venerdì 10 ottobre 2025

L’estraneo è sempre una persona

 

In un’epoca in cui il lessico si piega spesso alle comodità dell’uso, è doveroso ogni tanto rispolverare le “buone norme del dire”, quelle che custodiscono la precisione, la coerenza e l’eleganza espressiva. Tra i numerosi casi di scivolamento semantico, uno riguarda l’aggettivo e sostantivo “estraneo”, termine che, nella sua forma corretta (e consapevole), dovrebbe essere riservato esclusivamente alle persone. Eppure, è frequente imbattersi in frasi come “questi discorsi sono estranei al tema trattato”, dove l’aggettivo viene riferito impropriamente a concetti, argomenti, oggetti astratti. È una forzatura che, pur diffusa, merita di essere corretta.

Il lemma in oggetto, “estraneo”, deriva dal latino extraneus, che significa “di fuori”, “non appartenente”, e ha sempre avuto una connotazione relazionale riferita a soggetti umani. Un “estraneo” è colui che non appartiene a un gruppo, a una famiglia, a un contesto sociale o affettivo. È una persona che non ha legami, che non è coinvolta, che non è parte. Anche quando usato come aggettivo, “estraneo” conserva questa vocazione antropocentrica: si dirà “una persona estranea ai fatti”, “un individuo estraneo alla vicenda”, “un testimone estraneo al reato”. In tutti questi casi, il sintagma mantiene la sua dignità semantica, riferendosi a esseri umani e al loro rapporto con eventi o contesti.

Quando invece lo si applica a elementi non umani - discorsi, argomenti, oggetti, fenomeni - si dà un calcio alla lingua di Dante. Dire “questi discorsi sono estranei al tema trattato” è una costruzione che suona artificiosa, quasi burocratica, e tradisce una certa pigrizia espressiva. In buona lingua, si preferisce dire “questi discorsi non hanno nulla (a) che vedere con il tema trattato”, oppure “questi discorsi sono fuori tema”, “non pertinenti”, “non attinenti”. Sono formule più limpide, più aderenti al significato, e soprattutto rispettose della natura del termine “estraneo”.

La distinzione – secondo chi scrive - non è solo formale, ma anche sostanziale. Usare “estraneo” per indicare una persona implica una distanza relazionale, una mancanza di coinvolgimento. Adoperarlo per un concetto astratto, invece, genera ambiguità: che cosa significa, in fondo, che un discorso è “estraneo”? Che non appartiene? Che non è pertinente? Che è fuori luogo? Meglio allora scegliere termini che chiariscano il tipo di scarto: “non pertinente”, “fuori contesto”, “non coerente con il tema”. La meravigliosa lingua italiana offre una gamma ricchissima di alternative, e ogni scelta lessicale è un atto di responsabilità.

A conclusione di queste noterelle, “estraneo” è un termine che merita rispetto. Va usato con consapevolezza, riservandolo a ciò che gli compete: le persone. Quando si tratta di concetti, argomenti, discorsi, è preferibile ricorrere a espressioni più precise e meno forzate. È un piccolo gesto di cura (e amore) verso la lingua, ma anche verso chi ci legge o ci ascolta. Perché parlare (e scrivere) bene non è solo una questione di forma: è una forma di rispetto.


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La lingua “biforcuta” della stampa

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Non è necessario commentare...

Un boato fortissimo, due caccia italiani sono decollati d'urgenza: cosa è successo

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Correttamente: hanno decollato.







3 commenti:

Otto ha detto...

Gent. Dr Raso, sento pareri differenti e perciò chiedo il suo: si dice "il pepe è una spezia " o "il pepe è una spezie"?
Grazie

Fausto Raso ha detto...

Il pepe è una "spezie". Spezie è un sostantivo femminile invariabile

Fausto Raso ha detto...

Cortese Otto, in riferimento alla mia precedente risposta, secondo il Treccani "la spezia" è di uso familiare: spèzie s. f., invar. – 1. Variante ant. di specie. 2. Nel linguaggio com., conformemente all’uso mediev. di species nel sign. di «derrata» e poi di «droga» (cfr. specie, nel sign. 6), denominazione generica, per lo più al plur. e con valore collettivo, di diverse sostanze aromatiche di origine vegetale (pepe, zenzero, chiodi di garofano, cannella, noce moscata, ecc.), generalmente di provenienza esotica, usate, oltre che per aromatizzare e insaporire cibi e bevande, anche, spec. in passato, in medicina e in farmacia: in questo salame ci sono troppe s.; un negozio di s.; il commercio delle s. era molto redditizio all’epoca delle crociate; il cuoco, ... minuzzatolo e messevi di buone spezie assai, ne fece un manicaretto troppo buono (Boccaccio). In questa accezione, nell’uso fam. è frequente, al sing., la forma spezia.
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