Da "domande e risposte" del sito Treccani:
Nell'italiano scritto è possibile inserire in una frase una
doppia negazione? (es. non sono mai stato a Londra, non ho mai visto il mare,
non si è mai visto nessuno fare una cosa di questo genere).
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È possibile perché l’italiano è una lingua a negazione
multipla (o a concordanza negativa). Ciò significa che la presenza di un altro
elemento negativo oltre a non, come niente, nulla, nessuno, mai,
neanche,nemmeno, neppure, né, mica, non è interpretata come una doppia
negazione (che equivarrebbe a un’affermazione di verità), come invece succede
in logica.
La presenza o assenza di non con un secondo elemento
negativo di quelli appena citati è regolata da
queste due restrizioni: 1. se gli elementi negativi seguono il verbo, il
non è obbligatorio (non ne sapevo niente); 2. se gli elementi negativi
precedono il verbo, il non è escluso (mica lo sapevo).
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A proposito di "mica". Vincenzo Ceppellini scrive,
nel suo dizionario (pag. 302), "(...) si deve però usare sempre con la
negazione [Non dirai dunque: mica l'ho chiamato; ma non l'ho mica chiamato]
(...). Dello stesso avviso Aldo Gabrielli (Dizionario Linguistico Moderno, pag.
402), "smentito", però, dai ritoccatori del suo pregevole
vocabolario. Chi scrive, ovviamente, segue e consiglia le indicazioni
dell'illustre Maestro, non quelle dei suoi revisionisti. Sull'argomento
riproponiamo un nostro vecchio intervento.
Mi chiamo Mica, e voglio raccontare la mia storia a coloro
che amano il bel parlare e il bello scrivere. Sono di origini nobili
discendendo dal latino mica, micae che significa briciola (di pane), pizzico,
granello. All’anagrafe risulto sostantivo ma gli eventi della vita mi hanno
ridotto ad avverbio e io, questo, non lo sopporto, quindi, quando mi si
presenta l’occasione mi prendo una bella rivincita diventando... scomodo per
chi mi usa. Cerco di spiegarmi meglio.
Come ho detto sono nato sostantivo. Un giorno, non ricordo
quando con esattezza, alcuni mascalzoni, affossatori della lingua, mi portarono
di peso in una località a me sconosciuta (oggi potrebbe essere la Casablanca
della lingua) e mi sottoposero a un intervento chirurgico: da quel momento la
mia vita fu, e lo è tuttora, un inferno. Da sostantivo, quale orgogliosamente
ero, divenni un avverbio improprio e mi costrinsero, mio malgrado, a negare:
sono adoperato, infatti, come negazione.
Quante volte, cortesi amici, avete sentito dire, o dite voi
stessi, frasi del tipo: mica scemo l’amico, usando quest’espressione per
mettere in evidenza la non scemaggine dell’interlocutore? Bene. Anzi male. Non
avete negato un bel nulla: il vostro amico, stando alla lingua, un po’ scemo lo
è, quindi si dovrebbe risentire.
Perché? Perché io, Mica, per avere valore di negazione debbo
essere preceduto, e lo esigo, dall’altra negazione non: da solo non nego un bel
niente. L’operazione coatta, quindi, non è servita a nulla; anche se alcuni
sedicenti scrittori mi adoperano assoluto, come avverbio di negazione. Poiché
molti non sanno, appunto, che senza il non non nego nulla mi prendo le mie
belle rivincite.
Sentite cosa ho fatto un giorno, e fatene tesoro se non
volete che un’avventura simile capiti anche a voi. Un mio conoscente ricevette
una telefonata da un amico lontano. Io, avendo immediatamente intuito le
intenzioni del conoscente, detti repentinamente un calcio al non così, alla
fatidica domanda come stai?, questi rispose mica male. L’interlocutore – un
mostro in fatto di lingua – si precipitò all’aeroporto e prese il primo aereo
in partenza per andare a trovare l’amico che aveva una briciola di male.
Sì, gentili amici, avevo fatto in modo, facendo scomparire
il non, che il mio conoscente avesse dato l’impressione di non sentirsi troppo
bene: aveva un po’ di male, un pizzico di male. Adoperato da solo ridivento,
infatti, sostantivo con il significato originario: granello, briciola, pizzico.
Vi ho raccontato questa storiella, amici, perché sono
veramente stanco di essere usato a sproposito. Ricordatevi, perciò, che esigo
sempre la negazione non, in questo modo mi rifaccio dell’operazione coatta che
ho dovuto subire.
Non vi sarete mica offesi? Spero di no. Vi ringrazio
dell’attenzione che mi avete prestato e vi lancio un appello: non seguite la
moda di certi scrittori che credono di potermi adoperare a loro piacimento. Si
sbagliano di grosso; anch’io ho la mia personalità, e l’ho dimostrato. Se
voglio, dunque, posso diventare un avverbio oltremodo scomodo. A chi conviene?
Grazie ancora e a risentirci.
Il vostro amico Mica
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