Lanaia - 5 - Baiardo: un francesismo diffuso nei dialetti italiani e nell’italiano regionale letterario della Sicilia
di Alfio
Lanaia
1.L’evento giornalistico
Nel
bell’articolo di S.C. Sgroi, La festa di
Sant’Agata tra “candelore”, “fercolo” e “baiardo”, pubblicato in questo blog il 6 febbraio scorso, si
parla di baiardo, «termine decisamente opaco […] micro-regionalismo siciliano che il grande Voc. Sic. registra
come bbaiardu con un duplice significato: (i) “fercolo,
piedistallo munito di stanghe su cui vengono trasportate a spalla statue di
santi nelle processioni” e (ii) “a Catania, ciascuna delle stanghe del fercolo”».
2. La
ricchezza semantica del sic. bbaiardu
Nel libro di
Berardino Palumbo, Pregare i santi. Inchini rituali e pratiche mafiose
(Bologna 2020, Marietti, ed. digitale), si dice in nota che «parte importante
del fercolo è il baiardo, ossia una struttura di travi di legno, spesso
imbottite, che viene a contatto con le spalle e/o le mani dei portatori». Altri
significati, registrati dal Voc. Sic. sono: a) “strumento portatile fatto di
tavole per comprimere la vinaccia sotto il torchio”; b) “legno pesante di forma
circolare con quattro manici che, spinto in basso dalla madrevite, spreme il
pastone delle ulive macinate o delle vinacce”; c) “madrevite”; d) “treggia”; e)
“barella”; f) “cataletto su cui si trasporta la cassa da morto”. Vi è, inoltre,
il modo di dire scherzoso, ora scomparso dall’uso, purtari na puntiḍḍa di
bbaiardu “camminare barcollando, di ubbriaco”. Con allargamento
dell’infisso, -al-, troviamo infine la var. bbaialardu “madrevite”,
“barella”, “fercolo”, “uomo alto, corpacciuto e quasi scemo” ecc.
3.Il baiardo come regionalismo
letterario
Grazie a Google libri è possibile rintracciare gli usi
letterari di baiardo in un giallo Mondadori, La profezia degli
incappucciati di Roberto Mistretta (2019). Citiamo, fra i tanti, i seguenti
esempi dall’edizione digitale che non riporta i numeri di pagina:
a)Il baiardo era un capolavoro ligneo di rara bellezza.
b)Nofrio si disse che il baiardo a forma di croce era fatto
apposta per lui.
c) Il ricordo delle mammelle dure come pietre e delle cosce
tornite di Minica, abbrancata al baiardo che già si sollevava, centimetro dopo
centimetro, lo gonfiò di eccitazione.
d)Quelle tre morti avevano in comune il baiardo della
Veronica.
4. Il baiardo
negli altri dialetti
Il V vol. del Lessico Etimologico Italiano (LEI
1979-) s. v. BATARE 4.a. e 4.b. registra il laz. centro-sett. vayárdu
insieme a moltissime varianti abruzzesi, molisane, lucane pugliesi e calabresi
col significato di “barella per il trasporto di grossi pesi (pietre, letame,
concime)”. Altri significati del tipo lessicale sono: a) il laz. centro-sett.
“specie di barella improvvisata nella campagne per il trasporto di malati” e b)
“feretro”; c) l’irp. “carriola”; d) l’abruzz. occ. “recipiente inservibile,
oggetto ingombrante”. Nell’Italia sett. troviamo il lig. occ. bayárd “barella
per il trasporto di grossi pesi (pietre, letame, concime)”; il ven.
centro-sett. baiardo “carriola da muratore per trasporto di sassi o
altro”; il lig. centr. baiarda “carriola con una ruota con fondo a
listelli”; lo stesso tipo lessicale con l’ultimo significato è attesto nel
ticinese e nel moesino.
5.
L’etimo di baiardo
Secondo il citato LEI, il sic. bayardu è un prestito
angioino con significato tecnico di “pressa di legno per le vinacce”, dal fr.
ant. baiart “barella” (XII sec.). Anche il Vocabolario storico
etimologico dei gallicismi nel siciliano (2022) di Iride Valenti conferma
l’etimo dal fr. a. bajart (e bayard) “civière à divers usages”.
Se gli studiosi concordano nell’individuare il francese antico come modello del
prestito, esprimono opinioni diverse nell’individuare la base ultima del
francese. Secondo l’ipotesi di Alessio, ripresa dal LEI, l’origine ultima di bayard,
sarebbe il latino tardo batare
“spalancare la bocca”, di prob. origine onomatopeica. Più convincente, secondo
Valenti, sarebbe l’ipotesi del von Wartbug (Französisches Etymologisches
Wörterbuch, 1928-2002), che associa il vocabolo al lat. badius ‘di color castagno’, da cui il
fr. bai “baio”, beart, baart che sarebbe passato a
indicare l’agg. “di color baio” e poi il nome masch. “cheval tacheté”. Dal
significato di “animale” si è passati poi a quello di “strumento per
trasportare”. Accettando questa ipotesi trovano la loro giusta collocazione il
fr.a. baiart “di color baio”, da cui l’it. baiardo “destriero”,
nome del cavallo del paladino Rinaldo, l’it. ant. baiardo “stravagante,
bizzarro” e, infine, il cognome Baiardo, tutti citati nel Dizionario
onomastico della Sicilia (1993) di Gerolamo Caracausi.
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Giornalista pubblicista - laurea magistrale in "Editoria e giornalismo" - sono sempre stato attento alle problematiche linguistiche.
Titolare della rubrica di lingua del “Giornale d’Italia” dal 1990 al 2002. Collaboro con varie testate tra cui il periodico romano “Città mese”. Ho scritto "Un tesoro di lingua" e, con Carlo Picozza, giornalista di “Repubblica”, il libro “Giornalismo - Errori e Orrori. Per non essere piantati in Nasso dall’italiano”, con la presentazione di Lorenzo Del Boca, già presidente dell'Ordine nazionale dei giornalisti, con la prefazione di Curzio Maltese, editorialista di “Repubblica” e con le illustrazioni di Massimo Bucchi, vignettista di “Repubblica”. Editore Gangemi - Roma.
Volume vincitore alla III edizione del premio letterario nazionale "L'Intruso in Costa Smeralda". Con Carlo Picozza e Santo Strati ho scritto anche "S.O.S. Scrittura - Primo soccorso linguistico".
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