Questo modo di dire - ancora adoperato - si può riferire, in senso figurato, sia a una persona sia a una azienda che cade in rovina, che fallisce. Il senso della locuzione è, infatti, “deteriorare”, “non servire piú”, “perdere la funzionalità”. L’origine non è molto chiara e si fonda su alcune ipotesi. Riportiamo quella che ci sembra piú verosimile. L’espressione, dunque, è probabile che derivi dalla “corruzione popolare” delle parole latine ‘mala hora’, vale a dire “ora cattiva” e, quindi, “momento funesto”. Questo “momento” corrispondeva, all’incirca, alle ore notturne tra le 2 e le 4, quelle “piú buie” e in cui si registrava il maggior numero di decessi (decedere: ‘andar via da questo mondo’) tra le persone anziane e i malati. La “mala hora”, insomma, era il momento che incuteva maggior paura. Colui che va alla malora, quindi, attraversa un periodo particolarmente funesto.
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Altre due lezioni del prof. Patota, con un piccolo "lapsus" scritto/parlato sulla terza persona plurale del congiuntivo presente di "parlare": essi parlano in luogo di "parlino". Si veda QUI.
Lo abbiamo segnalato alla redazione; vi informeremo se l’ “errore” verrà emendato.
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Altre due lezioni del prof. Patota, con un piccolo "lapsus" scritto/parlato sulla terza persona plurale del congiuntivo presente di "parlare": essi parlano in luogo di "parlino". Si veda QUI.
Lo abbiamo segnalato alla redazione; vi informeremo se l’ “errore” verrà emendato.
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