lunedì 13 aprile 2020

Avere l'«occhio clinico»


Quante volte, cortesi amici blogghisti, avete sentito dire o detto voi stessi che quella persona ha l’ “occhio clinico”, cioè è in grado di affrontare con prontezza una situazione o di giudicare un’altra persona in quanto, figuratamente, ha l’ “occhio clinico”, appunto, vale a dire l’occhio “abituato”? 
     Ma se clinico - in senso lato - significa “malato” come fa un occhio non perfetto a “vedere” prontamente una determinata situazione? Per capire “come” è necessario “studiare” la nascita del sostantivo-aggettivo ‘clinico’ e tornare indietro nel tempo fino all’antichità classica, precisamente greca. I cugini Greci, infatti, sono stati gli “inventori” della “clinica”. Ma andiamo con ordine. 
     Nel vocabolario degli antichi Greci c’era un verbo, “klínein”, che significava “piegarsi”, “inchinarsi” (da cui il nostro ‘inclinato’) “giacere”; da questo verbo, con il tempo, coniarono il sostantivo “kline”, che serviva per indicare qualunque cosa sulla quale ci si può adagiare, giacere e, per antonomasia, il... letto. Ma non è finita. 
     “Scoperto” il letto, crearono l’ “uomo a letto”, cioè il “klinicos” (adagiato sul letto, appunto), e poiché - come si sa - l’ ‘uomo a letto’, molto spesso è ammalato, il sostantivo finí con l’indicare l’ammalato, l’infermo. A questo punto intervengono i nostri antenati Latini che dal greco ‘klinicos’ foggiano l’aggettivo ‘clinicus’ riferito al medico e dicono ‘medicus clinicus’; poi, sostantivandolo, solo ‘clinicus’, vale a dire il medico che visita (inchinandosi) l’infermo a letto.
      Il vocabolo, in seguito, è giunto a noi sia in forma sostantivata sia in forma aggettivale: medico clinico; preparato clinico; “occhio clinico”, cioè occhio particolarmente esperto. Cosí pure la “clinica” (sottintendendo ‘arte’) indica la parte dell’insegnamento medico che si apprende direttamente presso il letto del malato e, per estensione (sottintendendo ‘casa’), il luogo dove si svolge tale insegnamento. Il policlinico cosa è, infatti, se non “piú case”, cioè “piú cliniche” specializzate per la cura delle diverse malattie?






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