di Salvatore Claudio Sgroi
1. L'evento politico-mediatico
Da quando il 22 ottobre Giorgia Meloni è diventata "presidente del Consiglio dei ministri" si è posto il problema sulla denominazione del capo del governo se al femminile "la presidente del Consiglio dei ministri" o al maschile "il presidente del Consiglio dei ministri". Diciamo subito che il sost. femminile "la presidente" indica a un tempo sia (i) il ruolo di una "persona che, nominata per elezione o con investitura dall'alto, dirige, sovrintende e coordina le attività di un organo, un ente, un'istituzione e sim." (così il Dizionario di De Mauro 2000, anche in rete), sia (ii) l'appartenenza al sesso femminile, mentre il sost. masch. "il presidente" indica soltanto il ruolo svolto in questione, senza alcun riferimento al sesso maschio/femmina o altro che sia.
I due usi del sost., maschile e femminile, sono quindi entrambi previsti
dalla grammatica, entrambi corretti e, aggiungiamo, entrambi
"ideologici", come argomenteremo più sotto, ovvero di opposta
ideologia.
2. La scelta "corretta" e "ideologica" di Giorgia
Meloni
Dinanzi a questa duplice possibilità la Meloni ha deciso, il giorno della
nomina, di voler essere denominata al maschile come "il presidente del
Consiglio", peraltro in continuità con la sua prassi linguistica quale
presidente del partito "Fratelli d'Italia". Così il Fatto
Quotidiano.it 23 ottobre ha potuto intitolare:
"Giorgia Meloni per le comunicazioni ufficiali usa il maschile: “il” e
non “la” presidente"",
ripreso in Wikipedia:
"Il giorno stesso comunica la sua scelta di usare gli articoli e i pronomi
maschili per la propria carica, venendo dunque identificata nelle comunicazioni
ufficiali come "il Presidente del Consiglio".
E così il Messaggero.it 23 ott. ha a sua volta intitolato:
"Giorgia Meloni sarà "il presidente" (al maschile): la svolta
linguistica della prima donna premier diventa un caso".
E sottotitolo:
"È questa la
formula che userà nelle comunicazioni ufficiali. E non è la prima volta che una
donna rifiuta il sostantivo al femminile".
2.1. Seguaci e
precedenti
Dopo tale presa di
posizione, su la Repubblica.it di Palermo 25.X. si è potuto leggere
la seguente dichiarazione della vicesindaca di Palermo, Carolina
Varchi, di Fratelli d'Italia:
"sono vicesindaco
e non vicesindaca"; "Non firmerò alcun atto se la desinenza sarà al
femminile", in contrapposizione alla direttiva del segretario generale del
Comune.
Tra i precedenti al maschile
si ricorderà il caso di Beatrice Venezi, che al Festival di Sanremo
affermò di preferire di essere definita “direttore d’orchestra” anziché
"direttrice". Su cui ci siamo soffermati a suo tempo in questo blog:
100. "Il direttore d'orchestra" e/a Sanremo (mercoledì 17 marzo
2021) e 101. La femminilizzazione dei nomi e le regole della lingua
italiana. A proposito di "direttore/direttrice d'orchestra" (sabato
20 marzo 2021).
Sergio Lepri nel suo Breve
manuale di giornalismo (www.sergiolepri.it) ricordava che "Susanna Agnelli voleva
essere chiamata (quando lo era) senatore (ma l’Ansa la chiamava “senatrice”,
anche per non fare confusione col suo nonno senatore)".
"Nel primo anno
di presidenza della Camera Nilde Jotti si diceva “il presidente” (ma
accettò poi l’uso dell’Ansa, che la chiamava “la presidente”)".
"All’articolo
maschile (“il presidente”) tornò Irene Pivetti (e l’Ansa non
fece niente per convincerla; era cambiato il suo direttore)".
"Anche Susanna
Camusso si fa chiamare “segretario generale”, nonostante che per anni abbia
combattuto il maschilismo di certi operai"
3. Una scelta anti-grammaticale ma di "consuetudine sociale"?
Alla luce di quanto sopra, non è quindi condivisibile il giudizio
"grammaticale" della storica della lingua (AdnKronos), per la quale
"il presidente Meloni non rispetterebbe la lingua italiana", e
si tratterebbe solo di una scelta "ideologica" e di
"consuetudine sociale":
"Secondo la grammatica italiana Giorgia Meloni dovrebbe essere chiamata
la presidente. Ma, dal punto di vista della consuetudine sociale, se la
presidente desidera essere indicata come il presidente ne ha diritto."
"Se vogliamo stare alla grammatica e all'aggiornamento della lingua
italiana Giorgia Meloni deve essere chiamata 'la presidente' visto che
appartiene al genere femminile così come diciamo la giudice, la rettrice".
"Dico solo qual è la forma che rispetta la lingua
italiana".
"se queste persone amano essere declinate al maschile è una loro
scelta personale e ideologica che non corrisponde all'uso grammaticale".
Sotto il profilo invece della consuetudine sociale, "se la
presidente vuole essere chiamata in questo modo ne ha tutto il diritto".
In realtà, non solo la Meloni ne ha il diritto, ma la sua è una scelta
"grammaticale" e certamente "ideologica", come l'opposta
scelta al femminile "la presidente".
Analoga è la solfa "anti-grammaticale" di Michela Murgia,
secondo cui "Bisognerebbe chiedere a Giorgia Meloni per quale motivo ce l'ha con
la lingua italiana. Perché 'il presidente' ha il suo femminile che è 'la
presidente', quindi non è che si può arbitrariamente decidere quale parte della
grammatica italiana rispettare e quale parte no. Quindi non è questione di
femminismo, è questione di parlare la nostra lingua".
Non diversamente per il giornalista Paolo Guzzanti "è sbagliato
il maschile" (Rai-4, 28.X, 19h30), anche perché a suo giudizio per la
Crusca si deve dire "la presidente".
3.1. E l'Accademia della Crusca?
Molto più condivisibile invece il giudizio grammaticale del Presidente
dell'Accademia della Crusca, Claudio Marazzini, che in AdnKronos ha
dichiarato quanto al maschile:
“Chi preferisce le forme tradizionali maschili ha comunque diritto di
farlo”. “Chi vuole interpretate il maschile non marcato come un errore di
grammatica, commette un eccesso. Si tratta solo di una preferenza
linguistica, magari ormai minoritaria, dettata dall’appartenenza anagrafica
a una diversa generazione, o dettata da una cosciente scelta ideologica (una
scelta che, di per sé, non vedo come possa essere messa sotto accusa
quale fosse un errore grammaticale)”.
Per noi, ripetiamo, una scelta non solo grammaticale ma non meno ideologica
di quella al femminile.
3.2. Gli oppositori "ideologici" del maschile
Gli oppositori dell'uso maschile del presidente Giorgia Meloni, non hanno
mancato di fare sentire la loro voce. Così Laura Boldrini, che in quanto
presidente della Camera aveva rivendicato l'uso del femminile, ha dichiarato
per l'occasione: "il femminile è bellissimo"; il maschile "lo
trovo ridicolo, io non lo farei mai" (in Pagella Politica).
Cecilia Robustelli, adepta delle Raccomandazioni
di Alma Sabatini (1987) e sostenitrice del "Progetto Genere e Linguaggio e
le Linee Guida per l’uso del genere nel linguaggio amministrativo", ha una
posizione prescrittivista per il femminile:
"La grammatica
italiana ha delle regole ben precise sull'argomento: tutte le forme maschili
hanno un corrispondente femminile e il genere grammaticale deve[!!!]
riflettere il genere sessuale".
Ancora più
prescrittivista con minacce di sanzioni la posizione dell'Usigrai:
"'Il' premier
o 'la' premier? Il diktat del sindacato Rai: i giornalisti devono usare
il femminile", ricordava il Messaggero.it, che riportava le parole
del sindacato:
«Ricordiamo che il
contratto Rai Usigrai contiene al proprio interno il Manifesto di Venezia che
fa preciso riferimento al linguaggio di genere, e che la policy di genere
aziendale, recentemente approvata dal consiglio di amministrazione della Rai
indica di usare il femminile lì dove esista. Nessun collega può essere dunque
obbligato ad usare il maschile, anzi i giornalisti Rai sono tenuti a
declinare al femminile i nomi. Ordini di servizio o indicazioni in senso
contrario verranno contestati dal sindacato nelle sedi opportune. Chiediamo
alle colleghe, ai colleghi di segnalarci eventuali violazioni».
4. La funzione del genere grammaticale
In tutto il dibattito
pro e contro il/la presidente, dal mio punto di vista si ignora il fatto
essenziale che la funzione del genere grammaticale valida per i nomi animati e
non-animati è quella di garantire la coesione sintattica mediante l'accordo,
ess. la casa è piccola, la bimba è cresciuta, la vipera (maschio/femmina)
è pericolosa, la spia (uomo/donna) è stata scoperta, c'è stata
una vittima (uomo/donna). Cfr. i nostri precedenti interventi in questo
blog p.e. 2. Per smentire la teoria della lingua sessista (martedì 17
gennaio 2017); 4. Ancora sul sessismo linguistico (venerdì 20 gennaio
2017); ecc., e in sede più accademica Il genere grammaticale e la teoria
sessista della lingua, in (As)saggi di grammatica 'laica', Ediz.
dell'Orso, 2018, cap. II.
Con i nomi animati, spesso ma non sempre, c'è pure la possibilità di
indicare referenzialmente, accanto al ruolo, anche il sesso (limitatamente
peraltro a maschio e femmina), che sembra emergere in primo piano, relegando
sullo sfondo il ruolo. È quindi evidente che nella scelta grammaticale
"del presidente" Giorgia Meloni, la Meloni voglia far emergere il suo
ruolo di capo del governo e non il fatto di essere donna.
Proprio il non tener conto della funzione morfo-sintattica a-ideologica del
genere grammaticale, ha condizionato il citato Lepri a giudicare "Un inconscio
paradossale rigurgito di maschilismo da parte femminista" (p. 20) l'uso
del maschile riferito a una donna.
5. Conclusione
È quindi un gesto di cortesia rispettare quest'uso al maschile quando ci si
rivolge a lei e non di denominarla al femminile, come invece ha voluto fare --
poco cortesemente -- Matteo Renzi in occasione della sua dichiarazione di voto
al senato il 26 ottobre.
6. La storia continua (in tre atti)
Atto Primo. Il 28 ott. avevamo scritto l'intervento di cui sopra, quando il
29 abbiamo appreso (IlSole24Ore.it; Microsoft Start) e sentito in
TV (Rai News 24) che Carlo Deodato, nuovo segretario generale della
Presidenza del Consiglio dei Ministri, aveva diffuso la seguente nota:
«A tutti i Ministeri
Gabinetto
ROMA
Per opportuna informazione si comunica che l'appellativo da utilizzare per
il Presidente del Consiglio dei Ministri è: 'Il Signor Presidente del
Consiglio dei Ministri, On. Giorgia Meloni'
Cordiali saluti
Il Segretario Generale
Carlo Deodato».
E in una nota successiva era apparsa la seguente motivazione:
«Tale formula è stata adottata dagli uffici della Presidenza in quanto
indicata come la più corretta dall’Ufficio del Cerimoniale di Stato e per le
Onorificenze».
Atto Secondo. Lo stesso Segretario aveva fatto retromarcia con una comunicazione
in cui si
precisava: «Tuttavia, il Presidente del Consiglio, On. Giorgia Meloni, chiede
che l’appellativo da utilizzare nelle comunicazioni istituzionali sia “Il
Presidente del Consiglio dei Ministri”. Si chiede, quindi, di non tener
conto della nota in oggetto».
Atto Terzo. A questo punto, la Meloni è intervenuta sui social, ritornando
sui suoi passi, a favore di una posizione liberista:
«Leggo che il principale tema di
discussione di oggi sarebbe su circolari burocratiche interne, più o meno
sbagliate, attorno al grande tema di come definire la prima donna Presidente
del Consiglio - scrive Meloni su Facebook - Fate pure. Io mi sto occupando di
bollette, tasse, lavoro, certezza della pena, manovra di bilancio. Per come la
vedo io, potete chiamarmi come credete, anche Giorgia» (il Tempo.it 29.X).
Resta comunque da vedere quale sarà l'uso ufficiale.
Sommario
1. L'evento politico-mediatico
2. La scelta "corretta" e "ideologica" di Giorgia
Meloni
2.1. I seguaci e i precedenti
3. Una scelta anti-grammaticale ma di "consuetudine sociale"?
3.1. E l'Accademia della Crusca?
3.2. Gli oppositori "ideologici" del maschile
4. La funzione del genere grammaticale
5. Conclusione
6. La storia continua (in tre atti)
2 commenti:
La Costituzione recita, all'art. 92:
"Il Governo della Repubblica è composto del Presidente del Consiglio e dei Ministri, che costituiscono insieme il Consiglio dei Ministri.
Il Presidente della Repubblica nomina il Presidente del Consiglio dei Ministri e, su proposta di questo, i Ministri."
E ancora (art. 93): "Il Presidente del Consiglio dei Ministri e i Ministri, prima di assumere le funzioni, prestano giuramento nelle mani del Presidente della Repubblica."
Evidentemente la Costituzione non fa riferimento al sesso, ma al ruolo. Alcuni possono sostenere che la Costituzione sia maschilista; altri che i Padri costituenti non potevano prevedere che tali ruoli potessero essere ricoperti da donne. E allora? Riscriviamo la Costituzione in termini politicamente corretti? Es. (art. 93): "Il/la Presidente del Consiglio ... nelle mani del/della Presidente della Repubblica".
Penso che siano accuratamente da evitare: "Il primo presidente donna ..." [meglio, secondo me: "La prima donna presidente ..."]; "La Meloni, presidente ..."; ecc.
Circa "il premier / la premier", ricordo che in Italia il premierato non esiste.
ottima ed equilibrata disamina, Claudio, scientificamente fondata!
Lorenzo Renzi
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