Ci
sono alcune locuzioni nella lingua italiana che - a nostro modo di vedere
- non sono adoperate a dovere; vengono
usate impropriamente, per non dire "stortamente", con il beneplacito
dei vocabolari (tutti?) dell'uso. Già sentiamo il sibilo degli strali che ci
lanceranno i "linguisti d'assalto" se, per caso, si imbatteranno in
questo sito. Ma noi facciamo spallucce e andiamo avanti, sempre piú convinti di
quanto stiamo per scrivere. Cominciamo, dunque, con l'espressione "prendere
atto" (o "dare atto"). Qualche giorno fa, su un giornale
"che fa opinione" abbiamo letto: «Il ministro deve prendere atto che
ognuna delle sue parole ha un peso politico non indifferente, anche se
concordiamo con quanto ha scritto circa la proposta di legge per la lotta alla
delinquenza organizzata». Dov'è l'improprietà o la stortura? Sull'uso della
congiunzione "che" invece della preposizione "di". Si
prende e si dà atto "di" qualcosa. Prendo atto della tua buona fede,
quindi la riconosco, l'ammetto, la confermo. Ci sono dei casi, però, in cui non
si può assolutamente adoperare la preposizione "di" in quanto si
andrebbe incontro a una stonatura fono-sintattico-grammaticale. Come
comportarsi, allora? Semplicissimo. Si fa seguire "prendere atto" (e
"dare atto") dalla locuzione "del fatto che": prendo atto
del fatto che sono stato ingannato. Quanto scritto vale anche
- sempre a nostro modo di vedere - per la locuzione "rendere
conto": si rende conto "di" qualcosa. Mi rendo conto
"di" avere sbagliato, non "che" ho sbagliato. Quanto a "ognuna"
- sempre secondo la nostra "ottica linguistica" - non si può riferire
a una cosa. Ognuna è il femminile del pronome/aggettivo ognuno che significa
"ogni uomo", "ogni persona". Le parole sono persone?
"Ognuna delle sue parole" ci sembra, quindi, se non proprio un
errore, un uso improprio dell'aggettivo/pronome, che, alla bisogna, può essere sostituito
con "ciascuna": ciascuna delle sue parole. Ciascuna, oltre tutto, al
contrario di ognuna, avendo un valore distributivo distingue maggiormente ogni
singola unità: ciascuna parola, vale a dire "parola per parola",
esaminata singolarmente. E concludiamo con il verbo "concordare"
perché nel periodo sopra riportato è stato costruito in modo errato: con la preposizione "con" e non, correttamente, con la sorella "su". Concordare, dunque, può essere tanto transitivo quanto
intransitivo. Nel primo caso ha i significati di: “stabilire una cosa di comune
intesa” e “riuscire a mettere d’accordo persone che sono tra loro in dissidio o
in urto”, quindi “comporre divergenze”,
“superare contrasti” e simili: Dopo
lunghe trattative le varie fazioni hanno concordato un periodo di tregua; Giovanni e Mario hanno finalmente concordato un comune piano d’azione. Nel secondo
caso assume il significato di coincidere:
le tue idee concordano, vale a dire coincidono con le mie. In questo esempio il verbo concordare è costruito in
modo corretto con la preposizione con.
Quando, però, il predetto verbo sta per “convenire”, “essere d’accordo” si deve
costruire con la preposizione (semplice o articolata) su: concordo con te su
quanto hai detto, sono, cioè, d’accordo con te sulle tue idee. Si è d’accordo (si concorda), insomma, su una cosa, non con una cosa. Quest’ultima preposizione si adopera esclusivamente
con le persone: concordo con Luigi su
quanto ha esposto.
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I giovani credono ancora nell’Ue: ecco l’antidoto all’eurocinismo italiano
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In buona lingua italiana il sostantivo "antidoto" si fa seguire dalla preposizione/avverbio "contro", non dalla preposizione semplice o articolata "a". Viene, infatti, dal latino tardo "antidotum", che significa "(medicinale) dato contro". Correttamente, quindi: "(...) ecco l'antidoto contro l'erurocinismo italiano".
Dal vocabolario Sabatini Coletti:
an-tì-do-to] s.m.
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La lingua "biforcuta" della stampa
Da un "autorevole" giornale in rete:I giovani credono ancora nell’Ue: ecco l’antidoto all’eurocinismo italiano
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In buona lingua italiana il sostantivo "antidoto" si fa seguire dalla preposizione/avverbio "contro", non dalla preposizione semplice o articolata "a". Viene, infatti, dal latino tardo "antidotum", che significa "(medicinale) dato contro". Correttamente, quindi: "(...) ecco l'antidoto contro l'erurocinismo italiano".
Dal vocabolario Sabatini Coletti:
an-tì-do-to] s.m.
1 Sostanza che annulla gli effetti di un veleno
2 fig. Rimedio, conforto, sollievo: un bel film è un a. contro la noia
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