Dal vocabolario Treccani in rete:
sòṡia s. m. e f. [dal lat. Sosia, nome del servo di Anfitrione nella commedia Amphitruo di Plauto (e quindi dell’Amphitryon di Molière); di lui Mercurio prende l’aspetto, generando equivoci e scene comiche], invar. – Persona somigliantissima a un’altra, tanto da poter essere scambiata per questa: è proprio il suo s.; l’ho vista bene: a meno che non abbia una s., era proprio lei.
COMMENTI
"Sosia"
Se 'sosia' è maschile invariabile, riferibile, quindi, sia a un maschile sia a un femminile, deve restare invariato anche l'articolo maschile. Giovanni è il sosia di Mario; Susanna è il sosia di Marta (non 'la' sosia).
da fauras- 12/02/2011 19:13:47
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Vediamo, in proposito, ciò che scrive il linguista Aldo Gabrielli:
“Quante volte ho sentito frasi come queste: ‘Anna è la sosia di sua madre’, ‘Quell’attrice non è certo la sosia della Garbo’, parlando di due persone che si somigliano come due gocce d’acqua o non si somigliano affatto. E tutte le volte mi vien da dire: che erroraccio! Erroraccio perché? Ma perché sosia è un nome maschile, e maschio ha da restare, anche se da nome proprio una trasformazione l’ha già fatta diventando nome comune. Infatti questo Sosia, per chi non lo ricordasse, è il nome del servo di Anfitrione, nella famosa commedia di Plauto (…). Nella commedia plautina accade che un giorno Mercurio, mandato sulla terra da Giove, assumesse l’identico aspetto di Sosia, allo scopo di giocare alcune beffe diciamo piccanti all’infelice Anfitrione. Questo soggetto fu poi ripreso dal Molière nella commedia intitolata appunto ‘Amphitryon’, e il nome del servo, divenuto subito popolarissimo in Francia, da proprio si trasformò in comune, venendo a indicare persona somigliantissima a un’altra al punto da essere scambiata con questa. Noi riprendemmo il termine dal francese in questa accezione figurata verso la metà dell’Ottocento. Ma sempre come maschile, si capisce. Perciò dobbiamo dire ‘il sosia’, nel plurale ‘i sosia’, sia con riferimento a uomo sia con riferimento a donna. Non possiamo dare a Sosia una sorella dello stesso nome! Diremo quindi correttamente ‘Anna è il sosia di sua madre’, ‘Quell’attrice non è certo il sosia della Garbo’. Stona quel maschile accostato a un femminile? Ma stona forse dire ‘Anna è il ritratto, il doppione, il modello, lo stampo di sua madre? (…)”.
A questo punto c’è qualche linguista “progressista” disposto a contraddire le parole di un grande della lingua? Se c’è si faccia avanti, ma deve portare motivazioni convincenti e soprattutto logiche.
* * *
Dalla rubrica di lingua del Corriere della Sera in rete:
verbi riflessivi e congiuntivo
Buongiorno dott. De Rienzo.
Vorrei chiederLe cortesemente una precisazione: i verbi riflessivi formati con una negativa reggono sempre l'indicativo? oppure è possibile farli combaciare anche con il congiuntivo?
È giusto dire "non mi piace chi faccia", oppure si dovrà dire "non mi piace chi fa". "Non ti piace che sia così la faccenda" o "Non ti piace che è così la faccenda". "Non si capisce che tu abbia/che abbia fatto questo" o "non si capisce che tu hai/che hai fatto questo".
Grazie come sempre,
buon fine settimana
(firma)
Risposta del linguista:
De Rienzo Sabato, 12 Febbraio 2011
Io userei l'indicativo, ma si possono usare tutti e due.
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Cortese Professore, non amiamo interpretare il ruolo del bastian contrario (non è nostro costume); non possiamo non far notare, però, che nelle frasi del lettore non siamo in presenza di un verbo riflessivo (piacere) e che in casi del genere l’uso dell’indicativo o del congiuntivo è dettato da ciò che si vuole evidenziare.
sòṡia s. m. e f. [dal lat. Sosia, nome del servo di Anfitrione nella commedia Amphitruo di Plauto (e quindi dell’Amphitryon di Molière); di lui Mercurio prende l’aspetto, generando equivoci e scene comiche], invar. – Persona somigliantissima a un’altra, tanto da poter essere scambiata per questa: è proprio il suo s.; l’ho vista bene: a meno che non abbia una s., era proprio lei.
COMMENTI
"Sosia"
Se 'sosia' è maschile invariabile, riferibile, quindi, sia a un maschile sia a un femminile, deve restare invariato anche l'articolo maschile. Giovanni è il sosia di Mario; Susanna è il sosia di Marta (non 'la' sosia).
da fauras- 12/02/2011 19:13:47
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Vediamo, in proposito, ciò che scrive il linguista Aldo Gabrielli:
“Quante volte ho sentito frasi come queste: ‘Anna è la sosia di sua madre’, ‘Quell’attrice non è certo la sosia della Garbo’, parlando di due persone che si somigliano come due gocce d’acqua o non si somigliano affatto. E tutte le volte mi vien da dire: che erroraccio! Erroraccio perché? Ma perché sosia è un nome maschile, e maschio ha da restare, anche se da nome proprio una trasformazione l’ha già fatta diventando nome comune. Infatti questo Sosia, per chi non lo ricordasse, è il nome del servo di Anfitrione, nella famosa commedia di Plauto (…). Nella commedia plautina accade che un giorno Mercurio, mandato sulla terra da Giove, assumesse l’identico aspetto di Sosia, allo scopo di giocare alcune beffe diciamo piccanti all’infelice Anfitrione. Questo soggetto fu poi ripreso dal Molière nella commedia intitolata appunto ‘Amphitryon’, e il nome del servo, divenuto subito popolarissimo in Francia, da proprio si trasformò in comune, venendo a indicare persona somigliantissima a un’altra al punto da essere scambiata con questa. Noi riprendemmo il termine dal francese in questa accezione figurata verso la metà dell’Ottocento. Ma sempre come maschile, si capisce. Perciò dobbiamo dire ‘il sosia’, nel plurale ‘i sosia’, sia con riferimento a uomo sia con riferimento a donna. Non possiamo dare a Sosia una sorella dello stesso nome! Diremo quindi correttamente ‘Anna è il sosia di sua madre’, ‘Quell’attrice non è certo il sosia della Garbo’. Stona quel maschile accostato a un femminile? Ma stona forse dire ‘Anna è il ritratto, il doppione, il modello, lo stampo di sua madre? (…)”.
A questo punto c’è qualche linguista “progressista” disposto a contraddire le parole di un grande della lingua? Se c’è si faccia avanti, ma deve portare motivazioni convincenti e soprattutto logiche.
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Dalla rubrica di lingua del Corriere della Sera in rete:
verbi riflessivi e congiuntivo
Buongiorno dott. De Rienzo.
Vorrei chiederLe cortesemente una precisazione: i verbi riflessivi formati con una negativa reggono sempre l'indicativo? oppure è possibile farli combaciare anche con il congiuntivo?
È giusto dire "non mi piace chi faccia", oppure si dovrà dire "non mi piace chi fa". "Non ti piace che sia così la faccenda" o "Non ti piace che è così la faccenda". "Non si capisce che tu abbia/che abbia fatto questo" o "non si capisce che tu hai/che hai fatto questo".
Grazie come sempre,
buon fine settimana
(firma)
Risposta del linguista:
De Rienzo Sabato, 12 Febbraio 2011
Io userei l'indicativo, ma si possono usare tutti e due.
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Cortese Professore, non amiamo interpretare il ruolo del bastian contrario (non è nostro costume); non possiamo non far notare, però, che nelle frasi del lettore non siamo in presenza di un verbo riflessivo (piacere) e che in casi del genere l’uso dell’indicativo o del congiuntivo è dettato da ciò che si vuole evidenziare.
1 commento:
E' assolutamente corretto che Sosia sia un personaggio, e maschile, e che da nome proprioa sia diventato un attributo. Così come è vero che questo (ormai) sostantivo sia declinato al maschile, proprio in quanto originato da un nome proprio maschile. Tuttavia, pure da strenuo difensore del congiuntivo, degli esaurienti contro gli esaustivi, del vetusto che si differenzia da vecchio, non posso non ammettere che la nostra lingua, come tante vive e parlate da una vasta comunità, sia in continua evoluzione. Mia sorella è il sosia di mia madre, ammettiamolo, è quantomento cacofonico. oltretutto con quella finale in "a". Quindi se da nome proprio Sosia è diventato sostantivo, non mi strapperei i capelli se con un piccolo ulteriore carpiato si addolcisse e diventasse più roseo, quando occorre. Mia sorella è la sosia di mia madre, mi aggrada maggiormente. Carlo A. Martigli
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