IL SESSISMO DELLA
LINGUA È UN EQUIVOCO TEORICO
di Salvatore Claudio
Sgroi *
Espressioni come (i) "la foto in topless del ministro
[recte: della ministra] Giannini" (sul "Messaggero" 20.8.14),
(ii) "Il marito dell'assessore [recte: assessora] Lucia de Siervo" o
(iii) "il direttore [recte: la direttrice] Anna Bianchi", (iv)
"il chirurgo [recte: la chirurga] Lucia Rossi", o ancora (v)
"Anna e Paolo sono stanchi [recte: *stanche!]", (vi) "la
Boldrini" [recte: Boldrini!], (vii) "la professoressa" [recte:
professora!], (viii) "l'origine dell'uomo [recte: dell'uomo e della
donna]", ecc. sarebbero -- per i teorici del sessismo della lingua --
tutte inficiate di "sessismo", di privilegiare cioè il maschile
(ignorando il femminile) o di discriminare il femminile (rispetto al maschile).
Da ciò la riformulazione "corretta", non sessista, sopra indicata con
[recte]. I problemi linguistici sopra esemplificati sono l'oggetto del
volumetto "Sindaco e sindaca: il linguaggio di genere" di Cecilia
Robustelli. Secondo l'assioma di tale teoria, diffusa da Alma Sabatini (1987) e
abbracciata dalla Robustelli: "la lingua italiana [...] è basata su un
principio androcentrico" (p. 27). Tale teoria è in realtà fondata su una
serie di equivoci. La lingua non è invero né contro né pro qualcuno. È l'uso
che di essa vien fatto dai parlanti che può essere rivolto contro X o Y. E la
lingua può quindi certamente essere adoperata in chiave anti-femminista, per
es. se qualcuno dice di una donna che "è un orango" o "una
bambola gonfiabile" (p. 9). Ma ritenere che il "genere
grammaticale" ("maschile" e "femminile") abbia la
funzione di indicare rispettivamente referenti maschi e femmine è del tutto
fuorviante. Il "genere grammaticale" garantisce in realtà la coesione
morfo-sintattica -- mediante l'accordo, per es. "articolo + (aggettivo) +
Nome", ecc. --come in "una (bella) casa/donna" (rispetto a
*"un bello casa/donna"). La presunta valenza semantica sessuale del
genere grammaticale, conta tra l'altro non poche eccezioni. "La spia"
può indicare sia un uomo che una donna; "l'aquila" può essere sia
maschio che femmina, ecc. E poi come metterla con i nomi non-animati: "la
tavola" e "il tavolo" devono il loro genere a quale componente
sessuale? Negli ess. di cui sopra: (i) "il ministro Giannini", (ii)
"l'assessore Lucia de Siervo", (iii) "il direttore Anna
Bianchi", (iv) "il chirurgo Lucia Rossi", i nomi comuni
trasmettono il loro significato istituzionale o professionale e non già quello
relativo al "sesso", che è invece veicolato dal nome proprio. Così facendo
il parlante decide di sottolineare il suo ruolo e non già l'appartenenza al
sesso femmina. Nel caso (viii) de "l'origine dell'uomo", anche qui il
maschile "uomo" è comprensivo di "uomini e donne",
suscettibile sì di essere esplicitato, se il parlante lo ritiene opportuno.
Nell'es. (vi) "la Boldrini" invero la lingua è paritaria, consentendo
strutturalmente di distinguere anche omonimie, per es. "la Sabatini
(Alma)" vs "(il) Sabatini" (Francesco, lessicografo); altro che
"peccato veniale" dire "la Boldrini"! (p. 102). A dir poco
"artificioso" (p. 21) risulta invece l'accordo al femminile in (v). E
iper-logicistico, se non surreale, il suggerimento in (vii) "la
professora". La teoria sessista rischia insomma di essere anche "prescrittivista"
promuovendo "regole regolanti". Pericolo da cui il Presidente della
Crusca, C. Marazzini, mette peraltro in guardia (pp. 17-18): "vietato
vietare" (p. 122). Il sessismo linguistico, imponendo l'uso di forme
femminili indicanti (presuntivamente) il sesso, ignora insomma il principio
della "onnipotenza semantica", grazie a cui il nativofono può dar
sempre forma ai propri pensieri, quali che essi siano.
* Docente di linguistica generale presso l'Università di
Catania
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Fuori tema: La musica e la matematica di Piergiorgio Odifreddi
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Fuori tema: La musica e la matematica di Piergiorgio Odifreddi
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