Il prof. Salvatore Claudio Sgroi,
dell’università di Catania, ricorda il presidente emerito dell’Accademia della
Crusca, Giovanni Nencioni, a dieci anni dalla scomparsa.
di Salvatore Claudio Sgroi
Come emerge dalla nutrita bibliografia
(1929-2003) in rete nel sito dell'Accademia della Crusca, Nencioni si caratterizza innanzi tutto come
studioso di formazione giuridica (1929-1935), laureato con P. Calamandrei nel
1932 e tesi edita nel 1935, con una promettente carriera di giurista però non
proseguita.
Poi, per 10 anni
(1936-1946) funzionario al Ministero della P.I., ministro G. Bottai.
Quindi, per un
altro decennio (1939-1950) glottologo, allievo di V. Bertoldi, e prof. di
Glottologia nel 1944-45, a Roma, al posto dell'epurato Antonino Pagliaro.
Nel successivo
cinquantennio -- 1950-2000 -- prof. di Storia della lingua italiana a Bari e a
Firenze, e di Linguistica Italiana a Pisa. Per oltre un trentennio (1972-2000)
presidente alla guida dell'Accademia della Crusca.
1.1. Autore di
saggi "aperti" avveniristici
Nencioni è autore di oltre 250 titoli,
con netta preferenza per saggi capaci di intravedere e additare strade per la
futura ricerca, rispetto a opere sistematiche o manualistiche.
Saggi che lo definiscono: a) storico della lingua italiana (da
Dante ai giorni nostri), b) storico
del pensiero linguistico italiano (dal '500 ai giorni nostri), c) filologo tout court di testi del '500 e del '900.
Ma qui mi piace privilegiare il
linguista teorico, la cui formazione giuridica e glottologica lo mette al
riparo da ogni tentazione "neo-puristica".
Poche citazioni testuali -- spesso
anti-convenzionali e tutt'altro che eufemistiche -- servono a definire il suo
orizzonte teorico sul linguaggio umano e le lingue storico-naturali.
2. L'oggetto della linguistica
L'oggetto della glottologia/linguistica
è per Nencioni la realtà linguistica, ovvero la lingua della eterogenea e
mobilissima collettività dei parlanti nella triplice funzione bühleriana
rappresentativa, comunicativa ed espressiva. Saussurianamente la lingua, oltre
ad essere "una delle istituzioni umane", è un complesso di elementi
interdipendenti e coerenti, che formano un tutto unitario, risultante dalla
compenetrazione di tre sistemi (fonetico, morfo-sintattico e lessicale). Il cui
funzionamento è caratterizzato da un "dinamismo metabolico" con
tendenze innovative del singolo parlante, dettate da cause interne ed esterne,
e innovazioni che devono trovare compatibilità strutturali e sociali nel tempo
e nello spazio.
2.1. Caratteri del linguaggio verbale
Illuminanti, decisamente
anti-convenzionali, certe sue definizioni delle proprietà del linguaggio
verbale. Da quella più neutrale: «la
lingua propriamente detta viene usata, prima o poi, a tradurre tutte le
esperienze umane», a quella, certamente, meno convenzionale e più
sorprendente: «una lingua intera deve
disporre di mezzi per significare tutti i sentimenti e le idee dell’uomo, anche
i più abbietti», ovvero in termini più crudi e meno eufemistici: «una lingua veramente comune deve essere in
grado di dar voce a tutta l’esperienza d’un popolo, anche ai gerghi, al
turpiloquio e alla bestemmia».
2.2. Lingua vs teoria linguistica
Nel rapporto tra lingua e teoria
linguistica, se la teoria dev'essere coerente, priva di contraddizioni, e
semplice, la sua adeguatezza rispetto all'oggetto è sempre relativa e
approssimativa. In termini icastici Nencioni dichiara ai lettori de "la
Crusca per voi": «Le lingue
naturali non sono algebriche e danno scacco matto ai grammatici e ai loro volenterosi
settatori. Mi verrebbe la voglia di maledirle se non fossi loro creato e
vassallo». E così continua: «Per
superare le ambiguità, le arcaicità, le lacune che la affliggono, e rendere
chiara, univoca, attuale la comunicazione [la lingua] confida nell’intuito,
nelle capacità d’integrazione e d’interpretazione, nella collaborazione insomma
dell’interlocutore e del lettore. Essa è un atto non di sola intelligenza ma di
vita, non di sola comunicazione ma di comunione».
3. Ruolo dell'insegnante e della Scuola
nell'educazione metalinguistica e linguistica
Qual'è il ruolo dell'insegnante dinanzi
alla continua variabilità della grammatica della lingua e alla tendenziale
fissità della grammatica dei grammatici? «La
grammatica della lingua -- avverte Nencioni --è più ampia e più mobile di quella dei grammatici».
Secondo Nencioni, per quanto riguarda l'educazione meta-linguistica, lo studio
cioè della grammatica teorica, «L’insegnante di lingua potrà profittare di
questo stato di agitazione [dell’italiano] non per violare la norma necessaria
o per rinnegarla, ma per spiegarne la natura e per togliere di mezzo tante false
regole grammaticali enunciate da una tradizione razionalistica e restrittiva,
ripristinando le flessuose libertà di cui la nostra lingua godeva in antico e che,
represse nello scritto, si sono mantenute nel parlato».
Riguardo invece all'educazione linguistica, al potenziamento cioè della competenza
della lingua a livello di comprensione e produzione, parlata e scritta, per
Nencioni, "Soltanto la scuola può dare al giovane la consapevolezza del
suo primo bene, la lingua; soltanto la scuola può insegnargli, fuori di un
utopistico spontaneismo, a conquistarla e dominarla pienamente nei suoi vari
registri, orali e scritti, e può infine mantenerlo in contatto coi testi
‘classici’, del nostro passato".
3.1. Norma ed errore
Qual'è la soglia che separa la norma
dall'errore per Nencioni? "Una giusta spregiudicatezza nei confronti della
norma e dell’errore, -- sostiene Nencioni -- e la capacità di trasformare i
dubbi in problemi suscitando nei giovani la responsabilità della lingua che li
realizza come individui e come cittadini, sono frutto di una cultura storica e
tecnica che l’Università – dobbiamo riconoscerlo – non ha saputo, fino ad oggi,
impartire ai futuri insegnanti".
Se Nencioni da un lato non può non ritenere
come scorretti gli usi poco comunicativi della lingua da parte di qualsiasi
tipo di parlante, dall’altro non ha dubbi nello stabilire la soglia da non
superare per non incorrere nell’errore. Tale soglia è costituita dal cosiddetto
«italiano popolare», ovvero nella sua 'tastiera' (o architettura) della lingua
nazionale, dall'«italiano deficitario» o «italiano selvaggio».
3.2. Nencioni e gli esotismi
Quanto al problema degli esotismi,
ovvero degli angli(ci)smi, la sua posizione è 'laica', libertaria dinanzi agli anglicismi tecnologici in quanto
internazionalismi: «nel mondo scientifico e tecnologico in cui viviamo fare
opera di purismo linguistico (...) -- sostiene Nencioni -- equivarrebbe a
chiudersi in una cultura nazionalistica, inconcepibile, se non come
determinazione politica, nella cultura internazionale e scientifico-tecnologica
cui oggi partecipiamo».
L'Autore ribadisce ciò col richiamo
allusivo a Machiavelli: «un isolamento puristico della lingua nazionale è --
scrive Nencioni -- improponibile, anche perché un antico fiorentino ci ha
autorevolmente insegnato che ‘le lingue non possono esser semplici, ma conviene
che sieno miste con l’altre lingue’».
Quanto agli anglicismi comuni, di moda, transeunti, egli ritiene che tale
problema rientri nell'ambito dell'Educazione linguistica, che deve perseguire
il fine di un insegnamento di una lingua consapevolmente chiara e rigorosa, i
cui esempi dovrebbero essere forniti dai mass media cartacei e
radio-televisivi.
4. Il credo epistemologico di G.
Nencioni
In conclusione, volendo definire
l’orizzonte epistemologico di Giovanni Nencioni, si può pertinentemente
attribuire a lui quanto egli scrisse a proposito del classicista Giovanni Puglisi
Carratelli, propugnatore di una «concezione
umanistica del conoscere scientifico» ispirata a Ippocrate e a Tucidide, caratterizzata
da tre momenti distinti ma inseparabili: a)
interpretazione del passato (anamnesi), b) intelligenza
del presente (diagnosi), c) previsione per comprendere il
presente (pronoia), rinunciando nel
contempo al miraggio di una conoscenza totale della realtà, ovvero con la
consapevolezza del carattere relativistico del sapere, che è sempre relativo ai
criteri di interpretazione del divenire umano.
(Per
le fonti delle citazioni cfr. S.C.Sgroi, Maestri
della linguistica italiana, Alessandria, Edizioni dell'Orso 2017, capp. I-II-III).
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