lunedì 14 marzo 2011

Corbellerie... (2)


Riprendiamo il discorso sulle “corbellerie linguistiche” (7 marzo scorso) perché ci piacerebbe che le grammatiche smettessero di riportarne una dura a morire. Ci riferiamo al famoso “sé” pronome, che perde l’accento quando è seguito da “stesso” o “medesimo”. È una corbelleria, appunto. Sappiamo benissimo che l’argomento è trito e ritrito, ma non ci arrendiamo fino a quando le cosí dette grandi firme del giornalismo continueranno, presuntuosamente, a indurre in errore i lettori sprovveduti togliendo il “cappello” (leggi: accento) al pronome sé (quando è seguito da stesso o medesimo, appunto). Il pronome “sé” si accenta sempre. Non lo sostiene l’umile estensore di queste noterelle. Lo hanno stabilito fior di linguisti, tra i quali Amerindo Camilli, certamente molto piú autorevole di alcuni “illustri sconosciuti”, autori di grammatiche varie (indegnamente adottate nelle scuole di ogni ordine e grado e pedissequamente rispettate dai giornalisti “che fanno opinione linguistica”). Ma sentiamo il Camilli.
«Stabilito che il ‘sé” pronome si distingue dal ‘se’ congiunzione per mezzo dell’accento, è assurdo andar poi a ricercare quando sia piú e quando meno riconoscibile per dare la stura alle sottoregole e alle sottoeccezioni. E l’avere stranamente scelto proprio quelle due combinazioni (se stesso, se medesimo, ndr) e l’aver lasciato con l’accento, per esempio, il sé finale di frase, assolutamente inconfondibile con la congiunzione, o locuzioni come ‘per sé stante’, ‘di sé solo’, ‘a sé pure’, che si trovano nella stesse condizioni di ‘sé stesso’ e di ‘sé medesimo’, testimonia solo la mania delle distinzioni e suddistinzioni a vanvera di cui qualche volta soffrono i grammatici».
Sé stesso e sé medesimo, con i vari plurali e femminili, con tanto di accento, sempre. E basta! Si clicchi QUI.

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