di Salvatore Claudio Sgroi
1. L'evento giornalistico
Un caro amico che settimanalmente mi fornisce il link del quotidiano
"la Repubblica.it", sabato 24 luglio ha voluto attirare la mia
attenzione sulla rubrica "E-Mail", che a p. 27 riportava un testo del
signor Alessandro Pace di Palermo, intitolato Errori e orrori della nostra
lingua.
2. Il (presunto)
"degrado della lingua italiana"
Il lettore lamentava
l’“inarrestabile degrado della lingua italiana” sulla scorta di tre esempi:
(i) “transare, orribile storpiatura di transigere”;
(ii) “Ugualmente scorretto è redarre al posto di redigere, peraltro
“adottato spessissimo non solo dalla gente comune ma anche dalla carta
stampata”; e
(iii) “rescindere, che riguarda i contratti [...] al posto di risolvere”, "altro verbo usato in modo
totalmente inappropriato da quasi tutti i cronisti sportivi".
2.1. Terapia contro il (presunto) degrado della lingua
La terapia consigliata dal lettore a questo punto era: “Basterebbe
consultare un vocabolario [...] per scongiurare errori così marchiani”.
3. Il Vocabolario, garante della correttezza linguistica
Il criterio normativo utilizzato dal lettore, che peraltro non cita alcun
dizionario, è all'apparenza quello dell'ipse
dixit.
Ma appunto, verrebbe da dire, se il lettore avesse consultato un (eccellente)
dizionario come il GRADIT ovvero il Grande dizionario italiano dell'uso di T. De Mauro (7 voll.
2007) o anche il mono-volume scolastico (2000), avrebbe letto che (i) Transare è un “T[ermine]S[ettoriale
del] dir.[itto], burocr.”, che (ii) Redarre è solo un verbo di
“B[asso]U[so]”; che (iii) Rescindere è “T[ermine S[ettoriale del]
dir[itto]”. Così avrebbe evitato di dire e scrivere "cavolate", pubblicate
per di più su un quotidiano nazionale come "la Repubblica".
4. "L'ideologia linguistica" del parlante comune
Definire
"cavolate" le convinzioni del lettore di cui sopra significa, per
citare sempre il De Mauro, far ricorso a un termine "CO[mune]
colloq." per dire "stupidaggine, sciocchezza". Da un altro punto di vista, le
"cavolate" del lettore costituiscono però un caso di "ideologia
linguistica" dei parlanti meritevole di un'analisi scientifica.
E in effetti
la presenza delle lettere pubblicate sui giornali è oggetto di studio da parte
di chi si occupa di "Linguistica popolare" o "laica". Al
riguardo non si può non citare la pubblicazione (in rete) di "Circula. Rivista di ideologie
linguistiche" fondata nel 2014, diretta da Wim Remysen - (Canada), Sabine
Schwarze (Germania), Carmen Marimón Llorca (Spagna). E vanno
ricordati i 2 grossi voll. appena usciti (ed. Lang) degli Atti del Congresso
messinese del 2019: Carmen Marimón Llorca / Wim Remysen / Fabio Rossi (eds.) Les idéologies linguistiques : débats,
purismes et stratégies discursives
e Ana Pano Alamán / Fabio Ruggiano / Olivia Walsh (eds.) Les idéologies linguistiques : langues et dialectes dans les médias
traditionnels et nouveaux, su cui ci ripromettiamo di ritornare.
5. Uso critico del dizionario, anzi dei dizionari
Con riferimento ora al lettore di cui sopra, se il criterio ai fini della
definizione degli usi corretti e sbagliati è "il vocabolario" (o
dizionario, che dir si voglia), non va dimenticato che esistono dizionari
diversi, ispirati a loro volta a criteri diversi nel definire la norma.
Può essere quindi utile esaminare i tre esempi lessicali di cui sopra rescindere, transare, redarre, oltre
che nel De Mauro scolastico (2000), in altri tre noti dizionari: Devoto-Oli
2019, Garzanti 2020 e Zingarelli 2021.
5.1. Rescindere al vaglio del De Mauro 2000, Devoto-Oli 2019, Garzanti 2020 e Zingarelli 2021
L'analisi di rescindere alla luce dei quattro su citati dizionari non lascia
intravedere alcuna differenza sotto il profilo normativo.
Rescindere è per il De
Mauro 2000 "T[ermine]S[ettoriale
del] dir[itto], definito "effettuare una rescissione; annullare,
sciogliere" con l'es. rescindere un contratto, etimo diacronico
"dal lat. rescĭndĕre", e datazione 1521.
Per
il Devoto-Oli 2019 è voce del "dir.", definito sinonimicamente
"Sciogliere, annullare", con due ess. rescindere un contratto, un'obbligazione, etimo diacronico "Dal
lat. rescindĕre" e datazione
"sec. XVI".
Per
Garzanti 2020 è voce del "dir." con definizione sinonimica "annullare,
sciogliere" con l'es. rescindere un
contratto e l'etimo diacronico "Dal lat. rescindĕre", senz'alcuna data di prima attestazione.
Anche
per lo Zingarelli 2021 si tratta di voce del "dir." ma definita in
maniera decisamente più tecnica: "eliminare con efficacia retroattiva gli
effetti di un negozio quando sussiste una sproporzione originaria tra le
prestazioni in esso dedotte", con due ess. tecnici: r. un contratto concluso in stato di pericolo; r. per lesione una divisione, etimo diacronico "vc. dotta,
lat. rescĭndere" e la retrodatazione
av. 1492.
Alla
luce di quanto sopra, il giudizio del parlante su riferito rivela solo una sua idiosincrasia
per il linguaggio del diritto.
5.2. Transare al vaglio del De Mauro 2000, Devoto-Oli 2019, Garzanti 2020 e Zingarelli 2021
In
questo caso l'identità sul giudizio normativo vale per tre su quattro dizionari.
Per De Mauro 2000 transare è "T[ermine]S[settoriale
del] dir.[itto], burocr." con rinvio per la definizione a " transigere",
senza alcun esempio; datato genericamente " sec. XX", con etimo
sincronico (retroformazione) "tratto da transatto".
Anche
per il Devoto-Oli 2019 è voce del "dr.", definita: "Concludere
una transazione; per lo più assol." con l'es. le parti sono disposte a transare, l'etimo sincronico "Estratto da transazione" [recte: da transatto],
datazione generica "sec. XX", senz'alcun rinvio a transigere pp. transatto.
Per
Garzanti 2020 è termine del "dir." definito col sin.
"transigere", senza ess.; con etimo sincronico "Forma rifatta su
transatto, part. pass. di
transigere", senza datazione.
Invece
Zingarelli 2021 si mostra al 50% prescrittivista, distinguendo due accezioni:
la prima prescrittivista "1. (evit.)
v. transigere" ma non la seconda: "2. (assol.) nel linguaggio commerciale, fare una transazione" con
l'es. piuttosto che andare in causa
abbiamo preferito t.; etimo sincronico "da transazione [recte: transatto
pp.] e datazione 1956.
5.3. Redarre al vaglio del De Mauro 2000, Devoto-Oli 2019, Garzanti 2020 e Zingarelli 2021
Riguardo a redarre le divergenze tra i 4 dizionari sono normativamente
maggiori.
Per De Mauro redarre è voce di "B[asso]U[so]"
definita con il sinonimo "redigere", senza ess., con etimo
sincronico (retroformazione) "tratto da redatto, secondo il tipo tratto-trarre"
e datato 1942.
Il Devoto-Oli 2019 lemmatizza redarre "non com." ma anche
"Forma diffusa ma non corretta per redigere",
con etimo sincronico "ricostruita sul participio passato redatto e modellata su trarre, per l'analogia dei due participi
tratto e redatto", e datata 1942. Dedica inoltre nella rubrica
"Parole Minate" (p. 1792) una scheda a redarre in cui tra l'altro fa presente che
"Nonostante la quasi unanime condanna delle grammatiche e dei dizionari,
[...] redarre compare anche in
scriventi colti e sta sempre più guadagnando terreno". E "Tuttavia la
sua diffusione rimane ancora nettamente minoritaria rispetto a redigere", con la conclusione che
"è preferibile continuare a usare la forma corretta redigere". I criteri quindi alla base della norma sono due:
l'etimo diacronico e l'uso della maggioranza.
Garzanti 2020 non lemmatizza redarre, ma le forme redasse, redassero, redassi con
rinvio a redigere. Una
"Nota" prescrittivista sotto il lemma redigere recita così: "Al posto di redigere si usa a volte *redarre,
forma scorretta di infinito ricavata dal participio passato redatto probabilmente [recte: certamente] per attrazione del
verbo trarre (tratto/trarre, redatto/*redarre)".
Zingarelli 2021 lemmatizza redarre con la prescrizione "evit." e il rinvio a redigere per la definizione, senza esempi, né etimo, né datazione. Nella "Nota d'uso" relativa agli "Errori
comuni" (pp. 812-813) il verbo redarre
è ulteriormente indicato come "errato" rispetto a redigere invece "corretto".
In conclusione, tutti i dizionari
prescrittivisti al riguardo adottano come criterio normativista quello
etimologico: redarre non deriva, a
differenza di redigere, "dal lat.
redĭgĕre" ed è quindi errato.
6. Criterio di correttezza degli usi
Per me invece redarre, pur di "basso uso", conta utenti illustri, come indicato già nel 2010, non è tipico dell'italiano popolare, ed è quindi
corretto.
Sommario
1. L'evento giornalistico
2. Il (presunto) "degrado della lingua italiana"
2.1. Terapia contro il (presunto) degrado della
lingua
3. Il Vocabolario, garante della correttezza linguistica
4. "L'ideologia linguistica" del parlante comune
5. Uso critico del dizionario, anzi dei dizionari
5.1. Rescindere al vaglio del De Mauro 2000,
Devoto-Oli 2019, Garzanti 2020 e Zingarelli 2021
5.2. Transare al vaglio del De Mauro 2000,
Devoto-Oli 2019, Garzanti 2020 e Zingarelli 2021
5.3. Redarre al vaglio del De Mauro 2000,
Devoto-Oli 2019, Garzanti 2020 e Zingarelli 2021
6. Criterio di correttezza degli usi
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