giovedì 3 marzo 2011

«Single»? No, pulcelloni


La maggior parte degli amici che ci seguono resteranno - o se preferite resterà - con gli occhi “stranulati” alla vista del titolo in oggetto: pulcelloni. E hanno perfettamente ragione in quanto nessun vocabolario (in nostro possesso) attesta questa voce, che non è affatto inventata e non fa parte, quindi, dei cosí detti neologismi. Resteranno con il famoso dubbio amletico se non ci affrettiamo, per tanto, a spiegare loro il significato e naturalmente l’origine del termine. Prima, però, soffermiamoci un attimo (non “attimino”, per carità, dio ce ne scampi e liberi) su “stranulato” per portare a conoscenza dei nostri lettori una figura grammaticale poco conosciuta: la “metatesi”, vale a dire l’inversione di lettere o fonemi all’interno di una parola. Letteralmente significa “trasposizione”, derivando dal greco “metàthesis”, tratto da “metatihènai” (trasporre). Abbiamo, quindi, per metatesi: drento per dentro; spengere per spegnere; straporto per trasporto e... stranulato per stralunato. Con l’occasione invitiamo i moltissimi “soloni della lingua” a non sedere a scranna per ritenere strafalcioni quelle parole che in realtà sono solo termini “metatesistizzati” . E torniamo a “pulcelloni”, che appartiene a quella schiera di avverbi in “-oni” che la storia della lingua ha condannato come desueti. Gli unici sopravvissuti sono “bocconi”, “carponi”, “tentoni”, “cavalcioni”, “ginocchioni”,
“penzoloni” e pochissimi altri; tutti adoperati, però, in modo errato facendoli precedere dalla preposizione “a”: a cavalcioni, a tentoni ecc. Gli avverbi non hanno alcun bisogno di essere “sorretti” dalla preposizione. Si dice, per caso, Pasquale camminava “a lentamente”? Perché, dunque, dobbiamo sentire una bestemmia linguistica come “a cavalcioni”? Ma non divaghiamo e torniamo a pulcelloni, che anticamente si riferiva all’amaro tempo (oggi, fortunatamente, non è piú cosí) del nubilato: quella donna ha vissuto tutta la vita pulcelloni, vale a dire senza marito. È veramente una iattura che la lingua “moderna” abbia messo in soffitta gli avverbi in “-oni” - ritenuti superati dal tempo - privilegiando i termini stranieri che, non ci stancheremo mai di ripeterlo, inquinano in modo considerevole l’idioma di Dante e di Manzoni. Si dirà: la lingua, come tutte le cose, invecchia e occorre dare spazio a vocaboli nuovi. Giustissimo, ben vengano i nuovi termini, purché siano italiani, non barbari. Che bisogno c’è di dire, infatti, che quella donna vive “single” quando avevamo un avverbio, o se preferite un vocabolo, tutto italiano che rendeva perfettamente l’idea della donna non sposata, “pulcelloni”, appunto? Ma tant’è. Arrendiamoci, dunque, al “progresso linguistico” ma condanniamo fermamente il barbarismo dilagante. È assurdo, infatti, il dover constatare il fatto che molti giovani di oggi (ma non solo essi) conoscano perfettamente (quasi) la lingua di Albione e restino “atterriti” davanti a parole come “sdraioni”, “gironi”, “brancoloni”, “sdondoloni”, tutti avverbi - come pulcelloni - ritenuti da alcuni lessicografi non degni di essere “lemmati” nei vocabolari (non tutti i dizionari, infatti, li registrano). Non crediamo di bestemmiare se sosteniamo che anche essi - per la parte che loro compete - sono altamente responsabili dell’impoverimento della nostra lingua. E a proposito di pulcelloni - che etimologicamente viene da “pulcella” (fanciulla) - sentite quanto scrive il trecentista Donato Velluti (“Cronica domestica”): “...Le dette Cilia e Gherardina non si maritarono; stettono un gran tempo pulcelloni, con isperanza di marito...”. Oggi “vivere pulcelloni”, che significa anche “non avere alcun rapporto matrimoniale”, sembra non avere piú importanza, ma quando l’avverbio “nacque” ne aveva (e come!) tanto che fu coniata anche un’altra parola (riferita sia agli uomini sia alle donne) per indicare le persone non sposate: pinzochero (con il femminile pinzochera) termine fortunatamente non ripudiato dai vocabolari. L’etimologia della parola è incerta: forse da “bizzoco”, membro d’una setta che seguiva la regola di S. Francesco, ma vivendo da eremita. Per estensione, quindi, il termine passò a indicare tutte le persone che non erano sposate in quanto “spiritualmente” vivevano da eremita. Si clicchi QUI.

5 commenti:

il puntiglioso ha detto...

Fantastico! Fantastico! Fantastico!
Grazie, dr Raso.

lanfranco65 ha detto...

Questo blog è fantastico. Io sono un ingnorantone. Lo linko subito nel mio blog.

Fausto Raso ha detto...

Gentile Lanfranco,
non esiste l'ignoranza, esiste l' "indifferenza".
Grazie per l'apprezzamento.
Cordialità
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SuomItaly ha detto...

Complimenti per le interessanti e illuminanti "noterelle sulla lingua italiana".

Fausto Raso ha detto...

Grazie, anche al puntiglioso, che prima non ho ringraziato, ma è una "vecchia conoscenza".
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