giovedì 13 novembre 2025

Stesso o medesimo? Questo è il dilemma

 

Quante volte ci siamo chiesti – quando scriviamo, soprattutto - se “stesso” e “medesimo” siano davvero sinonimi? A prima vista sembrano intercambiabili, e in molti casi lo sono. Ma come spesso accade nella lingua italiana, dietro l’apparente semplicità si nasconde un mondo di sfumature, registri e intenzioni. In queste noterelle esploriamo le origini, gli usi e le differenze tra questi due lessemi, per imparare a usarli con maggiore consapevolezza e stile.

Nel cuore della questione c’è l’identità: entrambi i sintagmi servono a indicare che due elementi coincidono, che sono uno e lo stesso. Ma il modo in cui lo fanno, e il contesto in cui si muovono, cambia profondamente.

Sotto il profilo etimologico, stesso deriva dal latino ipsus, forma rafforzata di ipse, e ha mantenuto una funzione duplice: da un lato indica identità, dall’altro rafforza il soggetto. È un pronome/aggettivo duttile, che si adatta bene al registro colloquiale e che troviamo con naturalezza nel parlato quotidiano. Medesimo, invece, ha un’origine più articolata: proviene dal latino metipsimus, forma superlativa intensiva di ipse, e ha un sapore più solenne, quasi arcaico, che lo rende più adatto a contesti formali, burocratici o letterari.

Quando “stesso” e “medesimo” seguono un articolo determinativo (il, la, lo) o un aggettivo dimostrativo (questo, quello), il loro significato è puramente identificativo: indicano che due elementi coincidono, che si tratta della medesima entità, situazione o qualità. In questo contesto i due termini sono perfettamente intercambiabili, e la scelta tra l’uno e l’altro dipende esclusivamente dal registro stilistico:

  • Hanno avuto la stessa idea significa che entrambi hanno pensato la medesima cosa, senza alcuna differenza tra le due idee.

    Hanno avuto la medesima idea esprime esattamente lo stesso concetto, ma con un tono più formale o ricercato.

Allo stesso modo:

  • Quel ragazzo ha lo stesso problema indica che il problema è identico a quello di qualcun altro.

    Quel ragazzo ha il medesimo problema comunica la stessa informazione, ma con una sfumatura più elevata, quasi burocratica.

In questi casi, “stesso” e “medesimo” non aggiungono enfasi né coinvolgimento personale: si limitano a stabilire un’identità oggettiva tra due elementi. È il contesto ideale in cui i due pronomi/aggettivi si comportano da veri sinonimi.

La differenza si fa più marcata quando seguono un nome o un pronome personale. In questi casi, “stesso” assume un valore rafforzativo, indicando che l’azione è compiuta in prima persona o da chi è direttamente coinvolto:

  • Il re stesso ha combattuto → significa “il re in persona”

    Io stesso l’ho visto → significa “proprio io”

In questi esempi, sostituire “stesso” con “medesimo” sonerebbe forzato, arcaico o addirittura comico. “Medesimo” non ha la stessa forza enfatica e non si presta a sottolineare la presenza diretta del soggetto.

Anche il registro linguistico ha un ruolo importante. “Medesimo” è più formale, spesso impiegato in ambiti giuridici, amministrativi o letterari:

  • Il sottoscritto dichiara che il medesimo ha preso visione del documento.

“Stesso”, invece, è più comune e colloquiale, adatto alla lingua parlata e alla scrittura quotidiana: lo troviamo nei dialoghi, nei giornali, nei messaggi informali.

In definitiva – e concludiamo queste noterelle - “stesso” e “medesimo” sono due facce della stessa medaglia: condividono il significato di identità, ma si distinguono per origine, funzione e tono. Usare “stesso” significa scegliere la via diretta, enfatica, quotidiana; usare “medesimo” significa optare per un registro più elevato, formale, talvolta solenne. Saperli distinguere e impiegare con consapevolezza è un segno di padronanza linguistica, oltre che di stile.

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Nel regno delle parole, tra il serio e il faceto,

vivono “Stesso” e “Medesimo”, simili… ma non identici, amico!

“Stesso” vuol dire uguale, ma non identico in sé,

è una copia, un modello, che somiglia a te.

Se dico: “Ho lo stesso zaino di Luca”,

è uno uguale al suo, ma non quello lì, senza trucco!

“Medesimo” è più forte, più chiaro, più diretto:

indica proprio quello, preciso e perfetto.

Se dico: “Abbiamo il medesimo maestro”,

è lo stesso uomo, non uno simile, è certo!

“Stesso” si usa spesso, è più quotidiano,

“Medesimo” è più raro, quasi da sovrano.

Uno è fratello, l’altro cugino, simili sì,

ma con destino distinto e divino!

Quindi ricorda, mio caro amico, con mente sveglia:

“Stesso” è simile, “Medesimo” è quella meraviglia

che indica proprio l’identico oggetto,

non uno simile, ma lo stesso perfetto!


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Gonna: storia di una parola e di un indumento - Un capo senza tempo che attraversa lingue, culture e secoli, trasformandosi da simbolo di tradizione a icona di stile


C
hissà se le nostre gentili lettrici che ancora preferiscono indossare la classica gonna invece dei pantaloni conoscono il significato del termine. Vediamo assieme l’origine del nome e la storia dell’indumento.

La gonna, dunque, ha una storia linguistica affascinante. Deriva dal francese antico gone o gonelle, che indicava una veste lunga e ampia. Queste forme risalgono al latino medievale gunna. Secondo il Vocabolario Treccani, si tratta di una voce di origine celtica o, secondo altre opinioni, iranica (lat. tardo gŭnna). Altri etimologisti hanno proposto un collegamento con il latino genu (ginocchio), in quanto la gonna ricopre proprio questa parte del corpo. È curioso notare come una parola così quotidiana porti con sé un viaggio che attraversa lingue e popoli, dalle antiche tribù celtiche fino alle corti medievali europee.

In italiano, la parola si è cristallizzata nel significato moderno di “indumento femminile che copre dalla vita in giù”, distinguendosi dai pantaloni e mantenendo un forte valore simbolico legato alla femminilità e alla tradizione.

La gonna, nelle sue infinite varianti, ha attraversato i secoli: dalle lunghe vesti medievali alle crinoline ottocentesche, fino alle minigonne rivoluzionarie degli anni Sessanta. Ogni epoca l’ha reinterpretata, trasformandola in un segno di status, di eleganza o di ribellione.

Oggi non è più soltanto un simbolo di tradizione, ma un capo versatile che si adatta a stili e occasioni diverse: dalla sobria gonna a tubino da ufficio, alla leggera gonna estiva, fino alle versioni più audaci e moderne. E dietro a questo semplice indumento continua a vivere una parola che porta con sé secoli di storia, di cultura e di costume.






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