Riceviamo e pubblichiamo
Ho riflettuto a lungo su quanto scritto dal prof. Sgroi il 23 giugno scorso, circa il “vezzo” (algoritmo) di Google – evidenziato da A.D. Signorelli – di giudicare corrette le forme più frequenti.
A mia volta, con un po’ di pazienza, ho notato che “perchè” batte – nell’italiano scritto – la forma che reputo corretta circa 3 a 1. Un po’ meglio va per “poiché”. Se passiamo al parlato, “perchè” e “poichè”, con una “è” così aperta che di più non si può, sono la quasi totalità.
Decisamente meglio vanno le cose, nello scritto (forse grazie ai correttori automatici), per “accelerare”, “accelerazione” e simili; ma nel parlato non c’è storia! Le due “l” e le due “è” apertissime che le contornano sono di prammatica. Analogamente, nel parlato, assistiamo al predominio assoluto di “areonautica”, “areoporto” (“È o no un’area?” mi ha obiettato un conoscente) e simili. Senza dimenticare l’uso smodato, sia scritto che parlato, dell’indicativo presente, futuro o imperfetto al posto del congiuntivo.
Concludo: pur consapevole di non conoscere a perfezione la nostra lingua, mi rifiuto categoricamente di farmela insegnare da un algoritmo statistico che considera corretta la versione più diffusa. Di questo passo, l’umanità non avrebbe mai sviluppato nuove conoscenze in qualsivoglia campo (esempio: Copernico a fronte dei suoi contemporanei). Quando ho dei dubbi, preferisco ricorrere a un buon dizionario; oppure riprendo i testi di grammatica e sintassi del liceo.
P.P. Falcone
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