La forma senza
apostrofo sta per "vicino", "presso", "accanto" e
simili: mi raccomando, Giulio, stammi sempre daccanto (vicino); la grafia
apostrofata (ma si può scrivere anche in due parole, "di accanto")
vale, invece,"di torno": Giovanni, mi stai sempre tra i piedi,
togliti d'accanto!
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Molti adoperano, indifferentemente, i termini affettività e
affezione. I due vocaboli, invece, hanno una differenza semantica, e ce la
spiega, magistralmente, Aldo Gabrielli.
«Affettività,
indica la capacità di provare o promuovere affetti; affetto o affezione è ogni
sentimento di viva benevolenza, suscitato nel nostro animo da una persona o da
una cosa. Attenti, perciò, a distinguerne l’uso».
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«Guarda se quella tavola è ben franca, altrimenti si può
scivolare».
Secondo alcuni
sedicenti linguisti ciò che avete appena letto non “fa una grinza”, come usa
dire. La fa, la fa, eccome se la fa. La fa perché l’aggettivo franco
nell’accezione di sicuro, fermo, solido, saldo e simili non può riferirsi a
cose materiali. Bisogna dire, quindi, «guarda se quella tavola è ben ferma»,
non ben franca.
In lingua italiana
corretta l’aggettivo suddetto significa libero e, in senso figurato,
disinvolto: sii franco, cioè aperto, disinvolto e simili.
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Il rispetto, sostantivo maschile, è un “sentimento di
riguardo, di stima e di deferenza nei riguardi di una persona”. Questa premessa
perché alcuni, “spalleggiati” dai vocabolari, fanno seguire questo sostantivo
dalla preposizione “a” formando una locuzione come termine di contrapposizione.
Bene. Anzi, male.A nostro avviso è un errore che in buona lingua italiana è da evitare. Non diremo, per esempio, i sindacati “rispetto agli” industriali rivendicano piú investimenti ma, correttamente, “nei confronti dei/degli”. La stessa locuzione – sempre a nostro avviso – è tremendamente errata se si adopera come termine di paragone: una città, per esempio, è piú o meno bella “di” un’altra, non “rispetto a” un’altra.
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