Vogliamo parlare dell’uso ─ a nostro modo di vedere ─ improprio, se non errato, che molti fanno di beante. In buona lingua italiana questo termine è il participio presente del verbo beare , vale a dire rendere beato, felice.
Molti lo adoperano, invece, nell’accezione di aperto se non,
addirittura, nel significato di sospeso : un filo elettrico
beante. Si tratta di un francesismo, per altro ridicolo, tratto da béant derivato dall’antico verbo béer, essere aperto.
In quest’ultimo significato è tollerato, in lingua italiana ─ secondo chi scrive ─ solo nel
linguaggio medico: una ferita beante (aperta). Alcuni vocabolari, però...
Per quanto attiene a "ripetere" è interessante notare ciò che dice il linguista
Luciano Satta circa l’uso corretto del verbo:
«Si legge spesso: “Il fatto
‘si è ripetuto’ per la seconda volta”. Bisogna pensarci bene: un fatto che ‘si
ripete per la seconda volta’ è un fatto che accade per la terza volta. Se non è
cosí, meglio usare verbi come ‘accadere’, ‘avvenire’ eccetera”».
Chi ha il coraggio di
contraddirlo?
La recensione del prof. Salvatore Claudio Sgroi, docente emerito di linguistica generale presso l'università di Catania.
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3 commenti:
Questa volta sono abbastanza d'accordo con le critiche all'uso di "beante", che in effetti nel senso di "aperto" o "sospeso" è un francesismo abbastanza inutile, anche nel gergo dei tecnici (dal francese "béant" derivato dall’antico verbo "béer", "essere aperto"). Anche qui la fonte immagino sia il solito Dizionario dello stile corretto di Aldo Gabrielli. Il quale però non menziona (probabilmente perché ne era all'oscuro) la neoconiazione "beanza", che è assente pure sul Treccani ed è registrata però nel Supplemento 2009 del Battaglia-Barberi Squarotti:
Beanza, sf. Medic. Massima apertura o divaricazione in un organo o tra due organi.
2. Psicol. Bisogno di completamento del proprio essere che i neonati provano dal momento del distacco fisico dalla mamma durante il parto.
D. Chianese, 1-53: Questa beanza è ancora aperta, fa parte dell’eredità freudiana.
= Dal fr.béance ‘apertura’.
Il termine si è diffuso negli ambienti psicoanalitici a causa dell'uso intenso che ne ha fatto lo studioso Jacques Lacan, il quale designa come "béance" (tradotta con "beanza") la "faglia" tra la mancanza-a-essere del soggetto e il completamento materno. Alcuni (come Umberto Galimberti nel Dizionario di psicologia, Utet e poi Feltrinelli, anche nell'edizione 2019) usano il francesismo crudo "béance", altri preferiscono il calco italiano "beanza". Ma anch'io direi che il termine si può lasciare a medici e psicoanalisti, evitando che invada il linguaggio corrente.
Gentilissimo dr Teo,
la ringrazio per la dovizia di particolari sul termine "beante". Mi consenta, però, una piccola notazione personale. Non sarebbe stato "piú corretto" se avesse scritto: "Questa volta sono abbastanza d'accordo sulle critiche circa l'uso di 'beante' (...)? Si è d'accordo 'su' qualcosa non 'con' qualcosa. O sono in errore?
Cordialmente
FR
In effetti, stando rigorosamente alle reggenze di verbi e sostantivi, grammaticalmente ha ragione lei: si è d'accordo CON qualcuno SU qualcosa (Zingarelli 2022: essere, trovarsi d'accordo su qlco., concordare, approvare; Dizionario italiano della Hoepli: essere, stare, andare d'accordo con qualcuno su qualcosa). Tuttavia, in questo caso io ho inteso l'espressione "le critiche" quasi come una sineddoche, ossia come se stesse per coloro che esercitano le suddette critiche. E in quel caso, la reggenza che prevede il "con" potrebbe essere accettata.
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