ciao”.
4. Lettore n. 13: indivisibilità del relativo e del congiuntivo
Per il lettore n. 13 c’è indissolubilità del relativo e del congiuntivo: “la relativa con valore consecutivo a mio parere si fonda sull’associazione indivisibile di tutti e due gli elementi e cioè sia il che sia l’uso del congiuntivo
che garantiscano
che accettino”.
Risposta così da me commentata: “sì, ma la Testa è "il (tale)che". e devi tener conto della defin. generale del cong. in quanto modo a-semantico, altrimenti introduci eccezioni ovvero contraddizioni”.
5. Lettore n. 14: indivisibilità del relativo e del congiuntivo sì, ma innanzitutto piena semanticità del cong.
ll lettore n. 14, che si richiama anche all’etimologia del relativo e della congiunzione, ha sostenuto non solo il loro legame indivisibile, ma ha sottolineato la piena semanticità del cong. dipendente:
“Non molto, per la verità. Posto che il che nasce com'è noto polivalente (< QUID), e dunque, già nel latino volgare, atto sia alle relative proprie sia a quelle improprie (consecutive, finali ecc.), evidentemente a un certo punto il valore si specializza (non sempre: tende a specializzarsi) in base al modo. Posto che il che è sempre il medesimo (cioè la medesima forma), è chiaro che la distinzione tra i due costrutti (relativo e consecutivo) stia appunto nel costrutto, cioè nell'insieme, Connettivo + Modo verbale. Ma dato che il connettivo è lo stesso, la risposta mi pare che non possa essere altro che "è solo il modo che distingue i due costrutti" (visto che il connettivo è lo stesso, pur con molteplici valori). Ciò detto, è chiaro che il mio discorso si riferisce qui all'italiano standard (ovvero all'italiano formale), senza nulla vietare che in altre varietà di italiano possa esistere (come esiste) una consecutiva coll'indicativo”.
L’A. estende anzi la sua analisi al perché (finale e causale): “Piuttosto, io estremizzerei il discorso di Cortelazzo, e il tuo, portandolo, per coerenza argomentativa, alle estreme conseguenze. Posto che anche perché (< PER QUID) nasce come polivalente, già nel latino volgare, allora che nel caso di finale/causale io direi che non è il perché 1 e il perché 2 (dato che il perché è uno solo, non due, formalmente ed etimologicamente) a distinguere i due valori, sibbene il modo verbale (congiuntivo/indicativo).
L'unica obiezione al mio discorso potrebbe essere la seguente: lo statuto di specializzazione, di distinzione, tra perché 1 e perché 2 è molto più accentuato e precoce (cioè grammaticalizzato, di sistema) di quello di che 1 (relativo) e che 2 (consecutivo), quindi ha senso distinguere tra loro le due serie di processi. Infatti, mentre esistono casi effettivamente indecidibili, sfumati, tra valore relativo e valore consecutivo, non può dirsi altrettanto per valore finale e valore causale (anche il contesto è dirimente, in questi casi).
Riassumendo, mi spiace ma sono d'accordo più con Cortelazzo che con te, anche se porterei il discorso alle estreme conseguenze, come ho provato a fare qui alla svelta. Un caro saluto”.
Obiezioni che io ho così contestato, richiamandomi come nel caso del lettore n. 13, a un principio di coerenza teorica di definizione prioritaria del cong. dipendente:
“Però quello che tu dimentichi è la definiz. fondamentale, prioritaria, del CONG. dipendente in quanto MODO A-SEMANTICO. La tua conclusione costituisce una eccezione a tale primaria definiz. e quindi una contraddizione”.
Senza peraltro scalfire le convinzioni del mio interlocutore, che a sua volta ha così risposto: “Uhm, caro Salvatore, non mi persuadi mica tanto. Non credo che il congiuntivo dipendente sia sempre sempre sempre assolutamente asemantico, mi spiace”.
Con una ulteriore esemplificazione: “Tutti gli italiani ammetterebbero che penso che è / penso che sia si distinguano solo per il registro, ma su dubito che viene / dubito che venga no: fai un test e dimmi chi ti dice che "dubito che viene" sia italiano. Analogamente su *Temo che è tardi. Certi verbi selezionano SOLO il congiuntivo (in italiano standard), rassegnati. Voglimi bene”.
Ulteriore mio commento: I due ess. dubito che viene, temo che è tardi sono certamente propri dell’italiano popolare. Ma questo non scalfisce la a-semanticità del cong. dipendente.
6. Il lettore n. 15 “gatto che si morde la coda”
“Ho riflettuto sulla tua questione. Non sono sicuro che si possa dare una spiegazione univoca, perché mi pare che alla fine si tratti di una specie di ragionamento circolare (niente di male in questo, nell'analisi linguistica può succedere). Intanto diciamo che il tuo caso non è l'unico: quello forse più significativo riguarda il valore di perché, causale o finale. Ecco due esempi:
Gli ho dato i soldi perché mi compra ogni giorno il giornale
Gli ho dato i soldi perché mi compri ogni giorno il giornale
Anche in questi casi è il modo verbale che disambigua l'interpretazione.
Naturalmente anche qui possiamo dire che ci sono due perché, uno causale e uno finale, anzi è così senz'altro. Il fatto è che però è proprio l'alternanza di indicativo / congiuntivo che ha appunto il compito di disambiguare. E il valore semantico connesso con i due modi non è irrilevante: l'indicativo indica fattualità e quindi è coerente con l'interpretazione causale, il congiuntivo invece non indica fattualità ed è coerente con l'interpretazione finale.
Insomma mi pare diverso da un caso come quello per es. del congiuntivo tematico, tipo Mi dispiace che sia partito, in cui abbiamo solo un caso di subordinazione senza effetti semantici (la sua partenza è ovviamente fattuale), oppure i casi di congiunzioni / introduttori con un significato preciso (purché, sebbene, ecc.) che reggono il congiuntivo (ma anche se regge l'indicativo).
Insomma, è difficile dire se il congiuntivo c'è perché retto da che consecutivo o perché finale, o viceversa che il che ha interpretazione consecutiva e il perché ha interpretazione finale perché c'è il congiuntivo. Gatto che si morde la coda, appunto. Altro non so dire. Ciao”.
Anche in questo caso, se è vero che il cong. è un modo a-semantico, come dimostrano proprio gli ess. da lui ricordati (mi dispiace che sia partito e le concessive con purché/sebbene + cong.), la coerenza teorica della definizione di fondo del cong. suggerisce di attribuire al perché (finale) + cong. il valore della non-fattualità”.
7. Lettore n. 16 “noto vs sconosciuto” (pragmaticamente)
Il lettore n. 16 ha ampliato la casistica, introducendo un criterio diverso (indicativo “noto” vs congiuntivo “sconosciuto”):
“secondo me la faccenda è un po' più complessa e andrebbe verificata prendendo in esame casi in cui l'introduttore della subordinata non abbia funzione di soggetto, come i seguenti:
1.Cerco delle persone su cui posso fare affidamento
2.Cerco delle persone su cui io possa fare affidamento
Mi sembra che, mentre nel caso di (1) si tratta di persone che mi sono note, e che semplicemente non riesco a trovare in questo momento, in (2) non conosco ancora persone che abbiano (notare il congiuntivo!) questa qualità e mi sto attivando per trovarne.
La differenza quindi (a mio parere) non sta nel significato di "che", ma nel valore (noto vs. sconosciuto) dell'antecedente della relativa”.
A mio giudizio, anche nella 1 (con l’indic.) le persone possono essere “sconosciute” come nella 2. Ovvero possono essere “note” solo pragmaticamente non già grammaticalmente.
Le due frasi hanno invero lo stesso significato, la 1.con l’indic. essendo informale rispetto alla 2, formale, con il cong.
8. Lettore n. 17: differenza stilistica
Una lettura ampia e articolata [i] sul piano della psicologia cognitiva, [ii] sul piano linguistico, e cfr. con l’inglese, è quella del lettore n. 17:
[i] “mi viene voglia di basare la mia risposta sulla mia sensibilità (da non esperto) della psicologia cognitiva. C'è differenza semantica tra i due esempi? Citando un tuo conterraneo "così è se vi pare". Se un nativofono colto si mette in testa che una differenza c'è e fa in modo di coglierla nel suo uso quotidiano della lingua, quella differenza per lui (o per lei, o per loro, per carità!) esisterà. Punto. Significa ciò che la differenza esiste per tutti? Assolutamente no. Dal punto di vista cognitivo, però, ho l’impressione che questa distinzione non sia realmente accessibile alla maggioranza dei parlanti. Quando una sfumatura non è percepita in modo condiviso, la mente tende ad attribuirla all’elemento più “visibile”, e in questo caso il candidato ovvio è il modo verbale. Per i parlanti che credono di cogliere una differenza, quella differenza esiste nella loro rappresentazione mentale ma per molti altri no (sempre a mio parere, si intende).
È come inventarsi un neologismo. Nel 99% dei casi finisce nel dimenticatoio, ma in qualche raro caso (uso in TV, o in una canzone, o su un post sui social andato virale), quell'uso entrerà nella lingua viva, informale all'inizio e poi in pianta stabile invadendo anche i registri più alti. Questo uso così sfumato del congiuntivo di Cortelazzo lo capisco e ha un suo senso, ma non penso che si possa dire che sia un italiano totalmente standard.
[ii] Trovo il tuo approccio più scientifico e fondamentalmente più corretto. Il valore semantico del congiuntivo, se c'è, è una di quelle sfumature destinate a perdersi, tanto più in un periodo in cui i costrutti della lingua italiana scivolano verso quelli dell'inglese senza che la gente manco se ne renda conto. Per me la prova del nove arriva quando provo a tradurre in inglese. In questo caso, la differenza si perde nella traduzione, a mio parere, a meno di non volere fare voli pindarici per esprimere quella sfumatura cambiando la frase. Ecco la traduzione che propongo: The board consists of 11 experts who ensure flawless operations. Ogni tentativo di recuperare la sfumatura di Cortelazzo richiederebbe una parafrasi artificiale.
[iii] Tante parole, ma mi rendo conto di non aver risposto alla tua domanda. Provo a pensarci meglio (sono abbastanza incasinato col lavoro). Per me l'esempio migliore di chi afferma che il congiuntivo ha valore semantico è: Ammette che la moglie lo tradisce<=> Ammette che la moglie lo tradisca. In effetti c'è lo zampino di "che" anche in questo esempio. Stai dicendo che sono due "che" diversi?”.
Provo a rispondere a queste diverse domande:
(i). Condivido quanto sostenuto a livello psicologico (a parte il rilievo all’italiano “non totalmente standard”). (ii) La equivalenza semantica (formale il cong. e inform. l’indic.) delle due frasi è indirettamente suggerita dalla traduzione in inglese. (iii) Dei due ess. (1) Ammette che la moglie lo tradisce e (2)Ammette che la moglie lo tradisca l’es. col cong. è per me innaturale (non lo direi mai). Per chi li realizza, credo che debbano avere lo stesso significato, e quindi si differenziano solo stilisticamente (indic. informale vs cong. formale). Non riconoscerei la presenza di un che con duplice significato.
9. Lettore n. 18: sospensione
Il lettore n. 18 si riserva di studiare il caso: “la risposta potrebbe venire esaminando a fondo il giusto esempio dei due perché. La selezione del modo con la stessa congiunzione è regolata dai due diversi valori della stessa o è la selezione del modo ad attribuirglieli? Bel caso Ciao”.
Questa la mia risposta: “Il parlante PRIMA sceglie la CONGIUNZIONE (con il sign.) e POI quanto modo a-semantico, altrimenti si introducono eccezioni in maniera contraddittoria”.
10. A-asemanticità del cong. dipendente in tutti i casi per coerenza teorica
Per concludere, se si contesta l’opposizione tradizionale del cong. modo della incertezza, non-fattualità vs indic. modo della certezza, come è dimostrato da ess. quali Credo che Dio esista (detto da chi è credente, preti in primo luogo), Mi dispiace che stia male (ed è un dato di fatto), Il fatto che stia male mi è molto dispiaciuto; Che abbia detto la verità, ne sono sicuro, riconoscere tale a-asemanticità di fondo è suggerito, come più volte su ribadito (lettori nn. 13-14-15-18), dalla opportunità di una coerenza teorica di tale definizione, scartando le eccezioni, che alla fine costituirebbero delle contraddizioni.
Sommario
1. Reazioni dei lettori
2. Condivisioni
2.1. Condivisione non immediata
3. Lettori a favore del cong. semantico
3.1. Lettore n. 11 “no, per nulla”
3.2. Lettore n. 12 Un “fanatico del congiuntivo”
4. Lettore n. 13 indivisibilità del relativo e del congiuntivo
5. Lettore n. 14 indivisibilità del relat. e del cong. sì, ma innanzitutto piena semanticità del cong.
6. Lettore n. 15 “gatto che si morde la coda”
7. Lettore n. 16 “noto vs sconosciuto” (pragmaticamente)
8. Lettore n. 17 differenza stilistica
9. Lettore n. 18 sospensione
10. A-asemanticità del cong. dipendente in tutti i casi per coerenza teorica
Altre pubblicazioni di Salvatore Claudio Sgroi:
Per una grammatica ‘laica’. Esercizi di analisi linguistica dalla parte del parlante, Torino, Utet 2010
Scrivere per gli italiani nell'Italia post-unitaria, Firenze, Cesati 2013
Dove va il congiuntivo? Ovvero il congiuntivo da nove punti di vista, Torino, Utet 2013
Il linguaggio di Papa Francesco. Analisi, creatività e norme grammaticali, Città del Vaticano, Libreria Editrice Vaticana 2016
Maestri della linguistica otto-novecentesca, Alessandria, Edizioni dell'Orso 2017
Maestri della linguistica italiana, Alessandria, Edizioni dell'Orso 2017
Saggi di grammatica 'laica', Alessandria, Edizioni dell'Orso 2018
(As)saggi di grammatica 'laica', Alessandria, Edizioni dell'Orso 2018
Gli Errori ovvero le Verità nascoste, Palermo, CSFLS 2019
Dal Coronavirus al Covid-19. Storia di un lessico virale, Alessandria, Edizioni dell'Orso 2020
Saggi scelti di morfologia lessicale, Roma, Il Calamo 2021 [ma 2022]
Saggi di morfologia teorica e applicata, Roma, Il Calamo 2021 [ma 2022]
La lingua italiana del terzo millennio tra regole norme ed errori, pres. di Claudio Marazzini, Torino, UTET, 2024
Il Papa è infallibile. Lo dice la grammatica, pres. di Franco Coniglione, Firenze, Accademia della Crusca 2025
Le parole di papa Francesco. E le prime parole di papa Leone XIV, ed. Libreria Universitaria, 2025

4 commenti:
Lettore n. 15 “gatto che si morde la cosa”: apprendo un nuovo modo di dire.
Si tratta di un refuso, prontamente corretto grazie alla sua segnalazione.
FR
Il refuso è stato corretto nel titolo, ma non nel testo: nel penultimo capoverso è pure sottolineato.
Corretto. Grazie
Posta un commento