sabato 27 aprile 2019

Essere all'insalata

Non c'è lettore di questo portale - crediamo - che non abbia provato su di sé - senza saperlo - la locuzione suddetta, dal "sapore" un po' antico ma sempre attuale. Cosa sta a significare, dunque, "essere all'insalata"? Essere all'inizio di qualche azione: degli studi, della professione, della carriera e via dicendo. Si è all'insalata, insomma, quando si comincia qualcosa. E l'insalata cosa ha (a) che fare con il modo di dire? Diamo la parola a Ludovico Passarini, il "re" dei modi di dire. «Non ricordo dove, ma so di aver detto che nell'uso dicesi "nescio" colui, che per pigrizia e un po' per testardaggine s'è tardo ad intraprendere un'opera, è più tardo a proseguirla. Di lui parlando, si direbbe proverbialmente, ch'è sempre all'insalata. E che cosa vuol dire "essere all'insalata"? Vuol dire essere al cominciamento di qualche azione, presa la metafora dai pranzi, che una volta avevano principio dall'insalata. Ora l'insalata propriamente detta si mangia infine con l'arrosto; e in principio si dà il salato, prosciutto o salame. I gusti variano, e "de gustibus non est disputandum", aforisma inconcusso, e universalmente accettato. Il motto però è rimasto nell'originale suo significato (...). Consideriamo ancora come van le cose di questo mondo. Ciò che fu in capo di lista umana volubilità volle trasferirlo alla coda! E passi dell'insalata: ma quante altre cose che un dì furono in onore e pregiate ora son ciarpe vecchie affastellate nelle soffitte? E non discostandoci dal soggetto nostro che è letterario, dimmi o lettore, non t' è venuto già in mente che ora si insegna a' giovani d'ambo i sessi la lingua francese, o forse la tedesca, e poi l'inglese, e la lingua "nazionale" in ultimo al pari dell'insalata ne' pranzi odierni? (...)». Ora c'è qualcuno, tra gli amici lettori, che in tutta coscienza (e onestà intellettuale) possa dire di non ritenere attuale l'ultima 'considerazione' di Ludovico Passarini? Oggi ci sono giovani che sanno tutto sulla lingua di Albione e nulla sulla lingua di Dante. La colpa?  

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