giovedì 15 luglio 2021

L'articolo con i singenionimi

 Riproponiamo un vecchio intervento perché la stampa e anche "gente di cultura"...

 Non lasciatevi impaurire dal titolo, cortesi amici e amatori della lingua italiana: il termine che avete appena letto – di provenienza greca – rientra nel glossario dei vocaboli e indica un nome di parentela, come padre, madre, consuocero, ecc. Uno zio, quindi, dal punto di vista prettamente linguistico è un singenionimo (dalle voci greche "syngenes", 'parente' e "onyma", nome)  vale a dire un nome che esprime un rapporto di parentela.

Molti testi sacri (vocabolari - ad eccezione del Battaglia e del GRADIT - e grammatiche) ignorano questo termine che noi, invece, vogliamo mettere bene in evidenza perché siamo fermamente convinti del fatto che chi ama la lingua deve conoscere il gergo e tutte le norme che la regolano, e tra queste ve n’è una che stabilisce il corretto uso dell’articolo con i… singenionimi.
Molto spesso ci capita di leggere, infatti, anche in scritti di coloro che secondo l’opinione corrente fanno la lingua, frasi tremendamente errate perché non è stato rispettato l’uso corretto dell’articolo davanti ai nomi di parentela; vediamo, per tanto, di fare un po’ di chiarezza.
Con padre, madre, figlio, figlia l’articolo si omette*; va sempre espresso, invece, con le varianti affettive, vale a dire con babbo, papà, figliolo, figliola. Vediamo, in proposito, un bellissimo esempio del Verga: «Ringraziava Dio e i santi che avevano messo il suo figliuolo in mezzo a tutte quelle galanterie».
Nell’uso familiare sono ben radicati i tipi mia mamma e mio papà – anche fuori della Toscana, dove questi linguismi la fanno da padroni – ma che noi sconsigliamo recisamente perché cozzano, per l’appunto, con il buon uso della lingua di Dante.
Con altri singenionimi (sorella, fratello, nipote ecc.) l’uso toscano predilige l’articolo ma non per questo sono da considerare fuori legge le forme senza, ben rappresentate, del resto, anche in ottimi scrittori della terra del Divino. Personalmente preferiamo le forme non toscaneggianti (quelle senza articolo): tuo cugino, quindi, a nostro modestissimo avviso, è meglio che non il tuo cugino. Non siete d’accordo anche voi?
E in questo caso – una tantum – ci facciamo forti della legge dell’orecchio. Insomma, amici, la grammatica, a questo proposito, ci lascia agire secondo coscienza linguistica, vale a dire ci lascia liberi di adoperare o no l’articolo senza incorrere – nell’un caso o nell’altro – in madornali strafalcioni.
Ci obbliga, invece, all’uso dell’articolo davanti ai singenionimi – sempre che lo scrivente o il parlante – voglia rispettare le leggi linguistiche – nei seguenti casi:
a) con gli alterati (la mia sorellina);
b) con alcuni singenionimi particolari, tipo figliastro, patrigno e matrigna (il vostro patrigno non meritava una simile umiliazione);
c) con i sostantivi che potremmo definire parasingenionimi, ossia con i nomi che esprimono un rapporto sentimentale che non rientra, o non rientra ancora, nei vincoli di parentela: fidanzato, amante, moroso, bella, bello, ragazzo e simili (la mia bella, il mio ragazzo, la mia morosa, la sua fidanzata);
d) quando, in costrutti con valore enfatico, l’aggettivo possessivo è posposto al singenionimo (il nonno tuo, la suocera sua, il nipote vostro).
Possiamo scegliere di omettere l’articolo – la grammatica ci dà ampia facoltà – quando un singenionimo è accompagnato dal nome o dal cognome: mio cognato Arturo, sua nonna Evelina, vostra nuora Palmira. Non sono errate, come dicevamo, le forme con l’articolo; nell’uso, però, è più frequente l’omissione e noi propendiamo per quest’ultima.
C’è da dire, per concludere, che senza l’aggettivo possessivo l’uso formale richiede sempre l’articolo con i nomi di parentela, anche se babbo, mamma e papà – comunemente – si adoperano senza articolo. In quest’ultimo caso, però, la soppressione dell’articolo è in regola con le leggi della grammatica solo quando il singenionimo si riferisce ai genitori dell’interlocutore o del parlante.
Non si potrebbe dire, infatti – ed è evidente la stonatura – mamma di Maria non è partita. La sola forma corretta – va da sé – è la mamma di Maria non è partita. E noi speriamo che non parta – lancia in resta – qualche sedicente linguista pronto a contraddirci… Se così fosse, però, la cosa ci lascerebbe nella più squallida indifferenza.

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* Si può anche omettere, dipende dal contesto.

4 commenti:

V.Ppnr ha detto...

Spero di non lasciarvi nella "più squallida indifferenza" osservando che non possiamo ritenere errate le forme "la madre di Arturo/la nonna di Evelina/la nuora di Palmira/il padre di Maria" (con articolo).
Vittorio Pepe

Fausto Raso ha detto...

Sí, gentile sig. Pepe,
non sono ritenute errate le forme "la madre di Arturo (con l'articolo)" ecc. Avrei dovuto scrivere, per maggiore chiarezza: "Con padre, madre, figlio, figlia, l'articolo si può anche omettere, dipende dal contesto (...).
Cordialmente
FR

Anonimo ha detto...

Dottor Raso, nel Suo interessante ed utile articolo non ho trovato niente riguardo ai nomi al plurale. Mi conferma che nel caso di nomi singenionimi al plurale ci vuole sempre l'articolo anche in presenza di aggettivo possessivo? Le mie cugine; i miei zii; i miei nonni; ecc.

Grazie!

Renato P.

Fausto Raso ha detto...

Sí, cortese Renato,
l'articolo con un singenionimo plurale preceduto da un aggettivo possessivo è "obbligatorio".
Cordialità
FR