sabato 20 aprile 2019

Sul verbo "andare"

Il verbo "andare", della prima coniugazione, nella sua accezione primaria vale "spostarsi", "muoversi da un luogo a un altro": vado a Roma (vale a dire mi sposto dal luogo abituale per andare in un altro). Può anche, di volta in volta, acquisire il significato di "dirigersi", "recarsi" e cosí via. È bene, quindi, che coloro che amano il bel parlare e il bello scrivere non abusino di questo verbo "multivalente" ma adoperino - secondo i casi -  un verbo piú appropriato tranne, ovviamente, in alcune locuzioni particolari - proprie del nostro idioma - in cui "andare" la fa da padrone per dare una maggiore efficacia espressiva al discorso. Vediamole assieme. "Andare a fondo", esaminare attentamente una questione; "andare a zonzo", girellare qua e là, senza una precisa meta; "andare per le lunghe", indugiare troppo, procedere con molta lentezza; "andare a genio", soddisfare, piacere; "andare per la maggiore", essere fra i primi, essere "di moda"; "andare in fumo", non concludere nulla; "andare a ruba", essere venduto in pochissimo tempo; "andare a rotoli", essere rovinato; "andare a nozze", sposarsi, ma anche "piacere"; "andare con uno", frequentarlo assiduamente; "andare a Canossa", pentirsi; "andare col vento in poppa", procedere favorevolmente, non incontrare ostacoli di sorta; "andare a vuoto", riuscire vano; "andare per terra", cadere; "andare in persona" (espressione poco usata), recarsi personalmente; "andare d'amore e d'accordo", essere in perfetta armonia con qualcuno. Potremmo continuare, ma non vogliamo tediarvi oltre misura. Non possiamo chiudere, però, queste noterelle senza rammentarvi che il verbo in oggetto è adoperato correttamente per indicare un particolare modo di abbigliarsi, di atteggiarsi: "andare pulito", vestito bene; "andare in maniche di camicia".  


***
Diritto "di" o diritto "a"?

Spesso si è in dubbio sull'uso delle due preposizioni. Secondo il linguista Luciano Satta «Il sostantivo si costruisce preferibilmente cosí: “diritto a” in presenza di un sostantivo se vi è la preposizione articolata (diritto alla retribuzione) o l’articolo indeterminato (diritto a una retribuzione) o l’aggettivo indefinito (diritto a qualche retribuzione); “diritto di” ancora in presenza di un sostantivo, se non vi è articolo (diritto di sciopero) o in presenza di un verbo all’infinito (diritto di scioperare). È superfluo dire che se il verbo dipendente è di modo finito si usa la congiunzione “che”, con il verbo al congiuntivo (il diritto che si sappia la verità)».

Nessun commento: