Probabilmente ci attireremo gli strali di qualche linguista se sosteniamo che non è scorretto l'uso di colui (o colei) - in funzione di soggetto e di complemento - non seguito dal pronome relativo (colui che, colei che). Abbiamo l'avallo di Luciano Satta, che riporta gli esempi di autorevoli scrittori: «- Buon giorno - disse colui scappellandosi...» (Bacchelli); «... Ella ha amato a tal punto colei da poter quindi pronunciarsi» (Santucci).
Non vorremmo essere tacciati di presunzione se
affermiamo che molti (tutti?) lettori, pur non conoscendo il modo di dire
"essere l'uscio del trenta", lo mettono in pratica ogni qual volta la
loro casa si riempie di gente e, quindi, diventa un luogo molto frequentato con
un impressionante viavai di persone. L’espressione è la contrazione del detto
(sconosciuto?) “essere l’uscio del trenta, chi esce e chi entra”, dove, però,
quel trenta non ha nulla che vedere: è motivato da ragioni di pura assonanza. E
a proposito di uscio, avete mai sentito la locuzione “trovare l’uscio di
legno”? Anche se non l’avete mai sentita l’avete messa in pratica,
inconsciamente, quando recandovi a far visita a una persona non l’avete
trovata: avete trovato solo la porta chiusa, cioè l’uscio di… legno.
Forse non tutti concorderanno su quanto
stiamo per scrivere. Vogliamo spendere due parole su un verbo che ha due
participi passati e due forme della terza persona singolare del passato remoto
(che, però, non tutti i cosí detti sacri testi menzionano). Alludiamo al verbo
“succedere”. Questo, dunque, ha due participi passati: ‘successo’ e
‘succeduto’; e due terze persone singolari del passato remoto: ‘successe’ e
‘succedette’. Alcuni non fanno distinzione… alcuna sull’uso dei participi e delle
due forme del passato remoto. In buona lingua si preferisce ‘succeduto’ e
‘succedette’ quando il verbo assume il significato di “subentrare a qualcuno” e
simili: Giovanni Paolo I succedette a Paolo VI; si avranno ‘successo’ e
‘successe’ allorché il verbo in questione sta per ‘accadere’, ‘avvenire’:
Giovanni non ricorda piú cosa successe nel 1968.
Non tutti i vocabolari ne fanno menzione, ci sembra importante, però, spendere due parole sul verbo “ubbidire” perché può essere anche transitivo e, quindi, passivo. È transitivo, soprattutto, se si riferisce alla persona che dà ordini: Michele ubbidí suo padre. La forma transitiva è rara, per la verità, ma correttissima: «In che posso ubbidirla?», disse don Rodrigo, piantandosi in piedi nel mezzo della sala (Manzoni). Piú frequente la forma passiva: «… Ingiunzione forse saggia, ma che non venne mai ubbidita (Lampedusa).
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La lingua “ultrabiforcuta”
della stampa
Una piazza o una strada di Ostia intitolata al linguista
Luca Serianni: travolto e ucciso da un'auto ad agosto
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IL CASO
Prende la pensione del padre morto per cinque anni. Condannata, dovrà restituire 113 mila euro
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Il padre è morto per cinque anni, al sesto è resuscitato. Correttamente: (...) del padre morto da cinque anni.
(Le
immagini sono riprese dalla Rete, di dominio pubblico, quindi. Se víolano i
diritti d'autore scrivetemi: saranno prontamente rimosse)
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