Abbiamo avuto occasione di occuparci tempo fa, su questo portale e se non cadiamo in errore, dell’uso corretto di alcuni prefissi. È stato, però, come se lo avessimo detto o meglio “predicato” al muro...
La stampa, alcune volte - per non dire sempre - usa i prefissi in modo errato e questo, a nostro avviso, non giova ai lettori, in particolare ai giovani che frequentano la scuola. I giornali entrano (o dovrebbero entrare) in tutte le case, sono letti da persone di ogni ceto sociale, da persone “acculturate” e no. Queste ultime, con tutto il rispetto, non sono in grado di capire al volo se la titolazione dei giornali presenta degli errori sintattico-grammaticali. La stampa, a nostro avviso, essendo “dispensatrice di cultura” ha il dovere di rispettare scrupolosamente tutte le norme che regolano la nostra lingua; non può adoperare i prefissi a suo uso e consumo. Torniamo, dunque, all’uso corretto dei prefissi. Il termine viene dal latino “praefixus” (messo prima, messo innanzi), composto con “prae” (innanzi) e “fixus” (participio passato del verbo latino “figere”, fissare, attaccare) e in grammatica è ogni parola, solitamente avverbi o preposizioni, che si mette prima della radice di un’altra parola per modificare il significato della parola stessa. “Condirettore”, per esempio, è parola formata con la preposizione “con” e con il sostantivo “direttore” e sta a indicare una persona che condivide con un’altra la responsabilità di una direzione. I prefissi si scrivono sempre uniti alla parola da “modificare”, mai con il trattino come ci capita, sovente, di leggere. Non si scrive, dunque, “filo-arabo” ma “filoarabo” (parola unica) altrimenti dovremmo scrivere, per coerenza, “filo-logo” in luogo della forma corretta filologo, oppure “filo-sofia” invece di filosofia. Due parole, ancora, sul prefisso “con”, che perde la “n” davanti a parole che cominciano con una vocale: coinquilino, coetaneo. Muta la “n” in “m” davanti alle consonanti “p” e “b”: combelligerante, comproduzione, comprimario. La consonante “n” del prefisso “con” si assimila, invece, davanti alle parole che cominciano con “l”, “m”, “r”: collaboratore, commilitone, corregionale (l’assimilazione è un particolare processo linguistico per cui dall’incontro di due consonanti la prima diventa uguale alla seconda). Alla luce di quanto sopra esposto, dunque, insistiamo nel dire che la forma corretta, la sola forma corretta è “comproduzione”, non “coproduzione”, anche se alcuni vocabolari registrano tale “mostruosità linguistica”. Avremo, quindi, il “comproduttore” e il “comprotagonista”. Va da sé che se alcune parole con il prefisso “con” possono ingenerare ambiguità occorre trovare un sinonimo o ricorrere a una perifrasi. La congestione, per esempio, cioè la gestione in comune di una determinata cosa, non ha nulla che vedere con la “congestione” in medicina. Mentre il correttore (colui che corregge, anzi correggeva le bozze di stampa, professione oggi scomparsa) non ha nulla in comune con colui che divide con un altro la responsabilità di un rettorato. In questi casi, è ovvio, la regola non può essere rispettata: è errato, però, scrivere “co-rettore”.
La stampa, alcune volte - per non dire sempre - usa i prefissi in modo errato e questo, a nostro avviso, non giova ai lettori, in particolare ai giovani che frequentano la scuola. I giornali entrano (o dovrebbero entrare) in tutte le case, sono letti da persone di ogni ceto sociale, da persone “acculturate” e no. Queste ultime, con tutto il rispetto, non sono in grado di capire al volo se la titolazione dei giornali presenta degli errori sintattico-grammaticali. La stampa, a nostro avviso, essendo “dispensatrice di cultura” ha il dovere di rispettare scrupolosamente tutte le norme che regolano la nostra lingua; non può adoperare i prefissi a suo uso e consumo. Torniamo, dunque, all’uso corretto dei prefissi. Il termine viene dal latino “praefixus” (messo prima, messo innanzi), composto con “prae” (innanzi) e “fixus” (participio passato del verbo latino “figere”, fissare, attaccare) e in grammatica è ogni parola, solitamente avverbi o preposizioni, che si mette prima della radice di un’altra parola per modificare il significato della parola stessa. “Condirettore”, per esempio, è parola formata con la preposizione “con” e con il sostantivo “direttore” e sta a indicare una persona che condivide con un’altra la responsabilità di una direzione. I prefissi si scrivono sempre uniti alla parola da “modificare”, mai con il trattino come ci capita, sovente, di leggere. Non si scrive, dunque, “filo-arabo” ma “filoarabo” (parola unica) altrimenti dovremmo scrivere, per coerenza, “filo-logo” in luogo della forma corretta filologo, oppure “filo-sofia” invece di filosofia. Due parole, ancora, sul prefisso “con”, che perde la “n” davanti a parole che cominciano con una vocale: coinquilino, coetaneo. Muta la “n” in “m” davanti alle consonanti “p” e “b”: combelligerante, comproduzione, comprimario. La consonante “n” del prefisso “con” si assimila, invece, davanti alle parole che cominciano con “l”, “m”, “r”: collaboratore, commilitone, corregionale (l’assimilazione è un particolare processo linguistico per cui dall’incontro di due consonanti la prima diventa uguale alla seconda). Alla luce di quanto sopra esposto, dunque, insistiamo nel dire che la forma corretta, la sola forma corretta è “comproduzione”, non “coproduzione”, anche se alcuni vocabolari registrano tale “mostruosità linguistica”. Avremo, quindi, il “comproduttore” e il “comprotagonista”. Va da sé che se alcune parole con il prefisso “con” possono ingenerare ambiguità occorre trovare un sinonimo o ricorrere a una perifrasi. La congestione, per esempio, cioè la gestione in comune di una determinata cosa, non ha nulla che vedere con la “congestione” in medicina. Mentre il correttore (colui che corregge, anzi correggeva le bozze di stampa, professione oggi scomparsa) non ha nulla in comune con colui che divide con un altro la responsabilità di un rettorato. In questi casi, è ovvio, la regola non può essere rispettata: è errato, però, scrivere “co-rettore”.
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